Il tipico, tranquillo movimento che ogni giorno animava quella parte della necropoli, s’era di colpo mutato in caos e confusione e i roventi riverberi di Horo sulla sabbia gettavano luce su facce scomposte e spaventate.
Come ogni giorno, migliaia di turisti, giunti stipati in autobus o altri mezzi di trasporto, minacciavano con la loro invadente presenza la sopravvivenza di infinite memorie: tombe costruite con l’intento di non essere mai violate e prese quotidianamente d’assalto.
I due ragazzi cercarono riparo dietro una roccia ed Isabella domandò:
“Co.. cosa sta su…ccedendo?”
“Qualcuno sta giocando al bersaglio con una pistola e l’amico Osor ci ha fatto scudo con le sue braccia. “ spiegò Alì, voltandosi a guardarla e accorgendosi solo allora della maglietta macchiata di sangue – Ma tu sei ferita?” esclamò.
“Xanto…” fece ancora lei
“Misericordia di AllaH! – continuò il ragazzo – Ma tu sei ferita? Hai la maglietta tutta insanguinata…”
“Xanto…” ripeté lei senza staccargli lo sguardo dal volto e fissandolo con profonda intensità, come se un improvviso, misterioso fulgore dello spirito, le si fosse trasferito negli occhi ancora velati di nebbia e di mistero.
“Sono Alì! Non mi riconosci? – domandò il ragazzo con accento preoccupato – Sembra che tu stia muovendoti in un sogno… Sei tornata nel mondo della principessa Nefer? – ed intanto che parlava e le sorrideva rassicurante, con il fazzolettone color kaki, che portava sempre al collo, cercava di tamponarle la ferita: superficiale, per fortuna – Ma guarda qui! – stava dicendo – Un paio di centimetri più in là e ti avrebbe colpito alla gola… Ehi, Isabella… mi riconosci? Sono io. Sono Alì!”
“Alì… Alì!” ripeté la ragazza, poi, pian piano, dolcemente, la nebbia andò svanendo dai suoi occhi e lo sguardo si fermò in quello di lui, sempre più chiaro, sempre più lucido, più tranquillo.
Si sorrisero. Con una tenerezza che raggiunse immediatamente i cuori di entrambi. Continuarono a guardarsi negli occhi e gli sguardi si fusero, chiamando alla coscienza sentimenti di tenero piacere.
“Bentornata, principessa.”
Il ragazzo continuava ad avvolgerla in sguardi carezzevoli, mentre con una mano le sfiorava la fronte.
Isabella protese il volto e le labbra si sfiorarono in un bacio breve e tenerissimo.
Il primo.
Si ritrassero, ma restarono ancora a guardarsi ed era come se si vedessero per la prima volta.
“Isabella!”
“Alì!”
Davanti a loro, sulla stretta valle, in un labirinto di colli disordinati e disuguali, torreggiava il monte del Qurnet Marrai e si stendevano gli avanzi del villaggio di Deir el Bahari, simile ad una grande griglia scura: qui, sparpagliati tra le rovine, molti turisti avevano trovato riparo dagli spari.
Isabella parve finalmente accorgersi di loro.
“Che cosa è successo? – domandò – Cosa erano quegli spari?… Erano degli spari, vero?”
“Sì! Questo caldo ha picchiato troppo in testa a qualcuno o… o, forse, si tratta di un regolamento di conti. – spiegò Alì – Mi è parso di riconoscere uno di quei malviventi… Sì! Sono certo d’aver già visto la sua faccia… quello che fuggiva… L’altro, quello che lo inseguiva sparando… oh, ecco i soldati. Finalmente!”
“Spero li acciuffino entrambi.”
“Sì!… Oh, ci sono! Ricordo dove ho visto quell’uomo: al bazar di Ashraf Sceik. Ricordo bene.”
“Il bazar di Ashraf Sceik? Ma non è…” replicò Isabella; il ragazzo non la lasciò finire.
“Il più importante posto di ricettazione di antichità della città. – spiegò – Ashraf è un ricettatore e quell’altro dev’essere un complice non troppo soddisfatto… ma, tu, principessa, devi farti medicare. – aggiunse indicando la sua maglietta arrossata – C’è un servizio di ambulanza. Dobbiamo raggiungerlo… E dimmi… Chi è questo Xanto? – l’avvolse in un tenero sorriso, poi aggiunse – La spalla ti fa male? Ma guarda un po’… Allora? Chi è questo Xanto?”
“Xanto?” fece eco la ragazza.
“Mi hai chiamato con quel nome. Non ricordi?… Chi è Xanto?”
“Oh sì! Xanto è un principe troiano prigioniero di re Menelao, ospite del Faraone… - seguì una breve pausa, poi Alì incalzò con un gesto del capo e lei proseguì – Xanto ti assomiglia molto… Sembrate due gocce d’acqua.”
“Davvero?”
