Montati sulla jeep, i tre fecero ritorno al campo; l’aria cominciava a riscaldare, il sole a bruciare e la sabbia ad accecare.
Più tardi, mentre a lunghi passi si avvicinava alla sua tenda, qualcosa allertò il professore: un campanello dentro il cervello. Il “sesto senso”, come lo chiamava lui: il senso della sopravvivenza.
Con cautela e circospezione, entrò nella tenda e sorprese alle spalle un uomo che stava frugando dentro una delle casse che componevano il suo equipaggiamento.
“Ehi, tu. Che cosa stai facendo? Cerchi qualcosa?” disse facendosi avanti a lunghi passi.
L’uomo si voltò; alto e robusto, indossava un caftano, ma non era di razza araba. Un tedesco, forse, a giudicare dalla testa biondiccia e stempiata, tendente al bianco.
Quaranta cinque o cinquanta anni, aveva una faccia insignificante e afflitta da un’espressione spenta e un po’ sbiadita; forse, però, era solo lo sguardo, chiarissimo e vacuo, che spiccava sulla faccia annerita dal sole.
“Allora vuoi rispondere? Che cosa stai cercando in quella cassa?”
“Che cosa sta succedendo? – Hammad si affacciò sull’imbocco della tenda – Un altro ladro?… Ma io lo conosco. – aggiunse, avanzando anch’egli all’interno – Questo tipo si chiama Von kessler… Sei Von Kessler?“ domandò.
“Certo che è lui! – anche Alì, comparso alle spalle del padre, puntò l’indice sull’uomo – E’ proprio Von Kessler.”
Kessler, il volto sfaccettato e duro, che pareva essere stato scolpito con uno scalpello, assunse un’espressione piuttosto distaccata, in verità.
Assai noto nell’ambiente per le sue attività illecite di contrabbando di Antichità, non dava segno di preoccuparsi troppo di essere stato scoperto con le mani nel sacco… e forse per la prima volta nella lunga carriera di ricettatore.
Tutti sapevano della sua attività, ma nessuno era riuscito mai a coglierlo sul fatto.
Genio multiforme della truffa e del raggiro, gestiva un fiorente commercio di falsi, assolutamente perfetti, in una botteguccia nelle vicinanze del Museo; qualcuno dei quali, si trovava di certo presso qualche Museo o collezione privata.
“Ecco qui un uomo più inafferrabile di Arsenio Lupin.- esclamò Alessandro – Se ti sei esposto personalmente a tanto rischio, vuol dire che c’è qualcosa di grosso… Dobbiamo chiamare i soldati…”
“Un momento. Un momento! – l’uomo, che non aveva ancora aperto bocca e stava certamente valutando la situazione, fermò il professore che già stava mettendo mano al telefono portatile – Vogliamo la stessa cosa. No?… Aspettate.” disse.
“Io non credo.” rispose Alessandro.
“Voi state cercando un papiro e un sigillo faraonico.. –li sorprese l’uomo. I nostri amici si scambiarono un’occhiata; c’era anche Isabella – Vogliamo la stessa cosa… dicevo.”
“E quale sarebbe?” domandò Alì e per la seconda volta, l’uomo li sorprese… assai sgradevolmente:
“Scoprire il segreto della manipolazione della materia che gli antichi sacerdoti egizi dovevano ben conoscere!” spiegò quello, tutto d’un fiato.
“Sembra che tu abbia preso un brutto colpo di sole in testa,- interloquì Isabella – Non ho mai sentito parlare di una cosa più sciocca e insensata in vita mia… Il Mistero delle Piramidi, la Maledizione dei Faraoni ed ora la Manipolazione della Materia… Questa Egitto-mania sta diventando davvero una mania.”
“Caro Von Kessler, - intervenne a questo punto Alessandro, afferrandolo per un braccio – non so quale fantasia tu stia inseguendo, ma, qualunque sia, per ora hai raggiunto il capolinea. Fra poco saranno qui i soldati e…”
“No… no! Ascoltatemi. Lasciamo stare fantasie e misteri… Ciò che vi preme… ed io lo so benissimo… è ritrovare il papiro e il sigillo che vi sono stati rubati – Alessandro fece l’atto di riprendere la parola, ma quello lo prevenne e continuò – So tutto del papiro e del sigillo del faraone Meremptha, perciò non prendiamoci in giro. Mettiamoci, invece, in società e ne verremo sicuramente a capo. La mia specialità è ritrovare oggetti… ah,ah,ah … smarriti e la tua, professore, è leggere le antiche scritture.”
“Davvero? Ma io non ho bisogno di te, Kessler. Io ho già una copia del papiro.” si lasciò sfuggire Alessandro e subito dopo si morse le labbra.
“Magnifico! Si tratta solo di ritrovare il Sigillo – lo interruppe l’altro – ed io ho già qualche idea in proposito.”
“Sarebbe?”
Kessler assunse un’aria di complicità e cominciò ad esporre la sua idea:
“Quel sigillo che… altro non è che un anello… - fece notare – non si trova di certo nella tomba della principessa… la presenza di quello scheletro armato di moschetto ( vedi libro: IL GUARDIANO DELLA SOGLIA) dimostra che qualcuno c’è già stato in quella tomba.” Spiegò.
“E allora?” incalzò Alì.
