Cap. I - prima parte

Cap.  I  -  prima parte

Il  volo 780 delle ore ventiquattro, proveniente da Roma, arrivò all’aeroporto de Il Cairo con due ore di ritardo.
Isabella ebbe un sospiro: il vento caldo trovato ad accoglierla, appena messo piede sulla scaletta dell’aereo, avrebbe sicuramente aumentato il suo mal di testa; per di più trovare un taxi a quell’ora della notte non sarebbe stato facile.
Contrariamente ad ogni previsione, tutte le sale d’aspetto dello scalo erano affollate e file di taxi sostavano nei parcheggi: l’Egitto è pur sempre il Paese dal fascino immutato nel tempo, capace di catturare la fantasia del turista con i suoi misteri.
La ragazza avanzò in mezzo ad una marea di gente: turisti incerti ed un po’ assonnati che operatori di viaggio cercavano di raggruppare sotto questo o quel cartello con il nome di questa o quella compagnia di viaggio, per poi inquadrarli come reclute e guidarli verso l’uscita.
Più di qualcuno si voltò a guardare quella bella ragazza sottile e non troppo alta, dalla casacca color tabacco, con le braccia cariche di pacchi e pacchetti.
La folta frangia dei lunghi capelli,  spioventi sulle spalle, nascondeva una fronte spaziosa e ben modellata; lo sguardo sapientemente sottolineato da una lunga linea scura di kajal, la bocca carnosa e colorata come un fiore di melograno, la facevano fortemente assomigliare ad una di quelle principesse egizie raffigurate nelle pitture parietali e sui cofanetti antichi.

“Isabella… Isabella…” qualcuno la chiamò.  Lei si voltò.
“Alì!” gridò in tono festante.
“Bentornata, principessa. Sono davvero felice di rivederti.”
Un ragazzo la raggiunse alle spalle, l’abbracciò e la sollevò con tutti i pacchi, facendole fare una doppia piroetta prima di rimetterla a terra e liberarla dei pesi.
Era un bel ragazzo, alto e longilineo, braccia e spalle atletiche, come di chi è abituato ad esercizio fisico. Sovrastava la ragazza di quasi due palmi ed aveva nei suoi confronti atteggiamenti protettivi ed affettuosi.
Era egiziano, ma vestiva all’europea, con jeans e maglietta, ma in testa portava  una keffiew, tipico copricapo arabo, da cui spuntavano capelli scuri e ricci.
I lineamenti  energici del volto, gli occhi di un nero ebano, la pelle di bronzo, gli davano quell’aria un po’ selvaggia di aitante e spensierata giovinezza. Poteva avere diciotto e venti anni.
“Anch’io, Alì! Anch’io. - la ragazza arretrò di un passo - Sapessi come è stato lungo quest’anno. Non vedevo l’ora di riabbracciarci… oh! ma sei diventato ancora più alto o sono io che mi sbaglio?”
“Non ti sbagli! E tu – continuò avvolgendola in uno sguardo che era una carezza tenera e affettuosa – tu sei diventata ancora più bella.”
Isabella arrossì e sorrise compiaciuta; lui proseguì:
“Ho tante cosa da dirti che non potevo farti  sapere per lettera.”
“Capisco… ma dimmi, quando hai lasciato Torino?”
“Ho preso il primo aereo per tornare a casa, appena chiuso l’Anno Accademico. Quasi una settimana fa.”
“Alessandro mi ha detto che sei stato una delle più brillanti matricole del Politecnico.”
“Oh! – si schermì il ragazzo, poi – Vieni. Ti porto in albergo. Ho la jeep di tuo fratello qui fuori.”
“Alessandro mi ha detto che forse hai battuto il tuo naso impiccione in qualcosa di davvero grosso.”
“Contrabbando di Antichità! Sia lode all’Unico! Forse ho scoperto una traccia che conduce al più grosso traffico clandestino di antichità degli ultimi tempi.” spiegò il ragazzo arricciando il naso e fischiettando un motivetto in voga; una vivacità irresistibile gli brillava nello sguardo.

Lasciato il terminal dei bagagli, i due ragazzi raggiunsero la jeep parcheggiata nel vicino piazzale; salirono a bordo e Alì avviò il motore.
La vettura scattò in avanti con un rombo.
“Oh, finalmente! – Isabella si abbandonò sul sedile – Questa giornata pareva non avere più fine.”
“Sei stanca? Hai fatto buon viaggio?” si girò a guardarla il ragazzo.
“Sono in piedi dalle sei di questa mattina, il treno è arrivato a Roma con quasi un’ora di ritardo, lo sciopero del personale a terra ha fatto slittare il mio volo di più di due ore e… etchi!…” starnutì, rise e starnutì ancora.
“Tabacco forte?” scherzò il ragazzo.
“Faceva freddo a bordo, - spiegò lei – nonostante che la hostess mi abbia gentilmente messo due copertine intorno alle gambe… e non è tutto: interferenze atmosferiche hanno reso movimentato il viaggio ed un fulmine ha quasi sfiorato l’aereo. I pasti a bordo, poi, erano piuttosto stracotti, ma… a parte tutto questo… ho fatto un buon viaggio. – sorrise, fece una piccola pausa e riprese – Però adesso sono qui e non vedo l’ora che giunga domani… Manco da un anno e non vedo l’ora di rituffarmi in un mondo pieno di magia e splendori.”
“… e di rivedere la statua del nostro amico Osor, tornata al suo posto.” Concluse per lei il ragazzo.

Avanzando veloce, la vettura  transitò sopra un ponte che attraversava il Nilo poi si infilò nel traffico, caotico anche di notte, di una delle strade del quartiere di Zamelek, nell’isola di Gezira,. Qui, in una posizione assai felice, sorgeva il più prestigioso albergo de Il Cairo: Il Marriot, dove erano diretti.
Luci, ingorghi, grattacieli, case e casupole, la città, la più grande delle città arabe, con i suoi quattordici milioni di abitanti, a quell’ora della notte poteva sembrare addirittura una città europea.
“Lo sai – interloquì la ragazza – che hanno parlato di lui in tutto il mondo.. compreso l’Italia?… Hanno detto di una statua rinvenuta nella Valle delle Regine e misteriosamente scomparsa dal Museo, per poi ricomparire altrettanto misteriosamente.”
“Anche qui ne hanno molto parlato ed anche a Torino, naturalmente… - assentì il ragazzo.
“Non vedo l’ora di mettere piede al Museo e rivedere gli oggetti appartenuti alla principessa Nefer e… - la ragazza ebbe un attimo di pausa che riempì con un sospiro e tirando su col naso, poi riprese -  e di vedere e toccare la statua del nostro amico Osor.”
“Che cosa accadrà? – Alì premette sull’acceleratore - Mi sono chiesto mille volte che cosa accadrà quando rimetterai piede là dentro…”
“Non lo so, Alì… non lo so!”
La ragazza scosse il capo e guardò fuori del finestrino; addentrandosi nel cuore della piccola isola, profumata di palme e sicomori, l’atmosfera si faceva più silenziosa e quasi rilassata.
“Qualche volta ho pensato ad un sogno… forse frutto di suggestioni. E’ vero che il mio volto assomiglia molto a quello della principessa, ma…”
“Sogno?… -la interruppe Alì – Un sogno collettivo, in questo caso: io so chi è Osor,  tuo fratello lo sa e lo sa anche mio padre Hammad e perfino Abdel il Roso, che si è imbattuto in lui, lo sa. Ricordi quel giorno?”
“Come potrei dimenticarlo! A proposito, che fine ha fatto quella canaglia? Qualcuno gli ha finalmente messo le mani addosso?”
“Non ancora, – rispose il ragazzo – ma il cerchio gli si sta stringendo  intorno. Garantito! Sono sulle tracce di un traffico illegale, come dicevo prima, che portano a Karnak e sono certo che a capo di quel traffico ci sia proprio il nostro amico Abdel. Prima o poi  gli metterò le mani addosso, come dici tu, ah.ah… Oh, eccoci arrivati!” aggiunse spegnendo il motore.

La vettura si fermò davanti all’ingresso principale del grande albergo.
“A quest’ora mio fratello avrà terminato la sua Conferenza.” disse la ragazza; Alì guardò l’orologio e scosse il capo.
“Non ancora. Le conferenze del professore sull’età della Sfinge e delle Piramidi richiamano solitamente un folto pubblico di studiosi e ricercatori e finiscono sempre in dibattiti.”
“Già! L’origine delle Piramidi e della Sfinge ha scatenato sempre controversie, ipotesi e speculazioni di ogni tipo. Negli ultimi tempi sono divenute un argomento quasi ossessivo. Fin dai tempi più antichi si sono cercate risposte e…”
“… e per quasi due secoli, dozzine di scrittori ed egittologi dilettanti e dalla fervida fantasia – la interruppe il ragazzo,  scendendo dall’auto ed aprendole la portiera – hanno elaborato così tante teorie, fantasiose ed assurde, talvolta comiche, mai convalidate dalla scienza o da una seria ricerca, ma sostenute solamente da personali interpretazioni numerologiche o da metodi pseudo-scientifici.”

