Cap. X - parte seconda

Cap.  X  -  parte seconda

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Il Gran Consiglio delle tribù si tenne presso il pozzo di Rebek. Doveva il suo nome ad un fatto d'amore e morte: Rebek, la donna che per amore aveva scatenato una guerra fra due tribù e che alla fine s'era uccisa proprio ai piedi di quel pozzo.
Esauriti i convenevoli d'obbligo, lunghi ed elaborati come richiedeva la consuetudine, il primo a prendere la parola fu Rashid.
"Assalaam alaykum!"   (la pace sia su di voi), salutò.

"Wa'alaykum salaam!" risposero al saluto.

"Allah prese l'aria e ne fece il beduino, - riprese, con enfasi, il grande rais -  Prese del fango e ne fece l'asino, prese le feci del'asino e ne fece l'abitante sedentario della città, ma... - una pausa sapiente e ben studiata, poi - ... se Allah ha voluto fare dell'uomo che naviga il deserto il suo Figlio Prediletto, noi dobbiamo meritare la sua preferenza!... Siamo noi i soli Arab!"
Rashid, il rais dei Kinda, l'uomo più irruente del deserto, aveva parlato con voce pacata e calma, con le pause e le interruzioni giuste e tutti lo ascoltavano con rispetto reverenziale.
Il rispetto, che non è né scelta, ma neppure obbligo; il rispetto, che impoverisce chi non ne possiede.
Tutti: Harith abu Ben, sceicco dei Kinda, Afud abu Selim, sceicco dei Tamin,  Feysal abu Amud, sceicco degli Aws, Faysal abu Selim, sceicco dei Qaahtan, Ben inb Kassan, sceicco dei Kaza e tutti gli altri. Nessuno dei capi mancava all'appuntamento; tutti seduti alla maniera araba: in circolo ed a gambe incrociate, per non mostrare le suole delle scarpe, il fucile stretto fra le braccia.
Indossavano tutti l'abayah, la pesante, tradizionale mantella che riparava dal caldo dell'estate e dal freddo dell'inverno.
Un po' più lontano, un gruppo di donne preparava il caffè.
"Siamo noi i soli Arab!" ripeterono tutti in coro.
"Il principe Harith è il più degno degli Arab! - Rashid riprese la parola; senza fretta. Senza il bisogno di spenderne più del necessario. Calmo e misurato. Allentando la stretta della dialettica oppure serrandola - Da quando è alla guida delle Tribù del Deserto, a nessuno è mancata pace e abbondanza e perché la pace e l'abbondanza non vengano a mancare, occorre che vi sia unità e rispetto fra le tribù e nessuno meglio del principe Harith dei Kinda, possiede la capacità di guidare gli Arab!"

Il lord inglese aveva seguito in silenzio le parole dell'amico. Sapeva bene che i beduini avevano in odio ogni forma di gerarchia e l'unica autorità riconosciuta e scelta... soprattutto scelta, era quella del rais ed egli conosceva bene la natura del suo amico rais.
Rashid era l'uomo giusto per quella gente: combattente nato ma con il talento della sopravvivenza e non della vocazione al sacrificio o dell'ultimo sangue.
Di lui non conosceva tutta la storia ma sapeva che aveva dovuto assicurarsi l'esistenza e la sopravvivenza con la tenacia e qualche volta anche la violenza ed era certo che l'avrebbe fatto anche per il bene della sua gente: i Kinda. I KInda, amava ripetergli Ibrahim con un certo orgoglio, non conoscevano l'umiliazione del tributo; i Kinda, diceva, orgogliosi e fieri, mai avrebbero chiesto protezione in cambio di  mercede.

Ne era convinto, sir Rchaerd. Conosceva bene il principe Harith e la sua gente e se doveva esprimersi su di loro non avrebbe esitato ad affermare che primeggiavano per valore, si dimostravano leali nelle alleanz e tenaci nelle avversità.

Rashid tacque e nella breve pausa che seguì, ci fu il silenzio più assoluto, poi le ovazioni:
"Sia gloria al principe Harith!"
"Allah è con lui!"
"Sia egli nostro capo e guida."
Infervorato dalle parole e dalla dialettica del  grande predone, tutti riconoscevano Harith come capo indiscusso.
Chiamato in causa, il giovane sceicco di Sahab posò la tazza di caffè appena svuotata, balzò in piedi e con gesto teatrale si liberò della kefiah, poi brandì il pugnale e lo  sollevò in alto; forte, atletico, i muscoli guizzarono, potenti e ben distribuiti, sotto il mantello, che ricadde sulle atletiche, candido e in contrasto con il colorito bruno della pelle del torso nudo.
Suggestiva, la possente figura, stagliata contro l'orizzonte arido e di un intenso giallo-ocra.
"A capo scoperto! - scandì voce vibrante e solenne lo sceicco dei Kinda - Onde mi possiate guardare in faccia. Avete riconosciuto in me il vostro capo ed io riconosco la libertà di ognuno di voi, perché, prima di tutto, l'Arab è un uomo libero..."

E sapeva bene quel che diceva, il giovane sceicco Kinda: gli uomini di Sahab, orgogliosi ed intolleranti al comando, erano, però, capaci di scegliersi il capo giusto.

Guardandolo, sir Richard pensò agli antichi generali romani ed a quello che uno storico antico di cui non ricordava il nome, aveva detto in proposito: i soldati romani sapevano  scegliersi un capo, essergli fedele ed ubbidirgli ciecamente.

"Tacito... si chiamava Tacito... - esclamò; Ibrahim  al suo fianco si girò a guardarlo - Nulla! Nulla!  Sto pensando a voce alta."  disse con un sorriso e tornò a guardare in direzione dell'amico Harith.
"Dici bene, Harith ibn Assan! - una voce gli scrosciò alle spalle improvvisa e  dagli acceti sgradevoli - Ogni Arab ama la propria libertà ed è per questo che io, figlio del deserto, non riconosco in te il capo appena acclamato."
Harith si girò di scatto e si trovò di fronte la faccia baldanzosa e provocatoria di Ben Hassad, figlio di Feysal, il defunto sceicco dei Kaza.

Sir Richard  balzò in piedi e lo stesso fece Ibrahim e fu contro di loro che si appuntò l'indice accusatore del beduino.
"Questa mano - scandì con voce tagliente come la lama del pugnale che brandiva con la destra - esige giustizia e vendetta."
"Come osi interrompere questa riunione e lanciare accuse?"
la voce severa di Rashid fece convergere su di sé ogni sguardo, compreso quello dell'accusatore, che dopo un lieve esitazione proseguì: