Cap. V - prima parte

Cap.  V  -  prima parte

"Muoviti con gli animali, armati per la razzia, ma prendi solo quello che ti serve" - proverbio beduino


Un gruppo di pastori si accostò a Sahab, il mattino di alcuni giorni dopo. Erano una mezza dozzina; le abayah,  i tradizionali mantelli, spiccavano sulla sabbia, bianchi e grigi. Giunti al limitare dell’oasi, il più anziano si fece avanti in compagnia di un giovane e chiese di parlare con lo sceicco.
Harith li accolse sotto la sua tenda.
“In che cosa possiamo esservi utili?” domandò, appena li ebbe fatti accomodare sulla stuoia.
Il vecchio pareva timidito dalla presenza del rais
“Io lo conosco.” disse, indicandolo con una mano puntata.
“Certo che lo conosci! – fece Harith – Chi non conosce Rashid di Ar-Rimal?”
“Sei proprio Rashid, il rais dei Kinda? – anche il giovane pastore appariva impressionato da quella presenza. – Sei proprio Rashid, colui che chiamano il Leone di Ar-Rimal?”
Rashid ebbe un sorriso e scosse il capo.
“In persona! – rispose per lui Harith – Benché egli sia l’uomo più temibile del deserto, non comprendo i vostri timori.”
“La nostra gente si è ribellata. – disse tutto d’un fiato il vecchio – ed io temo per la sua sorte.”
“Chi è la tua gente, vecchio?” domandò Harith; Rashid ascoltava e taceva, ma lasciò correre uno sguardo d’intesa con il suo sceicco quando l’uomo spiegò:
“La tribù dei Kaza, è la mia gente. - poi aggiunse, indicando il suo seguito – Io e la mia famiglia siamo stati espulsi dal figlio di Feysal abu Ben.”
“Espulso? Per quale colpa?”
“Colpa grave agli occhi di Ben, troppo giovane ed ambizioso per essere anche saggio.”
“Non hai detto di quale è  colpasiete accusati.” incalzò Harith.
“Un asino di troppo e il ciel brontola con la sabbia! – continuò il vecchio che, come tutta la sua gente, amava far uso ed abuso di parole e soprattutto proverbi, poi spiegò – Il giovane Ben non ascolta più i saggi consigli e preferisce seguire quelli di chi gli suggerisce di arricchirsi sfidando il più forte invece che chiederne la protezione.”
“Spiegati meglio, vecchio.” incalzò Harith.
“Il capo della mia tribù, il giovane e sprovveduto Ben, figlio di Feysal, ha preso la poco avveduta decisione di sottrarsi alla protezione dei Kinda e di allontanare quanti non erano del suo stesso parere.”
“E’ la sola ragione della vostra espulsione?”
“L’unica e sola ragione!”
“Allora non c’è nulla su cui discutere. – interloquì a questo punto in tono deciso Rashid – Lo sceicco di Sahab ospiterà te e la tua gente.”
“Allah vi ricompenserà.” il vecchio fece un cenno alla piccola folla in attesa, almeno cinque uomini, che si precipitò immediatamente in avanti; anche il giovane che era con lui avanzò di qualche passo.
“Siamo partiti spogliati di ogni bene – disse - ed eccoci, invece, qui, sotto la protezione del grande Rashid e… se saremo fortunati, potremo anche conoscere la pupilla del sultano di Doha… la principessa Jasmine..”
“Che cosa vuoi dire? – domandò in tono sospettoso Rashid, facendo convergere lo sguardo temporalesco  sulla faccia dall’espressione enigmatica del giovane pastore, che rispose:
“Il deserto è vasto, ma la sua voce è rapida come il vento.”
“Che cosa vuoi dire?” incalzò con maggior durezza Rashid.
“Che la dolce principessa Jasmine, da tutti pianta morta dopo la scomparsa dalla reggia di Doha, si trovi qui, nell’oasi di Sahab, protetta dal grande Rashid dei Kinda.”
Rashid fece l’atto di replicare, ma si trattenne; fu Harith ad intervenire:
“Andate. – disse - Amud vi indicherà la vostra sistemazione.”
Amud, un giovane beduino accorso alla voce del capo,  si allontanò con gli ospiti.

“Che cosa ne pensi?” domandò Rashid, rimasto da solo con l’amico.
“Sapremo al ritorno di sir Rirchard e Ibrahim quanto di vero ci sia nel loro racconto. Nel frattempo, li faremo sorvegliare e – una breve pausa, poi – chiederemo anche a Selima… anche lei appartiene alla tribù dei Kaza.”