Come Alì aveva previsto, trovarono il professore Alessandro Scanu, fratello di Isabella,  ancora impegnato nella sua conferenza.
Declinate le proprie generalità all’ufficio della Reception, nella splendida hall dell’albergo, i due si diressero verso l’imponente Salon Royal, sulla destra, e attraverso un sontuoso scalone ornato di stucchi e tappeti, raggiunsero la “Aida Ball Room”, la Sala delle Conferenze, al secondo piano, dotata di schermo gigante e di un impianto di traduzione simultanea in quattro lingue.
Qui trovarono Alessandro che stava raccogliendo le sue carte dal tavolo.
Vedendo da lontano i due ragazzi, il giovane si staccò dal tavolo, dove era in compagnia di archeologi e funzionari del Museo delle Antichità e si fece largo tra la folla.
Alto, atletico, Alessandro non era tipo da passare inosservato. La faccia abbronzata, la mascella volitiva, le sopracciglia congiunte su un naso aquilino, il nero africano degli occhi, gli conferivano nel loro insieme una vaga rassomiglianza con una testa di antico Faraone.
“Ciao, piccola. Hai fatto buon viaggio?” salutò tendendo le braccia alla ragazza.
“Qualche ora di ritardo… ma mi dispiace soprattutto per non essere arrivata in tempo  per la tua conferenza: quello della datazione della Sfinge e delle Piramidi è un argomento che mi affascina, lo sai.”
“… e che accalora gli animi” fece eco una voce alle sue spalle.
Era Hammad, padre di Alì, assistente del professore. Con lui c’era il capo di una Fondazione per la preservazione delle Antichità, il quale esordì dicendo:
“Da quando nel mondo è scoppiata questa “egittomania”, si sono scatenate tali e tante teorie, bizzarre e fantasiose al riguardo.”
“Anche questa sera – interloquì Hammad – simpatizzanti di teorie circa una certa “mappa celeste” e una “pianta astrale” delle Piramidi, hanno cercato di sostenere le loro opinioni.”
Schivo e di poche parole, il prestante assistente del professore si infervorava sempre quando  gli  argomenti di conversazione avevano temi come la Sfinge e le Piramidi.
Alto, asciutto, elegante nel portamento, come lo sono la quasi totalità degli odierni discendenti dei Faraoni, Hammad era uno spirito libero ed indipendente, aperto, però, ad ogni innovazione e ricerca.
Laureato presso l’Università di Archeologia de Il Cairo, prima del suo incontro con il professor Alessandro, aveva seguito ogni storia o traccia che la curiosità e l’interesse lo avevano spinto a cercare in tutti gli angoli dell’Egitto e dell’Intera Africa del nord.
“Si riferisce – intervene Isabella – all’ipotesi secondo cui la Valle del Nilo corrisponderebbe alla Via Lattea e la disposizione delle Piramidi a quella delle stelle della costellazione di Orione?”
“Ipotesi – Hammad accennò d sì col capo – destinata a far discutere il mondo intero esattamente quanto l’esistenza della famosa “Stanza della Memoria di Thot” e dei suoi “Libri della Sapienza”. Erodoto ne parlò già nel cinquecento avanti Cristo e qualcuno, ai nostri giorni, crede addirittura di averne scoperto la chiave d’accesso.”
“Ma quelle sono leggende risalenti ad epoca ramessida.” replicò Alì.
“Proprio così!”  assentì Alessandro e Hammad spiegò:
“Secondo tale teoria, anche la Stanza di Thot, si troverebbe in corrispondenza con la stella Sirio.”
“Leggende! – insisté il ragazzo –Come quelle di voler retrodatare la costruzione della Sfinge di migliaia di anni e attribuirne la paternità a civiltà anteriori, come Atlantide, o scomodando addirittura gli extra-terrestri e rivestendo invece i Faraoni del semplice ruolo di custodi.”
“Premettendo che nessuna teoria vada scartata a priori – intervenne Alessandro – i signori che sostengono queste ipotesi, dimostrino con relazioni circostanziate e serie e non solo adattate, l’autenticità delle loro asserzioni… Per ora, ipotesi  astronomiche o matematiche di questi…”piramidologi” come amano pomposamente farsi chiamare, sono solo belle favole da verificare. Di certo c’è una cosa sola: accanto ad una medicina assai progredita e ad un’architettura altrettanto illustre, gli Egizi disponevano di una astronomia e di una matematica piuttosto semplici e con fini puramente utilitaristici.”
“Ohhhh!… tutto questo è assai interessante. – Isabella ebbe un  sospiro – Se permettete, però, vorrei ritirarmi. Sono piuttosto stanca.”
“Hai cenato?” domandò il fratello.
“Sull’aereo.” rispose la ragazza facendo l’atto di allontanarsi, ma sull’uscio venne raggiunta dalla voce di Hammad:
“Ho un regalo per te, Isabella – l’uomo tese dei fogli arrotolati – E’ il Libro dei Morti della principessa Nefer. L’ho tradotto per te.”
“Oh, Hammad! Grazie. Grazie!”
La ragazza prese i fogli e si allontanò.

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