Thut-ank-Ammon... il Faraone-Bambino

Thut-ank-Ammon...  il Faraone-Bambino


THUT-ANK-AMMON… il Faraone –BambinoI

Innanzi tutto, il faraone Thut-ank-Ammon non fu un Sovrano come gli altri, perché si trovò al centro di una vera e propria guerra di Religione e poiché attorno a lui si formarono diverse leggende, la più nota delle quali é quella della Maledizione.

Il principe Thut, si suppone fosse figlio di Amenopfi IV, conosciuto anche come Akhenaton, il Faraone Eretico, colui che introdusse una nuova Religione che metteva gli uomini tutti su uno stesso piano di fronte a Dio… un Dio Unico. Un Dio che chiamò Aton ed in onore del quale cambiò il proprio nome in Akhenaton e dette al principe erede il nome di Thut-ank-Aton.

 In realtà, chi fosse veramente questo Sovrano, morto giovanissimo, non lo sappiamo. Ancora oggi si discute sulle sue origini, non essendoci prove certe sui suoi genitori. In base alle somiglianze fisiche lo si suppone ultimo figlio di Amenofi III e, dunque, fratellastro di Amenofi IV, ma si ipotizza anche che possa essere stato figlio di quest’ultimo e di una concubina.

Ancora bambino fu fatto sposare alla principessa Anksenammon, terzogenita di Akhenaton e Nefertiti e per alcuni anni visse  con la giovane sposa nella nuova città di Akhetaton, in un palazzo della Regina.

 

Morto il Faraone, in circostante assai sospette, e dopo un brevissimo regno del suo successore, Smenkaura, che aveva sposato Maritammon,  la figlia primogenita di Akhenaton,  il principe Thut,  ancora giovanissimo, si trovò ad ereditare un Paese piombato in profonda crisi politica e religiosa.

Come sappiamo, Akhenaton aveva modificato le tradizioni religiose e sociali dell’Egitto ed aveva creato una nuova capitale;  tutto ciò, esautorando il potente clero di Ammon e confiscandogli i beni. Un’avventura che durerà diciassette anni, violentemente osteggiata dai preti di Ammon, contrari alla nuova Riforma ed estremamente intolleranti nei confronti di quella rottura con la tradizione. Un’avventura che si concluderà con la morte del Sovrano (in circostante sospette) e con il ritorno alla tradizione.

Il principe Thut fu riportato a Tebe insieme alla sua  giovanissima sposa e qui venne eletto Faraone; il suo nome e quello della nuova Regina furono mutati in: Thut-ank-Ammon ed Ank-sen-Ammon

Aveva soltanto otto anni.

 Dopo l’incoronazione avvenuta nel Tempio dinastico di Ammon, il nuovo Faraone tornò ad Akhetaton dove continuò a risiedere per ancora tre o quattro anni prima di tornare definitivamente a Tebe. Qui, sotto l’influenza del tutore, Gran Visir Eye e del generale Horemhab, dette inizio al cambiamento ufficiale della politica religiosa.

Entrambi spinti da grandi ambizioni,  questi due importanti funzionari appoggiavano pienamente il clero tebano di Ammon e spinsero il giovanissimo Faraone a proclamare la restaurazione del culto di Ammon, a restituire al clero i beni confiscati ed a  riportare la capitale a Tebe.  

La stele di Berlino mostra il nuovo Faraone nell’atto di  adorazione ad Ammon-Ra e del ritorno all’ortodossia.

 Ammon sconfisse Aton, dunque, I seguaci di Ammon sconfissero i seguaci di Aton, ma non si accontentarono di questo: pretesero l’abolizione del culto di Aton e la cancellazionee da tutti i monumenti non solo del nome del suo nome, ma anche di quello di Akhenaton, bollato come Eretico.  Seguì poi lo spoglio l’abbandono di Akhetaton,  “La città Dell’Orizzonte di Aton” che ben presto fu inghiottita dalle sabbie e dall’oblio.

Il regno di Thut durò solo dieci anni e non segnò alcun momento di fama o di importanza. La cosa più importante legata al nome i questo Faraone, si disse, era la ricchezza della sua tomba e  l’aureola leggendaria  creatasi attorno alla sua figura,  come la Maledizione.

Il realtà non è proprio così ed è piuttosto ingeneroso nei confronti di questo Faraone. Obiettivamente egli era troppo giovane ed inesperto, guidato da persone, (entrambi gli successero sul trono) interessate soprattutto a realizzare le proprie ambizioni: Eye, che mantenne legami tra le due città (Tebe ed Akhetaton)  e il generale Paatonemheb (questo il suo nome prima di diventare Faraone con il nome di Horemhab) il quale, alla guida dell’esercito, era il vero signore del Paese ed aspettava nell’ombra il suo momento.