"Sì! Aspetteremo. Adesso raggiungiamo Akim e gli altri... "
 

Lasciata la tenda, poco più tardi,  a lunghi passi i due giovani beduini si accostarono alla piccola moltitudine silenziosa e rispettosa che costituiva il pubblico di Akim il quale stava esibendosi in uno dei sue mirabolanti, quotidiani giochi di magia; uno di  loro gli faceva da aiutante e lo chiamava  Maestro.
Allineati su un panca appoggiata al basamento della Fontana del Fico, c’era una quantità svariata di oggetti: corde, pietre, foglie di palma, una ciotola piena di  sabbia, una lucertola ed altri oggetti ancora. Gli spettatori, uomini, donne e ragazzi, seguivano attenti ogni gesto, pronti ad applaudire.
Il piccolo mago e il suo assistente indossavano lunghe tuniche gialle riccamente bordate di una fascia rossa ricamata in oro;  appoggiata alla tunica ostentavano un ricco mantello azzurro trattenuto da borchie dorate   e dai turbanti pendevano due grosse gocce  di luccicanti pietre: queste erano dono di Rashid mentre il magico e fatale costume era opera delle ragazze: “Per impressionare il pubblico.” aveva detto sorridendo Letizia.
Rashid cercò tra la piccola folla la figura di Jasmine.
La principessa era in prima fila, bellissima, i neri capelli sciolti sulle spalle e divisi sulla fronte da una gigantesca perla nera che egli stesso le aveva regalato e che proveniva dalle acque del Golfo Arabico; spiccava sul mantello di finissimo lino bianco in tutta la sua preziosità..
Rashid la guardava con un sorriso, intenerito da quel suo vezzo, retaggio infantile, di tenersi l’indice destro poggiato sulle labbra; i begli occhi verdi, che ammaliavano tutti, seguivano come ipnotizzati i gesti del piccolo mago.
Accanto a lei Zaira seguiva con la stessa attenzione le acrobazie di Akim; anche lei bella e  splendente di gioielli come un luccicante, grazioso idolo.
“Attenzione! Attenzione! – la voce di Abdul, il minuscolo ma solerte assistente, attrasse l’attenzione del rais  – Uno spettacolo straordinario. Attenzione! – declamava il piccolo, accompagnando le parole con una mimica ed una gestualità degna di un consumato commediante ed agitando una robusta corda tra le piccole mani brune e sporche di terra o di chissà cos’altro – Chi vuole legare mani e piedi al Maestro?”
Intanto il maestro cercava di acquietare la gazzella spaurita e timida di Jasmine, che doveva far parte di qualche numero speciale di magia.
“Si faccia avanti il più forte di voi per legare il Maestro – continuava Abdul – Avanti. Senza timori.”

Qualcuno si fece avanti e Rashid riconobbe il giovane pastore Kaza venuto a chiedere asilo e che tante domande aveva fatto su Jasmine.
“lo legherò io. – lo sentì dire – Legherò io il Maestro e posso garantire che non sarà in grado di sciogliersi più... ah.ah.ah… “ rideva, scioccamente, mentre si avvicinava ad Akim.
Akim gli porse la corda; il pastore la raccolse e se la girò e rigirò per qualche attimo fra le mani, poi la fece serpeggiare nell’aria.
“Sei  pronto?” domandò, mentre un lampo di ottuso sadismo gli attraversava lo sguardo.
Akim rispose  con un cenno affermativo del capo e quello cominciò a legarlo: prima le braccia tese in avanti, poi le spalle e il busto – E adesso vedremo che cosa sai fare… Maestro” aggiunse con insostenibile ironia.
“Tutto qui? – replicò Akim con lo stesso sarcasmo, poi intimò – Non sai fare di meglio? Il caldo ti ha rattrappito le braccia, ragazzo? – poi, rivolto al suo assistente, Akim ordinò – Prendi l’altra corda, Apprendista e mostra a questo sempliciotto che cosa deve fare.”
“Un momento! Lasciate fare a me. – la voce di Rashid, in fondo alla platea, attirò l’attenzione e l’entusiasmo di tutti -  Ti legherò io, Akim.”
“Insieme alla gazzella, Rashid. – precisò il piccolo mago – E  non ti risparmiare,amico!”
“Sta tranquillo, Maestro. Quando ti avrò legato, sembrerai una di  quelle mummie di cui parlava il professor Marco..  ricordi?”
“Certo che ricordo.”
Akim si lasciò legare senza batter ciglio e invitò il rais a legargli alla vita il collo della gazzella che continuava a mandare strazianti belati, dopo di che, Rashid lo aiutò ad entrare nella piccola tenda alle sue spalle, richiudendo il telone che fungeva da entrata.
Un solo secondo di attesa, poi il solerte Abdul risollevò il lembo mostrando all’esterrefatto pubblico la strabiliante sostituzione della piccola e graziosa gazzella con la possente figura della tigre di Zaira,  maculata e sinuosa.
Un forte ruggito agghiacciò la platea.
La pantera sollevò la testa e spalancò le fauci mettendo in mostra, con ostentazione, la formidabile dentatura, potente ogni oltre limite di necessità.
“Ecco a voi Kasha!” esclamò tutto soddisfatto Abdul, ma un secondo e più potente ruggito, fece prudentemente arretrare il minuscolo assitente… e non soltanto lui.
“Slegala, Rashid. – suggerì Akim – Kasha non è abituata alla catena.”
Rashid s’affrettò a sciogliere i nodi che legavano lo stupendo esemplare di pantera, una delle due sopravvissute alla madre, diversi mesi prima ed allevata dalle cure di Zaira.
Qualcosa di  imprevisto, però accadde a quel punto: per la prima volta, Kasha attaccò. Con un balzo improvviso si avventò sul giovane pastore in piedi accanto ad Akim e l’atterrò, trascinandolo con sé e rotolandosi per terra con lui.