“Proprio così! E la principessa Nefer è innamorata di lui ed io credo che anche Xanto lo sia di lei… Io… io devo tornare laggiù. – Isabella cominciò a dar segni di agitazione – Devo tornare dalla principessa Nefer ed aiutarla a mettere in salvo il principe Xanto… aiutarla a farlo fuggire…”
“Hai detto che è prigioniero di questo… Menelao.”
“Menelao, re di Sparta. Lo ha fatto prigioniero durante la guerra di Troia e lo ha condotto con sé quando ha lasciato la città devastata e distrutta. Un naufragio, però, ha affondato la sua flotta ed egli è arrivato fino a Tebe con i compagni scampati alla furia del mare.”
“Forse dovremmo saperne di più su questo Menelao… Oh… Siamo arrivati. Là c’è l’ambulanza e potranno medicarti. Vieni.”
Alì affrettò il passo e Isabella lo seguì.
Giunse la notte; vibrava di suoni sommessi. Le tenebre, rischiarate da un quarto di luna, circondavano la tenda; da fuori
giungeva l’odore acre di sterco di cammello che bruciava nelle vicinanze.
Sotto la tenda, Alessandro, assistito da Hammad e dai due ragazzi, stava srotolando il papiro recuperato al Museo.
“Come avrà fatto Ashraf a sapere di questo papiro?” chiese Alì.
“Questa gente è assai ben organizzata. – spiegò il professore in perfetto arabo, senza staccare gli occhi dal lavoro. Parlava l’arabo con la stessa disinvoltura con cui leggeva i geroglifici - … e senza scrupoli, – aggiunse subito dopo – come dimostra la sparatoria di prima, in cui sei stata coinvolta anche tu, tesoro.”
Si girò verso la sorella con un sorriso e uno sguardo apprensivo.
“Appena tornati in città, bisognerà fargli una visitina. – suggerì Hammad – Ho la certezza che in quel suo magazzino ci sia più di uno dei tasselli mancanti del nostro mosaico.”
Per facilitare l’apertura del papiro, Alessandro vi aveva applicato un sottile rinforzo e con estrema cautela stava fissando il foglio ad un attrezzo di sua invenzione: una specie di telaio dotato di fili gommati e di una asticella.
“Quell’uomo appartiene alla banda di Abdel il Rosso.” interloquì Alì.
“Può essere.” fece Alessandro, al ché, Hammad:
“Non c’è dubbio! – esclamò – Quei due operano in società: il Rosso depreda le tombe e Ashraf fa da tramite con gli acquirenti. E’ un commercio che, nonostante le severità delle leggi, non si riesce a stroncare.” aggiunse con tono di rammarico.
“Reggi qui, Hammad. – Alessandro gli indicò un lembo del papiro, che aveva inumidito con un liquido leggermente alcolico per renderlo più praticabile - Quella è gente bene organizzata.” ripeté e sollevò per un attimo il capo: così trattato, il foglio si stava lentamente srotolando.
Una lampada a kerosene rischiarava l’ambiente sotto la tenda: un tavolo, qualche sedia ed una infinità di casse, di ogni forma e dimensione, ne costituivano l’arredo.
Hammad, che con la destra continuava a reggere l’asticella, riprese la parola:
“L’avidità – disse – ha spesso il sopravvento sull’amore per la conoscenza.”
“E’ vero! – assentì Isabella, che seguiva con molto interesse l’intera operazione – Ladri ed avventurieri, da sempre, hanno profanato le tombe, allungando le loro avide zampe su tesori nascosti.”
“Ci sono mercanti di antichità che ancor oggi finanziano bande di ladri. - interloquì Alì – Ladri che molto spesso sono contadini ignoranti e sfruttati… inconsapevoli strumenti dell’avidità di gente senza scrupoli.”
“Già! – esclamò Alessandro – Amèlineus… quel furfante francese… ricordate? Scoprì le tombe dei Faraoni delle Prime Dinastie, ma le depredò selvaggiamente e devastò con forza vandalica interi siti, solo per avidità.”
“E cosa dire di quei viaggiatori… più di un secolo fa – disse ancora Alì – che deturpavano con scritte statue e monumenti e le massacravano portandosi via dei pezzi come ricordi? Oh, ma ecco finalmente steso questo papiro. Guardate qui.” aggiunse, riportando l’attenzione di tutti sul foglio: sul fondo, apparvero ben chiari alcuni geroglifici circoscritti da una linea ovale e disposti verticalmente.
“Un cartiglio reale!… Questo è un Cartiglio Reale!” proruppe Alessandro.
“Riesci a leggerlo?” domandarono in tre.
“Questo è il cartiglio reale del faraone Meremptha, figlio di Ramesse II.” spiegò il giovane.
“… e padre della principessa Nefer.” precisò Isabella.
“Qualcuno lo ha apposto in calce a questo papiro per dar valore a quello che c’è scritto.”
“Qualcuno? – replicò la ragazza – Si tratta di un sigillo faraonico e quel qualcuno sappiamo bene chi è: è la principessa Nefer! Leggi, ti prego. Leggi quel che c’è scritto, Alessandro.”
