CATASTROFICA INONDAZIONE DEL NILO

CATASTROFICA INONDAZIONE DEL NILO

 

Nel corso della nottata il livello del fiume era salito vertiginosamente. Prima ancora dell’alba un’impressionante quantità di acqua irruppe sulla città scavalcando il poderoso muro che il grande faraone Nemes, qualche secolo prima, aveva fatto costruire a protezione dalle inondazioni. La violenza fu tale che tutto quanto era di ostacolo venne spazzato via. Palazzi, case e casupole ne furono invasi, stele e steccati ridotti in frantumi, cespugli e piccoli arbusti finirono spezzati o sradicati. Nel porto, nei quartieri poveri e in quelli degli stranieri, i più esposti ai danni maggiori, le capanne erano tornate fango e le barche, tavole sparse. Casse, ceste, otri e mille altri oggetti galleggiavano sulla superficie torbida di fango e detriti. La gente pescava in quelle acque. Cercava come meglio poteva di mettere in salvo le poche povere cose e lasciava le case per cercare scampo nella parte alta della città. Ovunque si crearono disordini e saccheggi. Scene terrificanti e bizzarre,  davanti  a    cui la gente fuggiva atterrita. Come quella di una grande statua del dio Sobek spinta dalla corrente, che seminava il panico galleggiando eretta e facendo piroette, come se a sostenerla ci fossero mani invisibili. Solo quando si scontrò con un grosso masso finì per affondare.

La gente faceva catene con le braccia per aiutarsi. Alcuni mettevano a disposizione chiatte, barche e ogni altro mezzo galleggiante; altri offrivano cibo e acqua a chi non n’aveva o ne aveva perduto. Templi e Palazzi avevano aperto i battenti alla folla affamata. Djoser e il Ratto, facevano parte di quella catena di umana solidarietà: due anelli tenaci e forti.

(continua)
brano tratto da.  "DJOSER e lo Scettro di Anubi"  di Maria Pace  -

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