Capitolo VII - prima parte

Capitolo VII  - prima parte

"Muoviti con gli animali, armati per la razzia e prendi solo il necessario" - proverbio beduino

 


 Al riparo di una sporgenza rocciosa, lo sceicco Harith e i suoi uomini, stavano disponendo per trasportare il bottino all'oasi di Sahab.

Furono radunati gli uomini, quelli che avevano preferito arrendersi e non restare con Assan, il vice carovana; le donne, invece, furono affidate alla custodia di un paio di predoni:  era costume che  scegliessero per se stessi quelle che preferivano e le conducessero sotto le loro tende. Agli uomini era riservata diversa sorte: il riscatto o a possibilità di restare e unirsi alla tribù.
Se il bottino di merci era stato fruttuoso, quello delle donne risultò piuttosto scarso: meno di una dozzina, ma tutte giovani e carine.
Letizia ed Atena, le figlie del mercante greco, furono contese da un gruppo di uomini che attesero di tornare al campo per potersele disputare in regolare combattimento;  il povero Aristeo Gallas venne sepolto nello stesso posto dove era stato ucciso, tra il pianto costernato delle due figlie.

Nei confronti di Zaira, diverse erano le mire, ma nessuno osò farsi avanti , ben sapendo che la ragazza godeva della protezione del piccolo Akim e di conseguenza, di quella di Rashid,  ma, soprattutto, sapendo che Harith in persona, il loro sceicco, aveva posto gli occhi su di lei.

Al galoppo, Rashid cominciò  a percorrere il campo da un capo all'altro: aspettava il sam, la sola forza capace di contrastare il suo dominio sul deserto.

Una gran calma era calata; una immobilità totale.

Non un fremito d’ali, né un ronzio d’insetti . Non un granello si muoveva: la sabbia pareva pressata, incollata al suolo.
"Che il potente Visnù abbia pietà di noi.!”
Akim si guardò intorno in cerca di un riparo; lo seguivano Zaira e le due figlie del mercante greco e dietro di loro, distanziate di qualche passo, le due giovanissime schiave di Bibal, il mercante di schiavi, sfuggite alla vigilanza del padrone.

“Il sam ci spazzerà via tutti come fuscelli." riprese il ragazzo, circondando con  gesto di grande affetto la bella figlia di Mayrama e cercando di farle scudo col suo corpo.  Zaira, d’altro canto, faceva lo stesso con lui, cosicché, avanzavano con passo incerto, ostacolati dalle prime violente folate di vento, ma sorreggendosi l’un l’altra. Lo stesso facevano Letizia e sua sorella Atena alle loro spalle e così le due piccole schiave ed Akim ogni tanto si voltava indietro per sincerarsi della loro presenza.

"Restate uniti e aggrappatevi agli animali." il rais esortava la sua gente; i garretti del suo cavallo affondavano nella sabbia ma questa, sollevandosi, ricadeva e restava quasi immota nell’aria. Ferma.

Il sam si fece vicino.

Prima con moto quasi impercettibile, poi con vivacità, la sabbia cominciò a muoversi, a sollevarsi da sola, senza apparente sollecitudine, accompagnata da un  sibilo leggero.
"Sta arrivando. -gridò Harith - Tenetevi  pronti a..."
Lo sceicco non riuscì a terminare la frase: un soffio improvviso, potente e rovente, sollevò la sabbia e lo investì, ricacciandogli in gola le parole.
Il vento cresceva insieme al caldo. Divenne vigoroso e bruciante e i turbini presero a succedersi  ad un ritmo così serrato da provocare vertigini.
Parlare non era possibile, la sabbia penetrava nella bocca e si fermava tra i denti.
"Guardate là!"  gridò Ibrahim con quanto fiato aveva in gola, tendendo un braccio verso l'orizzonte.


Chi riuscì ad udirlo, il vento copriva ogni suono, si girò verso la direzione indicata e l’enorme fascia rosa opaca, una gigantesca nuvola che sbarrava un cielo incredibilmente azzurro.

