Capitolo III - quarta parte

Capitolo  III  -  quarta parte

A casa Ramseth trovò sua madre molto preoccupata.
Si preoccupava sempre Nsitamen, questo era il suonome, ogni ota che tardava.
Nsitamen era piena di strne paure, ma era dolce e buona e gli aveva fatto da madre e da padre poiché suo padre, il generale Sesotri, era morto in querra più i anni prima, combattendo contro gli Ittiti, al tempo del faraone Ekhnaton.
Era stato suo padre, ricordava, a parlargli di Ekhanton, ma ora era proibito perfino pronunciare il suo nome e quello del suo Dio:l’Aton, il Grande Astro.
Suo padre gli aveva spiegato che Aton amava tutte le sue creature allo stesso modo e che i suoi raggi, attraverso cui amava manifestarsi, riscaldsvano tutti nella stess misura, per questo, nonostante i divieti, all’alba di  ogni mattino, egli era pronto ad accoglierlo.
“Non hai alcuna considerazione per tua madre?” lo rinproverò il vecchio prete Pahor, che era arrivato a casa sua già da un pezzo.
“Ho grande amore e grande venerazione per mia madre.” – il ragazzo sorrise e si chinò sulla fronte della donna per sfiorarla con le labbra.
“Allora, perché tieni il suo cuore incatenato all’angoscia ed all’ansia, come uno schiavo incatenato ai remi di una barca?”
“Io non desidero essere un pensiero angoscioso per mia madre. – replicò sempre sorridendo Ramseth – Io voglio essere per lei come la rugiada del mattino che discnede sul loto.”
E ancora una volta si chinò a baciarla sullafronte.
Era più alto di lei di almeno un palmo e mezzo.
Nsitamen era una donna ancora giovanile: trentadue o trentatre anni, pur non essendo bella, possedeva un fascino particolare ed uno sguardo intenso e profondo: gli occhi erano sicuramente la sua attrattiva principale: inconsuetamente verdi con pagliuzze dorate. La figura era morbida e slanciata e di una grazia impareggiabile: così nei gesti, così nel portamento. Indossava una tunica di lino finisismo che le lciava le braccia scoperte che, però, due o tre bracciali d’oro ornavano grazioamente.
Il capo era scoperto, ma i capelli non erano una parrucca, bensì, una capigliatura vera, nera, lunga e setosa.
“Come resistere con il volto imbronciato, se unf iglio ti parla con queste parole?” sorrise, mettendo in mostra due file di candeide perle.
“Sanno di miele le tue parole, Eamseth e ti fanno perdonare ogni manchevolezza.” interloquì il vecchio prete.
“In che cosa ho mancato?” domandò il ragazzo.
“L’ombra sul muro si è allungata di quattro cubitio ed ha toccato terra, da quando hai mandato i portatori a prendere questo vecchio prete…. questo ritardo ha messo ansia nel cuore di tua madre.”
“Sono andato al molo e poi all’isolsa del Sandalo con il mio amico Osorkon.” spiegò il ragazzo .
“Ma è pericoloso, laggiù! – si allarmò la donna – Gente in rivolta e soldati che quando non sono ubriachi sono ancora più violenti…”
“Non preoccuparti per me, madre. A Tebe tutti mi conoscono.”
“Non si deve chiedere ad una madre di non preoccuparsi.” interloquì nuovamente il vecchio Pahor.
“Mia madre crede che dietro ogni angolo cia sia qualcuno che voglia far del male a suo figlio. - replicò il ragazzo – Non credi, mio buon prete, che tutto questo sia esagerato? Il Grande Disco mi protegge. Aton mi protegge. Ammon d Aton sono entrambi con me.”
“No! No! Taci! – proruppe Nsitamen agitandosi scompostamente e sciogliendosi i capelli – Mi cospargerò il capo di cenere affinché Ammon ti perdoni:” aggiunse allontanandosi in cerca di cenere
“Tua madre ha ragione, Ramseth. La tua eresia, lo sai, è punibile con la morte…Non assecondre la tua pazzia, ragazzo… Ascolta tua madre.”
“Perché pazzia? Perché pazzia, vecchio Pahor? Il nome di Akhenaton è stato maledetto ma non dimenticato…”
“Taci!” lo interruppe il vecchio prete.
“Perché tacere? Lo sai anche tu che sulle porte di molte Case del Piacere, sulle mura di Templi e perfino sulle lattrine, sono in molti a scrivere di nascosto il suo nome e quello di Aton, il suo Dio buono e generoso.”
“Taci! – gli ingiunse nuovamente il vecchio – Sei appena stato iniziato ai Misteri di Ammon, come puoi parlare in questi termini?”
“Non è stato Ammon a farmi sentire la sua voce, ma è stato Aton! E’ stato il Grande Astro!”
“Che cosa vai dicendo?”
“Mi ha parlato attrverso la voce di Emma.” insisteva il ragazzo.
“Tu sei pazzo, figlio mio. Sei pazzo!”
“Io non so, mio buon Pahor, quale sia stata la voce che ha parlato a te, un giorno lontano, quando fosti iniziato ai Sacri Misteri…”
“Era la voce di Ammon!” lo interruppe il vecchio prete.
“Quella che ha parlato a Ramseth, però, non era la voce di Ammon, ma quella di Sesotri, il Gran Sacerdote… un inganno che io ho tenuto per me, al contrario dei miei compagni che affermano di aver parlato con Ammon e poi lo sbeffeggiano di nascosto…”
“Taci! - gli ingiunse  per la terza volta il vecchio – Vuoi essere bandito da Tebe… o peggio?”
Ma il ragazzo continuò:
“Non temere per me, vecchio.  Non voglio farmi beffe di Ammon, come di nascosto fanno i miei compagni. Al contrario – aggiunse – Ho sete di apprendere tutto il Sapere che è custodito nella Casa della Vita del Tempio di Ammon, perché un giorno sarò il più grande astronomo di Sua Maestà, ma… lasciamoquesti discorsi, per adesso, vecchio Pahor, Voglio offrirti olive salate e birra.”
Ramseth batté le mani una una schiava nubiana si affrettò ad ubbidire; il vecchio non replicò e poco dopo lasciò la casa.