La lettura ebbe inizio, tra respiri trattenuti e facce emozionate:
“Meremptha, Dotato di Vita come Ptha!… Questo sta scritto nel cartiglio.” disse Alessandro, prima di passare alla lettura del foglio.
“O Tu, Usir Glorificato, fa che Enen non possa entrare nella Duat. Né trovare pace nella sua hut-ka. –il professore sollevò il capo –
E’ la tomba. La hut-ka è la tomba, la dimora eterna. – spiegò, poi riprese – … Che sia respinto. Che sia rinviato. Che entri maledetto e che esca odiato. Che il Tribunale di Usir trovi pesante la Sacra Bilancia di Maat…”
Una pausa, nel silenzio più emozionato ed assoluto, rotto solamente dal rumore del vento che assediava la tenda, poi Alessandro riprese:
“O tu, Anubi, che fai entrare i Kau nella dimora di Usir, respingi il Ka di Enen. Mostra la tua potenza. Accorcia i suoi anni. Taglia i suoi mesi. Enen il malvagio ha distrutto la vita di Nefer, figlia di Nut, Signora del Cielo. Che Ammit la Divoratrice
si nutra delle sue membra e che le sue membra periscano, marciscano e si dissolvano al tuo cospetto, quando arriverà al Neter-Khert…”
Neterà-khert, lo sapevano, i quattro amici, era un altro nome per indicare l’Aldilà egizio.
Nel silenzio turbato e grave, i rumori della notte giungevano attutiti insieme all’ululato di uno sciacallo, l’animale sacro ad Anubi. Un brivido percorse le loro schiene.
“Chi sarà questo Enen contro cui la principessa scaglia la sua maledizione con tanta veemenza?” domandò Alì.
“Il responsabile della sua morte. – spiegò la ragazza – La principessa Nefer mi è venuta in sogno e mi ha messo in guardia da qualcuno con questo nome, mentre mi pregava… anzi, mi implorava, di far giungere ad Osiride il suo messaggio.”
“Questo, forse, è proprio quel messaggio. Per la Barba del Profeta!” non riuscì a trattenersi il ragazzo.
“Sì! Dev’essere così! – assentì il professore, poi aggiunse – Per prima cosa faremo un ingrandimento di questo cartiglio, poi sarà facile individuare il Sigillo del Faraone.”
“Tu credi che troveremo quel Sigillo?” domandò la sorella con accento pieno di speranze.
“Ne sono convinto, piccola. Lo cercheremo fino a trovarlo.”
“Che forma avrà?” chiese ancora la sorella.
“La forma?… La forma di un anello. Non c’è dubbio. E’ un anello che dobbiamo cercare… I Sigilli dei Faraoni erano anelli… come ogni altro sigillo successivo alla civiltà egizia…”
“Nel corredo della principessa c’erano diversi anelli, - fece osservare Alì - ma nessuno mi sembrava un sigillo… Ne ho visti diversi, d’epoche successive… - continuò – anche d’epoca romana…”
“E se non si trovasse nel corredo funerario della principessa? Se fosse da qualche altra parte?” suggerì Isabella.
“Perché lasciare in bella vista il papiro e nascondere il Sigillo? – replicò a sua volta il professore – Era intenzione della principessa portare nella tomba con sé questo messaggio e farlo pervenire ad Anubi, Traghettatore delle Anime Defunte, affinché lo presentasse ad Osiride, nel momento in cui il Ka di quell’Enen si fosse messo in viaggio nel Regno dei Morti per raggiungere il Tribunale di Osiride.”
“Io insisto nel cercare quell’anello non soltanto qui, ma anche altrove.”
“Torniamo al Museo e cerchiamo fra gli oggetti personali della principessa Nefer.” propose Alì.
“… che sono stati tutti catalogati. – osservò Hammad – No! Lì non c’è alcun sigillo. E’ altrove che va cercato. Isabella ha ragione.”
“Sarebbe molto più semplice se io tornassi “laggiù”… magari con l’aiuto dell’amico Osor. Che ve ne pare?” sorrise la ragazza, girandosi in direzione della prodigiosa creatura.
L’apparenza sfingea ed immobile, Osor era sempre pronto ad intervenire, se chiamato in causa.
“Io Osor, libererò il cammino…” cominciò.
A bene osservare il suo volto di straordinaria avvenenza, si sarebbe detto che seguisse con interesse la conversazione, se non fosse per quel suo sguardo irraggiungibile, eppure colmo di magico splendore.
“Va bene! Va bene, amico!” gli sorrise la ragazza; l’altro s’interruppe.
Lo guardarono tutti, come facevano sempre, senza parlare.
“Per ora suggerisco di andar a dormire. – propose, infine, Alessandro – E’ stata una giornata dura e faticosa. Soprattutto per te, principessa. Parleremo con calma domani. Di tutto quanto. Va bene?”
“Va bene!” capitolò la ragazza.
“Vado anch’io. – disse Alì, poi ad Hammad – Voi, padre, non venite?”
“Vengo anch’io.” rispose l’archeologo.