Capitolo II - Gli uomini della Preistoria

Capitolo  II  -  Gli uomini della Preistoria
Una gran frenesia scese sul campo, un gran fermento. Si lavorava con tutti i mezzi a disposizione: vanghe, pale, strumenti elettronici ed altro. Qualunque oggetto era buono per rompere, spezzare, scalfire, spaccare il ghiaccio; perfino le mani protette dai guanti speciali e gli scarponi dai grossi chiodi. Parlavano tutti insieme, concitatamente e confusamente, ma zittivano appena sentivano il ghiaccio scricchiolare.

Ciò che stava venendo lentamente alla luce sotto l'ininterrotto o quasi, giorno polare,  si era alla fine della primavera e prossimi all'estate, restituito da una tenace prigionia,  era qualcosa che assomigliava davvero ad un rudimentale pennone: uno svelto tronco d'albero a cui era stata attaccata una vela, composta di due o tre pelli di renna, mai vista prima.
"Sarà una barca vichinga?" domandò qualcuno, ma Liliana rispose.
"Non credo. I vichinghi non avevano vele così primitive."
Il ghiaccio scricchiolò rumoroso e si mise sul fianco; Liliana fece cenno all'uomo che lavorava al suo fianco.
"Un'incrinatura nel fianco. - l'avvertì - Sta per spaccarsi. Attenti!... Attenti o finiremo tutti in acqua."
Il blocco  vibrava vistosamente sotto i colpi di piccone ma soprattutto ad opera della sega elettrica e una crepa, dopo un sordo brontolio, si produsse sotto i piedi della donna, costringendola a divaricare le gambe; qualcuno le tese un badile e lei visi aggrappò e saltò sull'altra parte della massa ancora attaccata al blocco.
Prodotto lo strappo, il banco si mise sul fianco con gran frastuono;  grossi spruzzi d'acqua gelata andarono a rovesciarsi  addosso a quanti erano più vicini, poi,  lentamente il blocco  si allontanò, lasciandosi dietro una larga scia spumosa.
Restarono a guardarlo, riuscendo ad evitare disastrose cadute in acqua gelida e il pericolo delle schegge vaganti ma anche il rischio di venire inabissati o trasportati via dal rovesciamento laterale del banco.
L'emozione che seguì, lo spettacolo che quel pezzo di ghiaccio procurò aprendosi, fu indescrivibile: una primitiva imbarcazione lunga non meno di tre metri e con quelle caratteristiche che, per diversi millenni avrebbe dominato la navigazione nel Mediterraneo e nei Mari Medio-Orientali venne alla luce: un ricurvo fasciame di tavole che posava sopra un lungo tronco, una rozza, ma robusta chiglia.
"Ma questa... che cos'é questa?... Una piroga?" domandò Dario.
"Per tutte le Galassie! - esclamò Franco - Sembra una di quelle piroghe che usano ancora oggi i Polinesiani."
Erano entrambi alti, Franco e Dario. Franco pareva slanciarsi di qualche centimetro; forse era più alto o forse era il taglio a spazzola dei capelli. Due occhi di un azzurro intenso, in netto contrasto con la pelle abbronzata, capelli neri, caratteristiche ereditate dalla bellissima madre, Franco guardava stupefatto l'imbarcazione antica.
"Polinesiani al Polo Nord? - interloquì Liliana in tono serio - Si tratta di qualcosa di assai più lontano nel tempo."
"Una barca vichinga?" insisté Dario.
"Molto anteriore anche alle barche vichinghe. Guardatela bene... Assomiglia a quella  rinvenuta nel lago di Bertignano."
"Ma quella barca risale a quattromila anni fa." fece osservare Dario.
"GiA!... - interloquì Simone -E questa barca risale alla preistoria e il ghiaccio l'ha conservata intatta."
"Accidenti! Sembra pronta a prendere il mare." esclamò Franco.
