Cap. VIII - L'OASI di SAHAB
"Ama il tuo cavallo come una parte del tuo cuore" - proverbio beduino
Rashid diede l'ordine di montare a cavallo.
"Tutti in sella. Si parte."
La piccola carovana fu pronta a partire.
Il sam aveva cessato la sua azione distruttrice, ma il vento continuava a soffiare e per alcuni giorni l'avrebbe fatto ancora, prima di esaurire la sua carica. Coprirsi non serviva; la sabbia penetrava dappertutto, ma soprattutto si attaccava alle labbra spaccate dal sole. Pure il copricapo serviva a poco e gli occhi, accecati dal riverbero, dovevano essere costantemente inumiditi. Acqua ce n'era per tutti, ma non a tutti giovò, non a coloro e non furono pochi, che per primi accusarono la cecità delle sabbie. Per fortuna, come la cecità delle nevi, anche quella delle sabbie non era permanente. E questo i beduini lo sapevano perfettamente, perciò nessuno si lamentò, aiutati non solo dal fatalismo tutto orientale, ma anche e soprattutto dalla presenza rassicurante dei compagni di viaggio.
Akim, immune da quel male, guardava le onde di sabbia che parevano scorrergli sotto lo sguardo come quelle di uno wady in piena.
Il paesaggio intorno a lui cambiava in continuazione. Dune intere. Quasi di ora in ora. Si facevano diverse e guardando attraverso il pulviscolo trasparente di sabbia finissima che si levava mentre scendeva giù dalla sommità della duna, il ragazzo aveva l’impressione di guardare un baluginio di acque: “miraggio”, lo aveva chiamato il suo amico Rashid.
Tra quelle imponenti colline gialle e mobili c’era una profondità senza fine, ma anche un silenzio assordante dentro cui si compiva l’infinita opera di costruzione e demolizione cui partecipava anche il più piccolo granello di sabbia e c’era una strana atmosfera a riempire quel luogo, dove si poteva “vedere” anche dove lo sguardo non poteva arrivare.
Harith, sir Richard e Rashid, di tanto in tanto voltavano i cavalli e percorrevano la colonna.
In una di quelle piccole escursioni, sir Richard si fermò accanto a Zaira; la ragazza era nel gruppo delle donne e teneva fra le braccia il cucciolo di leopardo.
"Zaira... Dolce Zaira." salutò a voce alta il lord, proteggendosi la bocca con un lembo della keffiew.
"Sir!."
La ragazza alzò su di lui lo sguardo e i loro occhi si incontrarono ancora: sempre più penetranti quelli di lui e sempre più carichi di splendore quelli di lei.
Il lord sentì come una fiammata percuotergli le reni, scendere lungo il bacino fino alle gambe e fargli quasi vibrare le ginocchia. Non aveva mai provato una sensazione simile.
"Zaira. - ripeté lui - Posso servirti in qualche cosa? - il cavallo scalpitava. Il giovane con un balzo fu a terra e si affiancò alla ragazza. - Posso offrirti la sella del mio cavallo?" proseguì, spostando leggermente di lato la keffiew color tabacco per meglio guardarla in volto e mai volto gli parve altrettanto seducente.
La ragazza scosse il capo, sollevò il lembo del velo e si coprì il volto.
"Ho appena lasciato il baldacchino del cammello. - spiegò; man mano che procedevano, il paesaggio cominciava a mutare e schegge di rocce a contendersi il suolo e parlare diventava sempre meno difficoltoso.. - Sono scesa a sgranchirmi un po' le gambe- - ebbe un sorriso che mise in mostra due file di perle luminose - A volte è meglio procedere a piedi che sopportare l'arsura dell'aria stando fermi... L'aria rorrida mi riporta alla mente ricordi angosciosi." proseguì, sollevando su di lui i begli occhi scuri; anche lei, in verità, sembrava soggiogata dal fascino che emanava dall’aitante, irrequieta giovinezza di lui.
Un lungo silenzio riempì la pausa che seguì, prima che Zaira riprendesse la parola.
" Ero ancora bambina... due anni o forse tre... - disse, infine, cercando di sottrarre il suo sguardo alla dolce disinvoltura di quello del giovane: lei non era abituata a quei dolci turbamenti - Qualcuno aveva appiccato un incendio ed io ero oltre le fiamme, ma lei... Rama, oltrepassò le fiamme e mi riportò dall'altra parte, sana e salva."
"Rama? - ripeté il lord - Vorrei conoscere questa persona per esprimerle la mia gratitudine."
"Rama era il nome della tigre che i soldati del sultano del Qatar hanno ucciso senza pietà, perché cercava di difendere la persona del saggio Mayrana dalla loro violenza. - spiegò la ragazza levando sul giovane uno sguardo così limpido a cui gli ultimi raggi di un sole morente riuscivano ancora a strappare bagliori e luccicori di pianto - Di lei non resta che la pelle che Bibal, il mercante di schiavi, ha fatto conciare per ordine di Assan, il vice di Ibrahim, il capo carovana."
"Ne sono molto dolente." proruppe l'inglese, sempre più affascinato da quella straordinaria creatura.
Un po’ più avanti, i primi cammelli stavano già fermandosi: l’ora della preghiera, quella serale, era prossima.
" Chiederò al rais dei Kinda che ti faccia avere quella pelle e la farò caricare sul tuo cammello, dolce Zaira. - sir Richard indicò l’animale da cui Zaira era smontata, ma che portava ancora sul dorso Atena e Letizia, le figlie del mercante greco - Sarà un po' come avere vicino lo spirito di un amico." aggiunse.
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