LA PANTOFOLINA DORATA

LA PANTOFOLINA DORATA


Nei tempi dei tempi che furono,  giunse al mercato degli schiavi della città di  Tebe, in Egitto, una bellissima fanciulla di nome Rhodope. Veniva dalla lontana Tracia dove, alla morte del padre, la matrigna cattiva l'aveva venduta ad un mercante di schiavi.
Rhodope era davvero molto bella, occhi neri sfavillanti  come lucernai,    labbra che ricordavano il colore dei fiori del melograno, capelli lunghi, biondi e morbidi che luccicavano così tanto da sembrare bagnati. Di tanta bellezza, però, era  la pelle levigata,  candida e  con le guance  appena rosate il massimo pregio.
Guance-di-rosa la battezzò il suo padrone, Pahor lo Scriba Reale,  appena la vide.
Pahor era un uomo molto colto e raffinato, un po' avanti negli anni e gli piaceva trascorrere il tempo libero in compagnia della bella schiava e Guance-di-rosa era felice di ascoltare i suoi racconti che narravano di antiche Regine e Principesse, che di notte andavano a popolare   i suoi sogni.
Questa simpatia e preferenza nei suoi confronti da parte del padrone, però, attirò sulla bella Rhodope le invidie e le gelosie delle altre donne della casa. Dall'invidia alla cattiveria il passo fu breve e così cominciarono tutte a trattarla male e ad affidarle  i lavori più gravosi,  ingrati ed umili che finirono per tenerla sempre più lontano dalle piacevoli conversazioni con il padrone.
Dal canto suo, il vecchio Pahor era così preso dal proprio lavoro e dagli impegni che lo chiamavano a corte, da non avvedersi della infelice situazione della ragazza.
La bella Rhodope, però, aveva una grande passione che era anche una consolazione a tutti i suoi crucci ed alle malinconie: amava danzare.
Ogni notte al chiar di luna, quando nessuno la vedeva,  correva nel padiglione che Pahor aveva fatto costruire nel bellissimo giardino in riva al Nilo e danzava... danzava...  danzava lieve e leggera come una farfalla, dimenticando tutti i suoi guai.

Una sera, tornando a casa a notte fonda dal Palazzo del Faraone, Pahor la sorprese a danzare e ne rimase affascinato. Restò a lungo ad ammirarla, così piena di grazia e bellezza,  prima di avvicinarsi.
Sorpresa ed intimidita, Guance-di-rose fece l'atto di fuggire, ma il padrone la fermò.
"Dove hai imparato a danzare con la grazia di Kabeut, la  Dea-Freschezza, figlia di Anubi,  Signore della Duat, il Mondo-di-Sotto?" domandò.
"Nella mia terra lontana, -rispose la ragazza - prima che la seconda moglie di mio padre  mi conducesse al mercato degli schiavi."
"E perché non ti ho mai visto danzare prima?"
"Perché sono una schiava e non una danzatrice, signore." rispose lei con accento schivo.
"Da oggi voglio che tu rallegri il mio tempo libero con la tua danza e non solo al chiaro di luna, per la gioia di Thot,  ma anche alla luce del sole, per la gioia di Horo." disse il vecchio Pahor  e le fece dono delle babbucce più belle e preziose che si fossero mai viste, opera degli artigiani di corte. Erano scarpette davvero bellissime. Delicate e preziose. Di papiro laccato d'oro.

La gelosia e il malanimo delle altre donne della casa nei confronti della bella Rhodope, però,  
si inasprì assai e Guance-di-rose si  ritrovò sempre più emarginata, maltrattata e relegata negli angoli più  bui e solitari della casa.
Lei, però, si consolava con la sua danza e un giorno, dopo aver  a lungo danzato,  lavò le babbucce dorate e le stese al  sole ad asiugare. Seduta sull'erba  all'ombra di un albero frondoso,  seguiva il volo degli uccelli che nidificavano sulle cime piumate delle palme.
Un falco attirò la sua attenzione.
Era splendido, lo sguardo era nobile  e il suo volo era una  coreografia  di movimenti regali, quasi una danza e lei osservava con stupefatta ammirazione quelle  eleganti acrobazie fino a che non lo vide, in picchiata improvvisa ed imprevista, puntare su una delle sue babbucce e staccarne una con le zampe. Poi  lo vide  risalire i  volo nel cielo e portarsela via con sè.
Inutilmente Guance-di-rose  lo richiamò, lo splendido animale  era già un puntino luminoso nel cielo.