Sir Richard, che fino a quel momento si era tenuto discretamente in disparte, non seppe trattenere la sua emozione di fronte a tanta veemenza, tanta terrificante bellezza e indugiò a contemplare con estasiato stupore la natura che si esaltava :
"Corpo di mille balene! - urlò, affascinato, più che atterrito, da tanta  selvaggia, seducente potenza - Che spettacolo… Quale grandioso spettacolo!"
"Cosa dite, sir?"  Rashid, al suo fianco, urlò anch’egli per farsi udire.
"Mai visto uno spettacolo simile!" continuò ad emozionarsi il lord, letteralmente stregato dal richiamo della natura.
“Al riparo. – lo invitò Rashid , sempre urlando – Mettetevi al riparo, sir… insieme al vostro cavallo.” aggiunse smontando di sella, egli per primo.
Sir Richard lo imitò immediatamente;  tutti gli altri erano già a terra, chi sdraiato, chi in piedi, tutti attaccati agli animali e tutti che guardavano nella stessa direzione: ad est, dove la fascia funesta  allargando, s'andava sfrangiando come un enorme ventaglio sfilacciato.

Illuminate dal sole,  le  frange, abbaglianti e fragorose come mille fulmini, giunsero presto a crepitare sulle loro teste e alte lingue di fuoco parvero aver inondato il deserto di una luce spessa e densa, che aveva il riflesso della morte.
L’immensa nuvola si avvicinò. Più vicino. Sempre più vicino. Giunse, infine, gigantesca, apocalittica, a coprire il cielo, preceduta dal suo urlo agghiacciante.

Tremendo, inarrestabile, l’immenso vortice urlava e minacciava; la sua incontenibile furia spazzava ogni cosa al suo passaggio.
Era il signore del deserto e la natura si curvava al suo cospetto.

 

Aggredito, vinto, asfissiato dall'aspro odore di zolfo, l'uomo si arrendeva.

Piccola creatura impastata di terra e lacrime, nulla poteva contro quella forza terribile.

Bocconi, schiacciato contro il suolo dalla sabbia torrefatta,  stretto nel mantello conteso dal vento in un vorticoso volteggiare di pieghe, consapevole della propria debolezza e fragilità, si nascondeva, preda del proprio terrore.
Anche gli animali erano presi da uguale terrore; le froge spalancate, le teste sotto il ventre, si cercavano, si accostavano, si univano gli uni agli altri con le criniere al vento ritte e confuse.

La Natura ardeva e tremava. Le dune si scioglievano come neve e le poche palme rinsecchite di quella che doveva essere stata un tempo un'oasi, gemevano inquiete; i rami ricurvi toccavano la sabbia e la spazzavano. Il sole, scomparso dietro la fitta coltre opaca ed a tratti sanguigna, aveva  richiamato indietro la notte. Senza quella visione contorta e gemente, ogni cosa sarebbe parsa morta.

Il vento trasportava lontano ogni cosa: oggetti, sassi, arbusti e correndo via  lasciava dietro di sé la sua eco agghiacciante, assordante, forte, ma sempre più prolungata.
Era il segnale atteso:  quel sibilo lacerante, ma sempre più sottile, indicava l'allontanarsi del sam.

Lentissimamente, la coltre cominciò a perdere  il tetro, nefasto grigiore; timidi raggi di sole la squarciarono qua e là. Il vento divenne meno asfissiante, l'aria meno rovente ed appestata.
Con difficoltà, ma si poteva alfine respirare e guardare il sinistro fantasma non ancora pago, né sazio, correre lontano verso altri luoghi da straziare e distruggere.

Silenzio!  Un silenzio profondo dopo il fragore. Tutto taceva nella vallata morta. Il silenzio calato improvviso era ancora più sinistro del clamore.

Ogni cosa era coperta da una sottile coltre calda, lucente, impalpabile.