In realtà, esistono documenti che riguardano Thut –ank-Ammon in cui egli discute di progetti riguardanti la Canalizzazione e l’Irrigazione del territorio e perfino di un progetto sul taglio dell’istmo di Suez. Inoltre, egli  promosse una certa attività architettonica volta alla restaurazione dei Templi ma soprattutto alla realizzazione di un gran numero di statue e gruppi statuari. Come quello custodito al Museo di Torino che lo ritrae assieme al Dio dinastico Ammon e che il suo successore, Haremhab si attribuì, come molte altre opere dette della “Restaurazione”, perché raccontano lo sforzo del giovanissimo Faraone di riportare il Paese alla stabilizzazione.

 

Il faraone  Haremhab si attribuì molti dei monumenti  sia di Thut che di Ay, cancellandone i nomi ed apponendovi il suo: peccato di vanità di molti altri Faraoni, soprattutto di Ramesse II.  Dei monumenti di Akhenaton, invece, dopo averne cancellato la memoria, cancellandone il nome, egli ne fece uso per costruirne di nuovi.

Di Thutankammon sappiamo anche che fin dai tempi di Akhenaton mostrava già una certa indipendenza, praticando assieme al culto di Aton, anche quello di altre Divinità, quali Atum e possiamo supporre che a quei tempi la sua giovanissima età lo abbia tenuto lontano dalla disputa diretta fra Ammon ed Aton.

In politica, infine, l’azione di questo giovanissimo Faraone fu stabile ed accorta. Era in guerra con gli Ittiti, i nemici di sempre, ma cercava alleanze con Babilonia. La morte, però, lo colse durante le trattative. Lo colse a diciotto anni.

Un enigma, la morte di Thut-ank-Ammon che ancora oggi fa discutere: naturale o violenta?

Impossibile dire se fu vittima di malattia, assassinio oppure incidente. L’esame sulla mummia ha accertato che non vi sono segni di morte violenta, se non si guarda quello alla nuca che appare come un colpo. Resta l’incertezza.

Fu sicuramente una morte prematura ed inaspettata e la sepoltura, naturalmente, dovette essere affrettata ed incompleta. Una sepoltura, però, che può essere considerata la scoperta archeologica del secolo scorso, poiché portò alla luce un tesoro spettacolare, in netto contrasto con la  semplicità della tomba che lo conteneva.  In quella modesta tomba, infatti, l’unico ambiente ad essere decorato era la camera funeraria. La ricchezza del corredo, invece, così eccezionale, fa pensare che non essendo pronta la tomba reale, si dovette usare una modesta sepoltura privata. 

Un tesoro decisamente strabiliante e straordinario, come straordinarie furono le circostanze del suo ritrovamento, nel 1922, ad opera dell’archeologo inglese H. Carter. Quando questi lo portò alla luce, era la sola tomba reale ancora intatta, nonostante fosse già stata “visitata” dai ladri nel primo anno dopo la morte del Re. L’archeologo rimase letteralmente senza parole quando, praticata una breccia nel muro vi fece passare una torcia per guardarvi all’interno. Ai compagni che chiedevano cosa vedesse, rispose: “Cose strabilianti!”. Tale era il luccichio degli ori di tutti gli oggetti stipati all’interno di quella stanza.

 

Impossibile qui elencare tutti gli oggetti ritrovati: abiti, guanti, pettorali, bastoni, trombe, vasi, cassette, statuette,  sistri, seggi. E poi ancora: mobili, letti, trono, statue, armi, maschere, sarcofagi… Tre i sarcofagi contenenti la mummia del Sovrano. Il primo, in legno dorato, si trova ancora oggi custodito nella tomba, nella Set Maat, ossia La Sede della Verità o… Valle dei Re. Il secondo è in legno placcato con lamine d’oro e pasta vitrea; il terzo è in oro massiccio dal peso di 1100  kg. con incrostazioni  in lapislazzuli, corniola, turchese, ecc..

Le bare, però, riservavano un’altra sorpresa: addosso alla mummia del Sovrano si trovarono ben 143 gioielli di estrema bellezza e preziosità; erano distribuiti all’interno delle bende.

Infine la celeberrima maschera funeraria che gli copriva il volto, dai lineamenti nobili ed idealizzati. 

 

E’ in oro battuto, intarsiato con ceramica e pietre preziose e reca i simboli della regalità: la nemes blu e oro (il copricapo a fasce) l’ureo e l’avvoltoio sulla fronte e la barba intrecciata sul mento. Un capolavoro di ben 11 kg d’oro, questo ritratto amabile e giovanile che rappresenta il Sovrano in atteggiamento  serena, ma  di malinconica compostezza e che ispira commozione in chi lo osserva, insieme ad una lieve inquietudine.

 Il compito di questa maschera era di proteggere il volto del Sovrano che, compiuti i magici riti di Rianimazione, sarebbe tornato a vivere per l’Eternità…   e forse possiamo dire che davvero  a questo Faraone l’Eternità è stata assicurata!