"Lo è!...  Il ghiaccio l'ha preservata dall'attacco delle correnti  per lunghissimo tempo...   Millenni, forse..."
"Com'é possibile? Il ghiaccio si sarebbe già sciolto... I ghiacciai, richiamati dall'attrazione di gravità,  scendono verso il mare dove danno origine agli iceberg."  obiettò qualcuno, ma Dario, chino  su quella che doveva essere proprio la prora di una barca:
"Questa legge fisica vale per il ghiaccio in superficie - replicò - ... ma quello vecchio?"
"Quanto vecchio!" obiettò l'altro.
"Esiste un limite per le nevi perenni che unisce tutti i punti in cui vi è equilibrio tra precipitazione nevosa e neve fusa, per effetto del quale la neve vecchia si comprime  dando origine ai ghiacciai..."
"Ma..."  l'altro tentò di prendere la parola, ma il ragazzo non lo ladciò finire.
"Potrebbe essere accaduto che la barca incagliata tra rocce sia poi rimasta imprigionata dai ghiacci... forse un terremoto o qualcosa di simile."
"Potrebbe essere, anche se è una possibilità assai remota. - replicò Franco -Certo è che appena questo iceberg avesse preso ad avanzare, sarebbe stato aggredito da venti e correnti e sarebbe giunto in qualche fiordo o in mare aperto."
"Forse non sarebbe stata nemmeno più ritrovata! ma vi rendete conto? - s'infervorò Dario - Questa primitiva imbarcazione non è stata ritrovata nei pressi di un insediamento umano, ma qui al  Polo!... E' fantastico e misterioso! Non vi pare, gente?"
"Certo che lo è! - assentì Liliana - Una cosa, però non capisco.  Ah.ah.ah... - rise - Veramente le cose che non capisco sono tante... Com'é   che questo iceberg non ha abbandonato prima la massa ghiacciata di cui faceva parte? L'equilibrio fra la neve fusa, come dice Dario, e quella ammassata..."
Franco la interruppe:
"Non è facile capire il meccanismo che provoca la rottura delle masse ghiacciate. - spiegò - Anche perché sono moltissime: frequenza, forza di gravità... soprattutto qui al Nord... Nell'Antartide i ghiacciai si sviluppano verso l'alto... Personalmente penso che questo iceberg si sia distaccato dal ghiaccio ai margini della scogliera e probabilmente a causa della forza di gravità."
"Certo! Ma ciò non risponde alla mia domanda." replicò l'altro.
"Il tempo! - interloquì Liliana - Condivido la teoria di Dario. La barca deve essersi incagliata e il ghiaccio deve averla coperta. Probabilmente a quell'epoca la roccia era ancora emersa e... a proposito di tempo, dobbiamo fare presto a rimuoverla e portarla via, prima che si sposti il centro di galleggiamento."
"Rimuoverla non sarà facile. Potremmo danneggiarla."
"Sarebbe meglio interessare organi competenti." rispose il ragazzo.
"Comitato Geologico  Italiano o Norvegese?" replicò la dottoressa.
"Che cosa possiamo fare, allora?"
"Non possiamo farci carico di responsabilità che non ci competono - disse Simone - però... "
Qualcuno, però, provvide a rompere gli indugi: Franco, che aveva raggiunto la punta estrema della barca e tendeva una mano verso la prora.
"Qui c'è una fune stranamente intrecciata."gridò.
Si spostarono tutti verso la prora della barca dove c'era davvero una fune di canapa intrecciata con striscioline di pelli; era legata ad una estremità della barca e si perdeva detro il ghiaccio. Cercarono di tirarla, ma quella opponeva discreta resistenza.
"Non tirate.- suggerì Liliana -Potrebbe spezzarsi."
"Che cosa può esserci dall'altro capo della corda? - esclamò Franco, poi suggerì - E' meglio aspettare la Squadra C. A quest'ora sarà già arrivata."