Guance-di-rosa, però, non sapeva che quello non era un falco qualsiasi, ma che si trattava di Horo, il Falco-Divino, amico e protettore del Faraone, un giovane bello ma sempre triste.
Fu a lui che il Falco-Divino portò  la Babbuccia Dorata e quando il Faraone l'ebbe fra le mani, la sua tristezza svanì di colpo, sostituita da un grande desiderio: trovare la fanciulla dal piedino tanto grazioso da poter calzare quella babbuccia.
Per giorni e giorni la fece cercare in ogni angolo del suo vasto Regno, ma della misteriosa fanciulla non v'era alcuna traccia.
Il Falco-Divino, che si guardò bene dal riferire il nome della bella Guance-di-rose o indicare la casa dove  viveva, una notte andò in sogno al Faraone e gli suggerì di dare una grande festa a cui invitare tutte le ragazze del Regno e far provare loro la preziosa scarpina.

Musiche, danze  e luci, a Palazzo Reale, accoglievano tutte le fanciulle del Regno che, con gli abiti più belli e sfavillanti, si presentavano alla festa per provare la babbuccia dorata nella speranza di infilarvi il proprio piede.
Nessuna. Proprio nessuna riuscì ad infilare il piede nella preziosa scarpina: troppo lungo, troppo largo, troppo grande... nessun piede riuscì a calzarla.
Il Faraone fu riassalito dalla tristezza e dalla malinconia.
"Dov'é la fanciulla con l'altra babbuccia dorata?"
"Perché la misteriosa  fanciulla  non é venuta alla festa come tutte le altre ragazze?" chiedeva ai cortigiani, ma nessuno sapeva dargli la risposta giusta .

Il Faraone, però, non poteva sapere che le altre donne della casa dello scriba reale Pahor avevano trattenuto La povera Rhodope in casa costringendola a tirare a lucido la cucina per impedirle di partecipare alla festa.
Il Faraone era sempre più trite e malinconico, ma anche Guance-di-rose  lo era, poiché non poteva danzare con una sola babbuccia.
Ancora una volta il Falco-Divino,  mosso a pietà,  volò in sogno al Faraone e gli suggerì:
"Se la fanciulla misteriosa non è venuta da Sua Maestà, sia Sua Maestà ad andare dalla misteriosa fanciulla."
Con il suo splendido cavallo bianco, soldati e cortigiani, il Faraone si mise in viaggio; attraversò tutto l'Egitto alla ricerca della misteriosa fanciulla.
Cammina... cammina, lungo le rive del Nilo arruffato di giunchi e papiri, rallegrato da isolotti ricoperti di loto e mimose, Sua Maestà aveva ormai quasi perso ogni speranza.  
Si ritrovò quasi per caso nella  residenza del suo scriba Pahor, a poche decine di metri dal Palazzo Reale.
Dopo un inutile tentativo delle donne di casa di tenere nascosta la bella Rhodope nelle fumose cucine e dopo l'intervento  del Falco-Divino che suggerì di chiamare proprio tutte le ragazze presenti in quella casa, finalmente Guance-di-rose si presentò al Faraone.
Il suo piedino, naturalmente, calzò alla perfezione la preziosa scarpina dorata.
Il Falco Divino la invitò a calzare anche l'altra e poco dopo, Guance-di-rose danzava per il Faraone, felice d'aver trovato la misteriosa fanciulla che portò a Palazzo per farne la sua sposa.


Non assomiglia  tanto alla favola moderna di  CENERENTOLA... scritta, però, molto, ma molto più tardi?
Per la cronaca: nella storia dell'Antico Egitto e precisamente nel VI a.C.  ci fu davvero un Faraone che sposò una schiava: il suo nome era Amasis e quello della  schiava era prorpio Rhodope.