Cap. III Spaccamontagne

Cap.  III   Spaccamontagne

Le stelle andavano impallidendo, inghiottite da un chiarore incerto; la notte agonizzava.
Raniero aveva lasciato il castello. Fra le molte  sensazioni che lo accompagnavano, la più profonda, stranamente, non era di distacco, rabbia o dolore, ma qualcosa di più profondo, come se si sentisse inseguito: fuggiva, ma portava con sé il passato.
Sopra la testa, un quarto di luna stava annegando negli albori del mattino; intorno a lui il vuoto della campagna era profondo come la sua solitudine e l’orizzonte gli fuggiva davanti. Ogni tanto si girava: il castello, arroccato sulla colline, gli appariva come un nido di avvoltoi e la casa dove era nato, gli pareva divenuta nemica, così simile ad una bestia in agguato.
Distolse lo sguardo e spronò il cavallo.
Il bosco stormiva intorno a lui e la primavera aveva sparso d’intorno rami fioriti, rondini e cicogne, profumi e suoni ma il suo cuore era sordo; neppure il pensiero di Letizia riusciva a consolarlo.
Sentì un leggero rumore e tese l’orecchio:
“Il canto di un gruppo di cicogne - pensò - venute a nidificare in qualche canneto, qui vicino.”
Nuovamente quel rumore, più distinto e vicino. Scrutò nella penombra, ma non riuscì a vedere che ombre screziate di nero. Nulla. Non per questo, però, se ne sentì rassicurato: conosceva bene la foresta, le sue leggi ed i suoi pericoli e non si meravigliò quando due ombre sgusciarono da dietro un albero e gli attraversarono la strada facendo quasi impennare il cavallo.
“Siamo pellegrini.- disse uno dei due, senza preamboli - E stanchi del viaggio.”
Il luccichio delle cornee, negli occhi del “pellegrino” e il volto incappucciato, gli suggerì cautela.
“Sono pellegrino anch’io.” rispose, appena ripreso il governo sull’animale.
“Perché non fare la strada insieme, allora? In questi luoghi circolano tipi poco raccomandabili in cerca di borse.” replicò quello, accostandosi al cavallo fino a prenderne le redini ed a tenerle ben salde in mano.
“La mia borsa non è abbastanza gonfia per i tipi cui accennate voi, messere, e, ad ogni modo, porto sempre un pugnale accanto alla borsa, anche quando è completamente vuota.”
Cappellaccio in testa, in maniche di camicia, nonostante l’aria fresca, l’altro lo guardava con espressione irresistibilmente ironica; i compagni, alle sue spalle, sghignazzavano.
“Siete uno strano pellegrino!” disse quello.
“Siete strani anche voi, come pellegrini” replicò Raniero.
“Sarà che né noi e neppure voi, ah.ah.ah… siamo pellegrini... Nevvero, signore?” ridacchiò quello, gesticolando furiosamente e dandosi  gran manate sulla testa per tenersi il cappellaccio.
“Se fossi un signore avrei già frustato la tua bocca insolente. – ribatté Raniero - Per tua fortuna sono soltanto un contadino.”
“E noi siamo soltanto briganti, ah,ah,ah...” sghignazzò apertamente il bandito, trascinandosi dietro anche la risata del compare e, prima che il ragazzo potesse tentare un via di fuga, lo buttò giù di sella.
Raniero si rialzò, ma fu ben presto circondato da una mezza dozzina di altri pendagli da forca sbucati, come d’incanto, da dietro gli alberi,
Il ragazzo si guardò intorno: la faccenda si faceva complicata e bisognava trovare immediatamente una scappatoia per non uscirne con le ossa più rotte di quanto non lo fossero già.

Madonna Francesca aveva ragione quando gli diceva che si portava dentro risorse inimmaginabili; cresciuto alla scuola della sopravvivenza, egli si portava dietro l’ingegnosità del naufrago, che sa di poter contare solamente su se stesso.
Attaccò per primo, ma non con la spada.
“Sette contro uno? – li sfidò - Non credevo di valere tanto... ma forse sei tu, bella fanciulla, che non vali molto… Or dunque, mie dolci donzelle, chi vuole aprire le danze? Tu, monna Grazia o tu, monna Beltà? O forse tu, madonna Timidezza?... Oppure gradite un madrigale, mie vezzose...”
“Per la Coda di Satanasso!- sbottò il bandito che per primo l’aveva fermato - Nessuno ha mai dato della “donzella” a Spaccamontagne.” ringhiò, facendosi avanti minaccioso.
Era un giovane sui venticinque anni. Aspetto rude, quasi barbaro, proporzioni fisiche straordinarie e potente muscolatura sotto la pelle bruna; la luce pallida del crepuscolo del mattino inondava il suo volto dai contorni energici e dall’espressione ostinata, tipica dei contadini dell’interno della Lombardia.
In fondo alle braccia, la natura gli aveva posto due tenaglie poderose, che puntarono contro il ragazzo, minacciose ed armate di pugnale.
“Perché? – continuò a stuzzicarlo il ragazzo – Non sei una bella fanciulla in cerca di emozioni?”
“Fatti sotto, moscardino.” disse.
Era arrabbiatissimo.
“Uno contro sette! - ripeté Raniero - Sei davvero coraggioso, Spaccamontagne. Spaccamontagne? Ah,ah,ah... Saprei io come chiamarti!”
“Huhhhuu!- grugnì quello - E’ solo con me che dovrai batterti. E ti giuro che...” aggiunse facendo fremere le narici; le sopracciglia, congiunte sopra il naso aquilino che gli dominava la faccia,  erano aggrottate e minacciose.
“Uhhh! … - fece Raniero – Vediamo cosa sai fare.”
“Per le corna di Belzebù! – sbottò il bandito – Ti aprirò la pancia e butterò via le budella!”
I banditi circondarono i due contendenti con un accesissimo tifo per il loro compagno, fatto di lazzi, bestemmie e grida scomposte.
Raniero si preparò a sostenere l’attacco, ma, d’un tratto, un ghigno glaciale gli piovve addosso

