PRIMI PALPITI D'AMORE

PRIMI PALPITI D'AMORE


Letizia si calò giù il velo quasi con civetteria, ma lo tenne sulle labbra mentre rispondeva, con occhi colmi di magico splendore:
"Io non ho mai smesso di sognare. Quando ero bambina e leggevo i libri di favole, sognavo giungle e Templi  misteriosi... deserti ed isole sperdute. Sognavo... e sogno ancora... -  s'interruppe; nello sguardo un pizzico di splendida malizia che conquistò definitivamente il cuore del bel predone - Non... non sorriderai del mio sogno se te lo confido?" disse.
"Non sorriderò. - lui la guardava incantato, come si guarda un prodigio - E anche io ti confiderò il mio sogno."
"Io sogno ancora il principe delle favole... - sorrise -  senza macchia né paura, che mi rapisce sul suo cavallo bianco e mi porta lontano, in un luogo incantato."
"Splendido sogno, dolcissima Letizia. - tornò a sorridere lui, poi aggiunse - Io non ti dirò qual è il mio sogno, ma te lo mostrerò... dopo che avremo fatto onore al caffé ed alle ciambelle al miele della cara Fatima."
Il sole, intanto, comparso all'orizzonte, stava lacerando l'ultima foschia  del crepuscolo del mattino, permettendo al giorno di avanzare veloce.
Harith fece un cenno e un giovane si avvicinò; lo sceicco gli bisbigliò qualcosa all'orecchio e quello si allontanò veloce.

Un profumo di caffé e di ciambelle fritte saturava l'aria tutt'intorno, proveniente dalla zona riservata agli ospiti, nella tenda dello sceicco.
Il giovane passò intorno alla vita della ragazza il braccio forte e solido come una colonna e un fremito di piacere la percorse tutta; il  corpo  ancora rigidoo,  Letizia non sapeva quasi dirsi se a procurarle quei fremiti fosse l'aria fresca del mattino oppure la violenza delle sue emozioni.
Harith si tolse il mantello e lo posò con delicatezza sulle spalle di lei; lei sollevò su di lui gli stupendi occhi sfavillanti sotto le lunghisime ciglia setose, da cui, però,  il sole appena nascente riusciva già a trarre bagliori.
Con un sorriso  lo ringraziò; lui la fissava con tenera sollecitudine.
Ogni tanto lei sbirciava verso di lui,  il naso adunco e il mento da animale da preda, il profilo sottolinato da una breve barba, che nel loro insieme gli conferivano una certa somiglianza  con  i simulacri di antichi guerrieri:  bellissimo e un po' selvaggio.
Richiamato dal suo sguardo, Harith si chinò sul suo capo;  a lei parve che vi avesse deposto un bacio e tornò a fremere.
"Vieni." la sollecitò.

Il caffé era già pronto quando raggiunsero la tenda di Harith e la vecchia Fatima era già pronta a servirli. La ragazza, però, si liberò del mantello, che restituì al giovane e prese dalle mani della vecchia il prezioso vassoio poi, muovendosi agile ed  aggraziata nella veste di seta ucida color cipria,  sotto lo sguardo compiaciuto di Harith, cominciò a servire; offrì prima  il caffé poi le ciambelle, ancora calde e sfrigolanti,  scegliendole una per una  con  le lunghe dita da artista e deponendole nel piatto davanti al giovane; dopo sedette accanto a lui e si servì da sé.
Fatima la scrutava, tra l'incuriosita e la sospettosa, ma Letizia le chiese del dolcificante con un sorriso così radioso, che il volto rugoso della vecchia si distese immediatamente.
Quando nei piatti  e nelle tazze non ci fu più nulla, lasciare una pur minima traccia di cibo era irrispettoso per l'ospite e la cuoca, Harith si pulì  la bocca sul dorso della mano e si alzò.
Letizia lo imitò;  ringraziò entrambi, sia Harith che la sua nutrice e  fece l'atto di allontanarsi.
Harith la trattenne per un braccio, mentre con l'altro si sistemava il mantello.
"Aspetta, Letizia. - disse - Ho una sorpresa per te."
"Una sorpresa?"
Lei si fermò, lui fece un cenno affermativo del capo e la prese per mano, guidandola verso l'esterno; alle spalle, la vecchia Fatima le mise uno scialle sulle spalle. La ragazza si girò per ringraziarla con un sorriso, poi seguì il giovame. che, in silenzio, proprio come chi  pregusta il sapore di una sorpresa,  le fece attraversare il campo, quasi del tutto deserto  a quell'ora, salvo sentinelle e qualche mattiniero.

