LA PROSTIBULA - La Prostituta

LA  PROSTIBULA  -  La Prostituta

LA PROSTIBULA - La prostituta

 Due donne dall’abbigliamento inequivocabile comparvero

sull’uscio: due prostitute, una  assai giovane e l’altra un po’ meno, ma ancora piacente. Quell’apparizione suscitò, come era prevedibile, un coro di commenti e di grasse esclamazioni:
“Metrobia, bel grappolo maturo, i tuoi chicchi ristorano ancora.”
“Anche quel grappolino acerbo lascia in bocca sapori di delizie.” 
La più giovane, Mezia, non aveva più di tredici anni. Era molto graziosa; scura di occhi e di capelli, ma con una carnagione quasi pallida e levigata, morbida e rosata come una pesca. Alta e snella, non aveva, in verità, molta carne da esporre; per di più, sembrava timida e impacciata, cosa che rendeva i commenti ancora più salaci, considerata la  professione verso cui era stata avviata.
Metrobia, invece, la compagna, poteva avere intorno alla trentina. Procace e un volto gradevole, doveva conoscere bene il proprio mestiere poiché rispondeva per le rime agli irriverenti e sguaiati motteggi di cui era fatta oggetto ed era assolutamente in grado di tenere a freno quelli che si facevano troppo arditi. Era, inoltre, pronta a difendere da assalti troppo violenti la giovanissima compagna che era, chiaramente, sotto la sua protezione. Forse appartenevano allo stesso padrone.
Erano letteralmente coperte di gioielli: bracciali, fibule, anelli e catene, tutti rigorosamente in argento. Avevano la stessa acconciatura, raccolta e trattenuta da una fascia colorata sulla fronte ed indossavano  tuniche azzurre segmentate di rosso, in tessuto quasi trasparente, che lasciavano scoperte spalle e seni; sui
fianchi ostentavano una lunga apertura. Avanzarono nella stanza e
Metrobia si fermò davanti al tavolo di Marco.
“Marco Valerio!?... Sei proprio Marco Valerio!” esclamò.
“Metrobia!... E tu sei Metrobia!”
“Certo che sono io! Sono sempre io. E tu sei proprio Marco Valerio Flavio, il mio bel catulus!...”
“Il suo catulus!... Ah,ah,ah!...”sogghignarono tutti d’intorno.
Marco Valerio sorrideva: Metrobia era la prostituta con cui aveva fatto la sua prima esperienza sessuale.
“Io ho fatto di lui un uomo! - la donna si batte orgogliosamente il petto - Io ho reso uomo il nostro guerriero! Io gli ho insegnato a colpire sempre il bersaglio con la sua lancia.”
“Brava  Metrobia! Brava la nostra bella puttana! Ah,ah,ah...”
“Sei sempre la più troia di quante furono e sono. La migliore.”
“Puoi dirlo ben forte, caro il mio Fausto! - la donna si erse sul generoso busto - Metrobia non è come le vostre Calvie, Livie e Giulie, che si fanno schiavi e gladiatori… Metrobia cerca tribuni, cavalieri e campioni...”
“Ah,ah,ah! – rise Fausto - La prostibula ha i gusti della domina e la domina quelli della prostibula!”
“E che ridete, voi?... Ho il nome di tutti voi, qui! - si batté la fronte con una mano - Ho il nome di tutti voi anche su un papiro  e a fianco di ogni nome c’è un numero.... E sapete che cos’è quel numero? E’ il voto che ho dato a ognuno di voi! A te, Lacone, a te Vitruvio e anche a te, Fausto e... e a tanti altri ancora. Volete vederlo?... Ah,ah,ah! Come mai non sghignazzate più?... Vuoi sapere che voto ho dato a te, Fabio? A te, Lacone ho dato... ho dato... Volete saperlo?”
“Sì!Si!”  un coro;  “No! No!” la sola voce di Lacone.
“Non lo dico!... Non questa sera, ma dimmi, tu, mio bel tribuno, dove stai andando? Vai già via?”
“Mi duole assai, mia bella e dolce ninfa, non potermi beare del nettare  che c’è sulle tue labbra e sulla tua pelle, ma devo andare. Ehi, oste!...” chiamò Marco; l’oste si avvicinò con il conto.
“Sempre poeta, il mio aquilotto! Lo sai, Marco Valerio Flavio, che fra tutti tu sei stato il mio preferito? Lo sai che è tuo il voto più alto di quella lista - la donna gli gettò le braccia intorno al collo e lo baciò sulla bocca. - Non voglio nessun dono per questo bacio. E’ un dono che per una volta ho voluto fare io a qualcuno. E chi potevo scegliere se non te?”
“Sempre fortunato, il tribuno!” si levò un coro intorno a loro.
“La fortuna arride solo chi non la cerca. Perché non fai qualche dono anche a me, Metrobia?- ghignò Lacone -  Ci fai bella figura, se qualche volta la dai senza farti pagare!”
“Non a te, vecchio gallinaccio! Non a te! - disse ancora la prostituta staccandosi dal tribuno - Ma al mio catulus!”
Marco sorrise; pagò il conto e dette una moneta d’argento anche alla donna, che dopo una breve esitazione la fece sparire dentro il
corsetto, poi lasciò la ganea seguito dai compagni.