Mastro Gastaldo, che tra gli altri compiti relativi all’amministrazione della Giustizia di competenza della Castellania, svolgeva anche l’ufficio di carceriere e carnefice, era già pronto con un nerbo di bue in mano.
“Lascia. Non voglio privarmi di questo piacere.” sibilò il conte strappandogli il nerbo dalle mani.
L’uomo cominciò subito a colpire, una, due, tre volte, con la furia cieca di chi non possiede più il governo delle proprie azioni ed emozioni e le fiamme del tripode, ben presto, strapparono dolorosi bagliori agli occhi dello sfortunato ragazzo e lampi di soddisfazione in quelli del vecchio Castaldo.
Soprattutto a quelli del cugino Alfonso, in verità, che continuava a toccarsi il braccio dolorante, che il ragazzo gli aveva serrato nella mano come in un guanto di ferro.
Il sibilo del nerbo continuava ad attraversare l’aria e lacerarla.
Raniero lo sentiva ruggire, mentre stoccheggiava: così veloce da coprire ogni altro suono. Chiuse gli occhi.
Il dolore, quando si abbatteva sulla pelle e sulla carne già esposta, andava espandendosi attraverso ossa, nervi, sangue e raggiungeva il cervello. Ripartiva, dopo, per passare attraverso le vene, il cuore e raggiungere le viscere, che parevano ribollire.
La vista gli si offuscò, al quinto o sesto colpo, e così i sensi. La lacerazione della carne e dello spirito, cominciarono pian piano ad affievolire i suoi lamenti, fino a spegnerli del tutto.
Prima di sprofondare nel nulla, però, gli parve di vedere un’ombra occupare interamente la soglia del lugubre ambiente con la sua figura: un’ombra ammantellata di nero, incappucciata e con sulla scheletrica faccia, due orbite vuote.
Spaventevoli.
Quelle orbite erano fisse sulla sua faccia sofferente e dal loro “vuoto”, partivano due strali rosso incandescente, che andavano ad infrangersi contro l’enorme falcia d’argento brandita con entrambe le scheletriche braccia.
“No! – Raniero sollevò il capo, cercando disperatamente di trattenere gli ultimi brandelli di forza e coscienza - Torna da dove sei arrivata. Il mio tempo non è ancora stato stabilito… Non è ancora giunta la mi ora… Vai… Vai lontano da qui… “
“Lo sentite, ah.ah.ah… messere? – il vecchio Gastaldo rise, passandosi una mano lercia sulla bocca – Sta certamente discorrendo con Comare Secca… che dev’essere qui intorno con la sua grossa falce, ah.ah.ah…”
“Non così in fretta, padre. – interloquì Alfonso alle spalle del conte, facendosi di lato per evitare il ritorno della frusta – Non vorrete già consegnarlo a Comare secca? Non possiamo, padre…”