                                            

Vicino alla Fontana del Fico, quasi al centro del campo, trovarono il giovane con cui Harith poco prima aveva scambiato qualche parola.
Reggeva le briglie di uno splendido cavallo bianco che tese al suo sceicco prima di allontanarsi.
"Ecco, piccola Letizia. - Harith la inondò di uno sguardo unico e particolare,  quello da cui la scintilla del desiderio sprigiona già al primo incontro... al primo incrociarsi di sguardi. - Il tuo sogno!...  Il principe delle favole, senza macchia né paura, che col suo cavallo  bianco ti rapisce e ti conduce in un luogo incantato!...E' il tuo sogno, hai detto...  Io ho qualche macchia, forse, ma non ho paura e sono qui per realizzare il tuo sogno e condurti in quel  luogo incantato!"
"Oh, Harith! - proruppe lei, colta di sorpresa, mentre un lieve rossore le scivolava lungo le guance rilucenti del riflesso del primo sole del mattino - Io non so che dire..."
Lui la guardava incantato.
"Posso aiutarti a montare?" domandò.
Lei fece un cenno affermativo del capo; aspettava  il fuggevole attimo in cui si sarebbe consumato il contatto dei loro corpi... Era preparata ad emozione e turbamenti, eppure, per    la seconda volta, si lasciò cogliere dalla sorpresa: non s'aspettava  quell'eccitazione, quel vellutato piacere, quando lui le cinse la vita con entrambe le mani e nel sollevarla la tenne così vicino a sé da confondere sguardi e respiri; non s'aspettava la indicibile eccitazione prodotta dal seno serrato e palpitante contro il petto di lui mentre la portava più su, prima di deporla sulla sella.
Per un attimo, lei lo guardò dall'alto poi, con un balzo, lui le montò alle spalle e insinuò le braccia sotto le sue braccia, intorno al busto, per attirarla a sé e lei si trovò seduta con le ginocchia sul collo dell'animale e con le gambe sulle ginocchia di lui.
Trattenne il respiro, sotto l'empito di  una violenta emozione, rigida e tesa, nelle braccia di lui che,  con una mano la sosteneva per  la vita e con l'altra reggeva le briglie.
Fu solo allora, quando lo sguardo cadde sulle sue mani, che Letizia si accorse della ferita ricucita e ancora fresca tra il polso e il dorso della mano sinistra del giovane.
"Ti la sei procurato questa ferita battendoti con sir  Richard per me, sceicco?" domandò.
"Chiamami Harith, piccola Letizia. Sì! - assentì lui con un sorriso - Te l'ho detto, dolce gazzella, sono pronto ad affrontare un'intera tribù per i tuoi occhi azzurri."
Lei girò il capo per guardarlo in volto; le guance, poi le labbra si sfiorarono.... pochi secondi, ma lei ammutolì...  e non solo per l'emozione, ma  anche per lo stupore: si aspettava che Harith la baciasse e la stringesse forte, ma Harith non lo fece, nonostante negli occhi gli brillasse quella luce irrequieta con cui nessuno l'aveva mai guardata prima.