                                               

dall’alto di un ramo dell’albero alla sua sinistra: un ghigno rumoroso più di ogni altro suono.
Raniero sollevò il capo e “la” vide, appollaiata fra i rami.
Era sepolta entro il suo mantello dal nero indefinibile, le mascelle digrignanti e le orbite vuote nel teschio: La Morte!

Agghiacciante e terrorizzante così come gli era apparsa solo poche ore prima, sotto la sferza del boia, nelle segrete del Castello Pisano.
Il barbaglio del primo sole strappava cupi bagliori alla sinistra falce brandita dalla mano scheletrica, proprio come avevano fatte le fiamme della fornace.
Raniero ammutolì.
Di sorpresa, più che di paura: non era ancora tempo, per “Madonna Secca”, di riscuotere il suo avere! Non ancora! I giorni della vendetta erano lontani e la sua presenza, lugubre, silenziosa e tetra, non era in conto.
“Che ci fai qui? – scandì a denti stretti, puntando verso l’alto il nodoso bastone che l’avversario gli aveva consentito di raccogliere da terra – Sei così ansiosa di mietere le tue vittime da non rispettare i Patti? O vuoi soltanto spaventarmi e mi segui come la mia ombra?”
“Ehi, moscardino, con chi stai cianciando? - lo sollecitò il bandito, sollevando anch’egli lo sguardo verso la chioma frondosa dell’albero - Ti sei fatto bianco come un cencio. Hai paura, eh?...” aggiunse prendendo posizione: braccia tese, testa china e gambe divaricate.
“Attento capo… Questa pulce… ah.ah.ah… - sghignazzò qualcuno alle spalle del ragazzo – sta tentando di confonderti… “
“… già! – esordì un’altra voce – Cerca di distrarti per poi colpirti.”
“Così crede lui! – fece il bandito -  Cosa aspetti, moscardino? Hai paura? Quel bastone non ti basta? Vuoi anche il mio… Fatti sotto, allora e vieni a  prenderlo… ah.ah.ah…” continuava a sbeffeggiarlo, accompagnato da un coro di sghignazzate
 

Perfettamente consapevole della precarietà di quella posizione, turbato dalla terrorizzante visione e ancora debole per le frustate, Raniero pensò a come uscirne tutto intero da quella situazione.
Sorprendere l’avversario, pensò, e disorientarlo con qualche espediente.
Per prima cosa, lasciò andare il bastone.
“Ha del fegato, però, il moscardino!”
Una voce alle sue spalle, subito seguita a un’altra:
“Fegato, sì…. ma poco cervello, se spera di atterrare il capo a mani nude.”
Disorientato, il bandito ebbe un attimo di esitazione. Ignaro di favorire una situazione che cominciava a prendere la piega delle intenzioni dell’avversario, lasciò andare anch’egli la sua arma, un pugnale dall’affilatissima lama.
Fece anch’egli l’atto di cogliere da terra un grosso bastone, ma poi lasciò andare anche quello e si fece avanti a mani nude.
“Adesso basta! – Raniero sentì la sua voce, tra il divertito e il risentito, alzarsi di tono; lo sentì tirar sù con il naso e lo vide avanzare di qualche passo – Una lezione a questo sbarbatello e poi filiamo via di qua.”

Quando il bandito gli fu a meno di un metro di distanza, puntò le mani sulle sue spalle e con un salto acrobatico, come vedeva fare ai soldati nel cortile del castello, gli saltò alle spalle, gli afferrò un braccio e glielo torse dietro la schiena poi, con una ginocchiata all’altezza delle reni, lo mandò a terra e gli fu sopra.
Tutto si era svolto nel giro pochi attimi.
Sorpreso, il bandito lasciò andare il pugnale.
“Hai vinto. –disse – Come tu ci sia riuscito proprio non lo so… Ora che cosa intendi fare?”
Raniero non rispose. Lasciò la presa, raccolse da terra il pugnale e lo tese all’avversario; l’altro lo prese e lo guardò con profondo stupore.
“Perché non mi uccidi?- domandò – Io l’avrei fatto.”
“Ucciderti? E perché mai? Io non ho nulla contro di te. rispose il ragazzo e si accostò al cavallo.
“Tu non sei un contadino. Prendimi al tuo servizio.” lo sorprese il brigante; Raniero ebbe un sorriso:
“E cosa potrei offrirti? – replicò. Sollevò il capo verso l’albero, ma Madonna Secca non c’era più; l’aria, però, era ancora satura del suo soffio gelido – Non sono padrone neppure della mia vita e tanto meno del mio destino.”
“E chi, fra gli uomini è padrone del proprio destino e della propria vita? – filosofò l’aitante giovanotto di professione brigante. Forse per necessità di vita – Tu non sei un contadino ed io non sono un brigante.”
Fu così che Raniero ebbe un amico.