Cap. VII - seconda parte

Cap.  VII  -  seconda parte
Zaira, bellissima ed armoniosa nel suo sari di seta color indaco, china a raccogliere  per terra uno degli ornamenti sfuggiti alla sposa, sollevò il capo;  gli occhi, neri e ricolmi di misterioso splendore, luccicarono nella notte avanzata.

Il lord tese una mano per aiutarla a rialzarsi: un lieve contatto che suscitò in entrambi qualcosa come un invito: a lui di guidarla ed a lei di seguirlo.
Solo un tocco delle mani e solo un sorriso.
Sir Richard le sistemò l'ampio velo sulle spalle.
"Comincia a far fresco. - disse - E' calata la notte."
Era calata la notte, con tutte le sensazioni di mistero e sognanti atmosfere; sulle loro teste, sopra le cime piumate del palmizio, le stelle stavano accendondosi pian piano, isolate oppure a grappoli.

Proseguirono in silenzio, senza che nessuno dei due riuscisse  a comunicare all'altro l'incanto di quell'istante e il silenzio si protrasse a lungo: sir Richard, con lo sguardo fisso su di lei e Zaira con gli occhi fissi sulla cima delle palme.
Infne il lord ruppe il silenzio, si fermò, le prese il volto tra le mani, facendole  scivolare il velo sulle spalle e risplendere i nudi occhi di ragazza ignara della vita, in cui, però, navigavano, irrequieti, sogni e desideri.
"Io sento del trasporto per te, Zaira... trepida emozione."
Lei trasalì e non rispose subito.
"Io non posso ascoltarti, sir. - disse infine - Io  sono votata ad una Dea intransigente e gelosa e fino a quando lei non mi renderà libera dal suo vincolo, io sono un pericolo per qualunque uomo osi solamente sfiorarmi con lo sguardo."
"Intransigente e gelosa! - assentì il lord - Kalì è una Dea intransigente e gelosa. Lo  so!  Ma io non la temo, Zaira. Il potere degli Dei sugli uomini sta proprio nel timore che  noi abbiamo di loro."
"Taci. Taci, ti prego! Se ti accadesse qualcosa, io... io... io ne morirei."
"Oh, mio bene infinito! Se anche tu senti lo stesso richiamo del  mio cuore, nessuna forza, divina o mortale, potrà tenerci separati." proruppe lui attirandola a sé e stringendo  con passione la flessuosa personcina avvolta nell'ampio velo fluttuante.
Confusa e stordita da sensazioni sconosciute e mai neppure sognate, Zaira si lasciò abbracciare ed accarezzae, ma, quel limbo di sublime languore, di fulmineo accendersi di  brividi di desiderio, mutò ben presto in una sensazione di colpa.  Zaira si svincolò dalla stretta; restò ancora per qualche attimo tra le sue braccia, ma con lo stupore sbalordito e inconsapevole dell'innocenza non ancora violata.

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Fiamme di bivacchi, bagliori di torce, una stupefacente luna piena e la notte rallentò.
Harith si allontanò con Letizia in direzione della  Fontana del Fico; la luna illuminava il terreno davanti ai loro passi.
L'ombra che la grande struttura proiettava per terra in parte li catturò di sfuggita , ma non impedì al chiarore lunare di sfavillare sulla superficie della grande vasca e nelle gocce  d'acqua che scivolavano di tra le dita di Letizia che vi  aveva affondato le mani con piacere quasi infantile. Ma forse era solo per nascondere quel fulgore dell'animo di  cui  erano colmi i suoi occhi: Harith s'era fermato, le aveva circondato le spalle e la fissava  con tale intensità da farle  riflettere sul dettame islamico per  la donna di coprirsi il volto.
Non lo fece, però e lasciò che la luna traesse bagliori anche dagli straordinari  occhi azzurri e rilucesse sulla pelle levigata e dai riflessi rosati.
Quei bagliori  avvolgevano anche la figura di lui, salda e possente, come circondata  da un'aureola argentea.
Si guardarono: gli occhi di lui neri e di carbone acceso e quelli di lei scintillanti di un improvviso fulgore. Si guardarono e fu come se i pensieri, le emozioni, le  sensazioni dell'uno penetrassero nell'altro e scivolassero fino al cuore ed oltre. Poi le parole di lui:
"Letizia, figlia del professor Alssandro Bosio,  sotto la tutela del lord inglese sir Reginald Scott, ufficiale di Sua Maestà Britannica, regina Vittoria, vuoi unire la tua vita alla mia, Harith abu Asssan, sceicco dei Kinda, principe di Fatheh?"
Inaspettata e fin troppo formale la richiesta, trepida e quasi incredula la risposta.
"Mi... mi stai... chiedendo di diventare la tua sposa, Harith?" appena un bisbiglio sulle labbra di lei semiaperte, carnose e rosse come un fiore di melograno: un invito a cui  il grande predone non seppe resistere.
Harith si chinò su quelle labbra e si saziò del sapore di dolcetti e karkadè della sua bocca, poi le sussurò, tra un bacio e una carezza:
"Sola e per sempre, Luce degli Occhi Miei! E voglio che sia proprio come tu hai sempre sognato,  mio piccolo fiore... una promessa d'amore e non solo un Nikah... un contratto di matrimonio...." s'interruppe, per stringere a sé con passione la sua flessuosa personcina accarezzata dal largo mantello conteso dalla brezza npotturna.
Gli occhi azzurri di Letizia si alzarono, adoranti, verso di lui  e si abbassarono  quelli di  lui, scuri come la notte,  per  tingersi di azzurro.
Negli occhi, il desiderio l'uno dell'altra.
Quel desiderio,  quel bisogno, quella ricerca dell'animo dell'altro,   quella necessità di raggiungere e congiungersi all'animo dell'altro, che  faceva vibrare il corpo. Anime che al  più   fuggevole contatto  dei corpi si fondevano ed al  solo tocco di una mano o di una carezza aerea, si  sublimavano,  S'interruppe, Harith, ma soltanto per tirar fuori da sotto il bianco mantello quel pegno , quel simbolo d'amore, quel cerchio magico  che unisce oppure separa: un  anello.
Lo sceicco raccolse  la mano destra di lei, affusolata e morbida e infilò all'anulare sinistro uno splendido anello che un preziosissimo turchese rendeva unico e particolare.
"A Letizia, bellissima e dolcissima Regina del cuore  del suo cavaliere senza macchia né paura... Unica e sola, libera e ribelle come un'aquila reale...  fragile come una rosa di serra e forte come la rosa del deserto...La mia Letizia! Vuoi diventare la mia sposa?"
E prima ancora che con le parole, un semplice ed ineguagliabile "Sì!", Letizia rispose con uno sguardo in cui era concentrato tutto l'Universo e quell'universo aveva un nome: Harith!

"A te dedicherò la mia esistenza, Letizia e mai ti farò rimpiangere la tua patria lontana. -  l'attirò nell'incavo delle braccia e le sussurrò, affondando la bocca nella massa setosa dei biondi capelli - Ti prometto anche che un giorno incontrerai le persone a te care... tua sorella Atena e il professor Marco."

"Davvero? - gli splendidi occhi di lei brillavano, un luccicore quasi di pianto - Davvero rivedrò la mia carissima Atena?"

"E' una promessa, mio bene. - sorrise il giovane, poi - Ma ora dobbiamo comunicare agli altri  che presto a Sahab ci sarà una nuova festa di matrimonio."

"Oh, Harith!"  sussurrò lei, lasciandosi baciare ed accarezzare dolcemente.