Gliene fu grata e ne fu delusa al contempo, ma quel vago timore che per giorni non l'aveva abbandonata, la afferrò quasi di sorpresa.
"Sir Richard si è battuto per mia sorella. - interloquì cercando di rendere la propria voce il più incolore possibile - Adesso   Atena è una donna libera che può decidere della propria vita come ha sempre fatto, ma... ma io, Harith? - una lieve incrinazione nella voce, che proprio non riuscì ad impedirsi di avere - Cosa sono io? Quale sarà il mio destino?"
"Oh,Letizia! Luce degli Occhi Miei! - proruppe lui,  fermando il cavallo e lasciando andare le redini sul collo dell'animale - Non hai ancora capito che non è il tuo destino ad essere nelle mie mani,  ma è il mio destino ad essere nelle tue?" le mormorò sulla bocca, poi l'avvolse in un abbraccio, le gambe avvinte alle sue, in un spasmodico intreccio di braccia, mani, bocche.   Il seno di lei palpitava contro il torace di lui tambureggiante.
Harith appoggiò la guancia a quella di lei, s'inabissò nel fulgore azzuro dei  suoi occhi e le liberò il capo del velo; lei lo lasciò fare.
Inebriato, lui le tirò indietro la massa setosa e bionda dei lunghi capelli e la baciò; prima sulla fronte, poi sugli occhi e sulle guancia, per tornare ancora alle palpebre, che lei aveva abbassato,  ma  che lo facevano impazzire per il tesoro che vi nascindevano. Finalmente si fermò sulle labbra.
Lei fremeva e in lui il desiderio premeva, durissimo, come un fiore che spinge per aprirsi.
Nelle labbra di lei semiaperte, egli vi trovò sapore di latte e miele; lo stesso che era nella sua bocca. Pago, ma non sazio, passò alla gola e al collo ed a quella tenera curva, proprio fra gola e collo, irresistibile richiamo dei suoi  sensi eccitatissimi.
Per qualche attimo lei restò ancora immobile a ricevere amore, intimorita dall'audacia  di lui ma anche timorosa che smettesse; la bocca di lui continuava a cercarla, insieme alle mani e la percorreva tutta con grande delicatezza. Poi, egli  le prese una mano, che  portò su di sé.
Prima timidamente e timorosamente, poi con più sicurezza, lei si lasciò guidare nella scoperta e conoscenza del corpo di lui... ricerca e scoperta eccitante, terrificantemente meravigliosa. Continuò a "cercarlo" ed a scoprire la sua diversità e lui le lasciò la mano... libera di esplorare da sola.
Tornò da lei. Cominciò sbottonandole la veste di seta aperta sul davanti; uno per uno, i numerosi  bottoncini si arresero sotto le dita eccitate. Il corpetto della veste, aperto, scivolò sulla spalla sinistra, mostrando il tesoro nascosto.
Lui si chinò per saziarsi di baci e inebrirsi del profumo di quella pelle bianca e morbida; le abbassò le bretelle che reggevano il seno, ma lei lo trattenne.
"No! - solo un monosillabo, ma riuscì a fermare il grande predone - No!"
Harith allentò la stretta; un lieve bacio sui capelli, poi le sistemò la veste.
"Non temere. - la rassicurò - Non temere, Luce degli Occhi Miei! Non farei nulla che non volessi anche tu."
"Non... non hai risposto alla mia domanda, Harith. Io... io vengo da una terra dove le donne non si mettono più in vendita da molto tempo e... ed ora  non so se sono oppure no, una donna ancora libera."
"E io ti ho risposto, mio bene infinito! - il grande predone si chinò a sfiorarle una volta ancora la guancia - Capisco, però, le tue paure, ma... ricorda, mio bene,  le donne di Sahab sono donne libere." aggiunse, poi, afferrate le redini, lanciò il cavallo al galopo.

 

(chi volesse continuare la lettura, può aprire la Pagina:  IL  RAIS - Misteri d'Oriente