Ciò che apparve, dopo più di quattro giorni di scavi, sottratta alla millenaria prigionia di sabbia, era chiaramente la base di una colonna e una gran frenesia, una crescente tensione invase il campo. Si continuò a scavare, con precauzione ed accortezza e con l’orgoglio della scoperta che dava vigore alle teorie.
La brezza del deserto, leggera ma persistente, riaccumulava la sabbia spalata ed ostacolava i movimenti, ma, dopo altri quattro giorni e quattro notti di lavoro intenso, la colonna fu interamente liberata.
Una seconda colonna, due metri più a destra, venne alla luce al sesto giorno: entrambe reggevano un portico sormontato da una piccola piramide sulla cui cuspide era incisa una figura femminile in atto di adorazione davanti ad una Divinità. Quando l’intera area sottostante il portico fu liberata dall’ultima coltre di polvere, apparve una porta recante iscrizioni.
Zittirono tutti al cospetto di quel silenzioso testimone del respiro del mondo antico, come diceva Hammad, poi Alessandro decifrò un nome: Nefer.
Studiosi ed esperti, nei giorni che seguirono, giunsero da ogni parte del mondo, nonché giornalisti e fotografi. Tempestivamente inviati dsl Museo de Il Cairo, giunsero anche l’Ispettore alle Antichità, il Direttore della Sezione Operativa, quello della Sezione di Chimica ed uno studioso di Storia Antica.
Le operazioni ripresero.
La porta, nella quale venne praticata un’apertura, dava accesso ad una cappella scavata nella roccia.
Un soffio d’aria torrida ed umida, irrespirabile, investì Alessandro, il primo uomo a mettere piede in un luogo dove, per una breve eternità, avevano regnato silenzio e immobilità. Gli altri lo seguirono, facendo attenzione a non inciampare nelle pietre sporgenti dal pavimento terroso.
La luce delle torce elettriche attraversò le tenebre millenarie ed illuminò un piccolo ambiente quadrangolare con soffitto a volta e pavimento in pendio; due colonne, in fondo alla stanza, reggevano una seconda porta dai sigilli rotti e sparsi per terra. Appoggiata ad una parete videro una stele in arenaria raffigurante Sobek, il Coccodrillo Sacro. Il registro inferiore recava la seguente scritta:
“Che il coccodrillo nell’acqua
e la serpe in terra
siano contro colui
che farà oltraggio alla mia dimora
perché io, Nefer,
non ho fatto nulla contro di lui.”
Omar, il fotografo, cominciò a scattare fotografie, ma Hammad non seppe trattenere un’esclamazione di disappunto:
“Per la Collera di Allah! – esclamò - I sigilli sono spezzati. Questa tomba è stata violata.”
“Per la Miseria… qualcuno è arrivato prima di noi.” anche Alessandro imprecò.
“Significa che possono aver portato via il tesoro chiuso in questo sepolcro?” chiese Isabella aggrottando la fronte.
“Questi sono frammenti di sigilli reali – spiegò Hammad - e testimoniano la presenza di una ricca tomba, ma… sarebbe una fortuna, che questa tomba non fosse già stata visitata dai saccheggiatori.”
“Già! – convenne il professore – Trabocchetti e formule magiche non hanno tenuto lontano i profanatori nemmeno in epoca più antica.”
“Troveremo qualche sorpresa dietro quella porta? – domandò Isabella, poi – Uffa, che caldo! Si soffoca, qui dentro.”
L’aria era davvero soffocante, là sotto. La sabbia e la polvere cadute dal soffitto ed accumulate sul pavimento, si sollevavano al passaggio e un odore venefico penetrava nelle narici.
Spinsero la porta e si trovarono in cima ad una scala che sprofondava nella montagna. Lungo i gradini, quattordici ne contò Alì, ebbero una macabra sorpresa: uno scheletro ed un moschetto.
“Ecco chi ci ha preceduto… ”
Alessandro sollevò la torcia ed illuminò i pietosi resti: l’uomo aveva il collo spezzato.
“Devono averlo colpito con tale violenza da impedirgli ogni reazione.” osservò Hammad.
I gradini portavano ad una terza porta; anche questa con sigilli spezzati.
L’aprirono ed entrarono in un vasto ambiente. Sparse per terra, c’erano ghirlande di fiori e foglie: loto, papiro, sedano e sicomoro.
Isabella ne raccolse una e si sentì improvvisamente colpire da un profondo, inspiegabile turbamento e quasi non sentì l’esclamazione di stupore di Hammad:
“Allah di Misericordia!”
Contro la parete di fondo, alla destra di una quarta porta chiusa e sigillata, cosa che faceva ben sperare, l’uomo aveva visto una statua di legno e vi aveva accostato la sua torcia.
Ombre nelle ombre, gli altri lo raggiunsero immediatamente, tendendo in avanti le loro torce; le luci strapparono inquietanti bagliori agli occhi di opaco quarzo grigio del simulacro.
“Santo Cielo! – anche Alessandro era assai impressionato – Sembra vivo.”
Altre esclamazioni di profondo stupore commentarono quell’incontro. Erano tutti come storditi; immobili di fronte a quella statua che pareva fissarli silenziosa, ma minacciosa.
L’aspetto selvaggio, la folta capigliatura trattenuta da un cordino legato sulla nuca, le straordinarie proporzioni fisiche, portavano alla mente immagini di antichi guerrieri.
“Straordinario!” continuavano a ripetere, al cospetto di tanta perfezione tecnica e piacevolezza rappresentativa.
“E’ la tomba di un principe?” anche Isabella s’era avvicinata.
“Non penso. – rispose il fratello – Sul sigillo c’era un nome di donna. Se dietro questa porta c’è un sarcofago, sono certo che accoglierà le spoglie di una principessa.”
“Ma questa… questa non è una statua funeraria.” insistette Isabella.
“E’ vero! – assentì Alessandro – Il braccio proteso in avanti, l’atteggiamento… Sembra sul punto di lanciarsi in avanti verso qualcosa…”
“… o qualcuno.” gli fece eco Alì.
“Verso un intruso. – interloquì Hammad – Verso il profanatore di questa tomba. Il braccio teso è pronto a sbarrare il passo oltre quella porta… a protezione di quella porta.”
“Guardate la sua mano… stringe qualcosa.” fece osservare Isabella.
Guardarono.
In una mano, la statua misteriosa stringeva un sacchetto di lino, nell’altra reggeva un coccio di terracotta recante alcune incisioni sulla superficie; una scritta che il professore andò decifrando:
“Io, Osor, Guardiano della Soglia,
respingo col tocco della Morte Incognita
della mia mano,
chiunque profani questa dimora.
Sono io, Osor.”
“Che cosa ci sarà in quel sacchetto?” domandò Isabella tendendo una mano.
Il gesto fece fluttuare l’aria intorno alla statua; la ragazza ammutolì e ritrasse il braccio. Il suo sguardo, però, andò intorno errante ed esitante e finì per perdersi in quello, misterioso e vitreo, del simulacro.
Il sangue retrocesse e un profondo pallore le si stemperò sul bel volto.
“”Co… cosa ci sarà qui dentro?” balbettò meccanicamente; quasi un’eco dei pensieri smarriti.
“Lo scopriremo presto. – rispose Alessandro – Analizzeremo il contenuto di questo sacchetto e lo catalogheremo come ogni altro oggetto.”