DIVENTARE ADULTA

DIVENTARE  ADULTA
Venne a distrarmi il pensiero del banchetto che le donne stavano preparando per festeggiare l'avvenimento.Stavo osservando le ancelle che adunavano sui tavoli gli ingredienti per i dolci rituali quando vennero ad avvertirmi che mi si doveva acconciare per il banchetto. Venne una piccola folla: Iter, Nefrure, Subad, Nefer, Maritammon e le altre, tutte giulivamente cicalanti e tutte con un dono per me.

Il primo impulso fu di fuggire, ma non c'era alcuna possibilità di sottrarsi  all'avvenimento e così mi concessi loro con rassegnazione e l'espressione di una prefica.
Oltre al prodigioso unguento messo a punto dal Profumiere reale, la regina Meritre mi aveva inviato un altro dono: Tanit e Carite, due ancelle con il compito di occuparsi della mia persona.
Si misero subito al lavoro.
Tanit aveva pressappoco la mia età. Forse più giovane di un anno o due.
Piccola e minuta, aveva un visetto dai lineamenti delicati e un sorriso radioso; l’espressione era assai dolce e nello sguardo brillava un pizzico di vivacità e di malizia. Troppo giovane per avere un incarico nella cura della toeletta della mia persona, le fu dato un ventaglio di piume di pavone affinché ci liberasse un po’ dal disagio della calura ancora assai grande di quegli ultimi giorni d'estate.
Carite, che avevo già visto da lontano al Santuario Dinastico al servizio personale della regina Meritre, mostrò doti di gusto e raffinatezza sia nel drappeggio delle vesti lungo il corpo, che nella combinazione degli accessori.
Aiutò Merit a scegliere le lacche per le unghie dei piedi e delle mani, poi mi sistemò sulle spalle e lungo i fianchi, le pieghe del calasiris, leggero e trasparente, che mi fu fatto indossare sopra la tunica aderente.
In verità, nel sistemare le maniche della veste e nel lasciare le braccia e il collo scoperti per i gioielli, Carite suggerì di lasciare scoperto anche il seno.
“I tuoi seni, principessa Agar, sono ancora piccoli, ma di bella forma.” disse porgendomi una ciotola di latte e aggiunse:
“Bevi! I tuoi seni cresceranno turgidi e rigogliosi e saranno la gioia degli occhi che li guarderanno.”
Avvampai. Alle parole e all’idea che qualcuno potesse ancora violare l’intimità appena recuperata.
“Bevilo tu.- risposi in tono acido respingendo la ciotola con un gesto brusco della mano - Nessuno sguardo riuscirà mai più a penetrare sotto le mie vesti.”
Scoppiarono tutte a ridere.
“Oh! Qualcuno lo farà, mia piccola Dea.- rispose lei deponendo il latte su un tavolino dove c’erano tutti gli arnesi per il trucco - Qualcuno lo farà e non è escluso che la cosa possa piacerti.”
“Ah,ah,ah...” continuavano a ridere tutte.
“Smettetela! Smettetela di ridere e ghignare.- gridai esasperata alle donne e a Carite dissi - Quanto a te, bevilo, il tuo latte e mettiti in mostra se la cosa ti piace tanto.”
“Oh! - fece lei con un sospiro - Io sono vecchia e le mie armi sono ormai spuntate e non riescono più a concupire un uomo.”
“Non sei più giovane - interloquì Tanit - ma sei ancora assai piacente, a mio avviso, Carite. Sono sicura che qualche vecchio e glorioso guerriero non disdegnerebbe, ah,ah,ah... di mettersi a riposo sul tuo seno ancora rigoglioso.”
“Le mie battaglie le ho combattute tutte, mia cara. Adesso tocca a te e alla principessa Agar. – Carite sospirò ancora - Presto verranno principi stranieri a chiederla in sposa.”
“Ecco perché - riprese Tanit - bisogna che la pelle della nostra principessa sia ben chiara e levigata.” e indicò le ginocchia sbucciate e i gomiti dalla pelle ruvida.
“Lasciate in pace la piccola.- inteloquì Merit venendomi in sostegno, ma anche lei sorrideva. - Avrà tempo per certe cose. Che si goda questa giornata."

Qualcosa di buono in quella giornata, dovevo ammetterlo, c’era davvero: le attenzioni, i doni. Tanti doni: dolcetti, fiori, anelli e bracciali. Due, fra tutti, mi furono particolarmente graditi: la bambola, con cui Merit mi fece capire che per lei sarei rimasta per sempre la "sua bambina" e il prezioso Nodo di Hathor con cui la mia cara Nefrure mi augurava fortuna.
Come erano le donne adulte, continuavo a chiedermi.
Non conoscevo altre donne che quelle del gineceo, ma sapevo che tutte le altre, tessitrici, mugnaie o spigolatrici, nel lavoro non erano affatto seconde agli uomini e non lo erano neppure nella condizione sociale. Merit mi ripeteva sempre che per questa ragione potevamo ritenerci fortunate, noi donne egiziane, rispetto alle donne straniere. Quando al gineceo giungeva una straniera, questa si mostrava sempre sorpresa nel costatare come in Egitto una donna potesse difendersi davanti ad un giudice, ereditare beni o lasciarli in eredità, amministrare proprietà private o pubbliche ed altre cose ancora, esattamente come facevano gli uomini.
Intanto mi chiedevo quali fossero, per una donna adulta, le consuetudini da rispettare, i ruoli da ricoprire, i compiti da svolgere. Tutte le donne adulte che conoscevo non avevano che un pensiero: piacere ad un uomo, giacere con lui e dargli dei figli.
Perfino la Grande Consorte Reale.
Sposarsi! Era questo l'imperativo principale d’ogni ragazza. Sposarsi! Tutte le donne che conoscevo erano contente di sposarsi e non facevano che parlare di matrimonio, di uomini, di figli. Bastava ascoltare le conversazioni di Iter, Nefrure, Maritammon e perfino Nefer, la piccola Nefer. E delle ancelle, naturalmente. Da qualche tempo, però, mi chiedevo se anche per i maschi diventare adulti significasse qualcosa. Da quando, abbracciando Amosis, avevo  scoperto la sua diversità, un improvviso, insospettato interesse in quella direzione cominciava a crescere dentro di me. Il desiderio di scoprire, di saperne di più su quel mistero, faceva salire in me l'empito di una strana eccitazione anche se il solo pensiero, per un inconscio pudore, mi copriva il volto di rossore.
Forse sposarsi non era poi così terribile, ma di sicuro non era un negozio adatto a me. Io mi sentivo votata a qualcosa di mirabile. Io volevo sfuggire all'ordine precostituito delle cose e delle azioni.
Sapere, invece, di essere prigioniera delle consuetudini, sapere di essere destinata a qualche principe alleato straniero, mi faceva sentire come la scimmietta di Nefrure.
Forse, se fossi stata un maschio... I maschi avevano il potere, avevano lalibertà. Con la scusa di farsi la guerra, andavano in giro per il mondo... ma, forse era solo il gran mal di pancia...  (continua)