“Io sto seguendo una pista. – seguitò l’uomo – Se venite nel mio negozio a Il Cairo, avrei qualcosa di straordinario da mostrarvi… se mi lascerete andare, naturalmente. Ci sono troppi cani intorno a quest’osso… siete già entrati nel mirino di qualcuno, mi pare.”
“Tu che cosa ne sai?”
“Oh! Io sono Von Kessler: sono al corrente di tutto… anche del movimento del più piccolo granello di sabbia che si trova in questo posto… Allora? – incalzò – Soci?”
Con un cenno del capo, Alessandro lo lasciò andare.
“Perché lo hai lasciato andare?” domandò Isabella, appena quello ebbe lasciato la tenda.
“Lo ha solo assecondato… Vero, Alessandro?” chiese conferma Hammad.
“Voglio scoprire le carte in mano a quell’uomo scaltro e furbo e… mi spiace ammetterlo, assai capace. Sarebbe un disastro se in qualche modo quel Kessler riuscisse ad arrivare al segreto del nostro prodigioso amico Osor.”
Chiamato in causa, come sempre accadeva, Osor cominciò:
“Dama dei Terrori. Signora della Distruzione che respinge
Che protegge il viandante dalla distruzione
Il nome del Guardiano è Nerut…”
“Che cosa stai dicendo, amico mio?” domandò Isabella, ma Hammad:
“E’ una delle formule che il defunto doveva recitare per avere il permesso di entrare nei Campi Jaru… il nostro Paradiso… - spiegò - attraverso le Porte della Dimora di Osiride. Nerut era uno dei sorveglianti.” aggiunse.
“Ma.. ma perché le sta recitando? Nessuno di noi sta per morire.” replicò Isabella.
“Non lo so!” Hammad scosse il capo.
“Forse – interloquì Alì – il nostro amico è alla ricerca di qualche formula magica per risolvere i nostri problemi… La magia è tutto per lui, ah.ah.ah.” sorrise.
**********
Lasciata la tenda, il mattino del giorno dopo, Isabella si fermò a guardare la valle che si stendeva sotto il suo sguardo come un delta aperto a ventaglio, custode di incalcolabili ricchezze. Stava sorgendo l’alba e all’orizzonte le vette fiammeggiavano; Sirio, invece, nel cielo, andava impallidendo dolcemente.
“Sothis, la Mattiniera, – sorrise – come direbbe la principessa Nefer, ama scomparire prima che Horo compaia all’orizzonte.”
Osor, che l’aveva seguita:
“… per annunciare prossima l’inondazione delle acque.” fece eco.
La ragazza tese il volto e la magica creatura le toccò la fronte col prodigioso indice; immediatamente dopo, ogni cosa intorno a lei andò mutando di forma e consistenza: le rovine tornarono edifici freschi di costruzione e i viottoli polverosi ridivennero stradine frequentate.
“All’alba del terzo giorno…” una voce le attraversò la mente; Isabella riconobbe gli accenti vibranti del Sacerdote di Bes, Osor l’Esposto, e comprese di aver attraversato la “barriera” e di aver raggiunto il mondo della principessa Nefer e dei suoi amici.
“All’alba del terzo giorno, dal molo de “Le fauci del Coccodrillo” partirà una chiatta per la città di Pi-Ramseth con le statue del Faraone… Il principe Xanto potrà mescolarsi ai caricatori e arrivare al mare.” stava dicendo Osor.
“Devo raggiungere la città di Butruto, la nuova Troia, che mio fratello, il principe Eleno, ha fondato in Epiro.” assentì Xanto.
“Anche il principe Eleno è scampato alla cattura?” s’informò il principe Thotmosis.
“Gli Achei gli hanno lasciato la libertà in cambio delle sue profezie… le sue previsioni sono sempre esatte.” aggiunse.
“Il faraone RamSeth, Sole dei Principi, - interloquì Ankheren, che come tutti faceva sempre seguire un titolo quando pronunciava il nome del proprio Sovrano - ha costruito una splendida città, con la speranza che possa essere eterna come lo è Memfi. Le ha dato il nome di Pi-RamSeth e l’ha posta sotto la protezione di Seth, il Litigioso.” aggiunse con malcelata disapprovazione nella voce.
Sul gruppo scese il silenzio: il sentimento di avversione verso Seth, il Dio cattivo, colpevole della morte di Osiride, era molto sentito dagli abitanti della Valle.
Osor, però, il saggio Sacerdote di Bes, così parlò:
“Quando gli Immortali assegnarono ad Horo l’eredità di Osiride, a Seth diedero da governare la Terra-Rossa e Ra, Padre degli Dei, così ordinò: Mi venga affidato Seth, figlio di Nut, affinché sieda accanto a me. Egli sarà come Figlio. Urlerà al Cielo e si avrà terrore di lui.”
Il giovane Ankheren, però, non sembrava del tutto convinto:
“Sua Maestà dice che Seth e Horo vivono in armonia e il popolo deve a Seth la devozione che ha per Horo, ma… – replicò, senza, però, ardire di sollevare lo sguardo sul Sacerdote di Bes che lo guardava bonario, come si fa con un discepolo che si vuol condurre all’obbedienza e dimenticando che ad ascoltarlo c’erano anche i figli del Faraone – Ma… riprese - la Notte e il Giorno non sono alleati dell’uomo nella stessa misura.”
Il ragazzo trasse un sospiro, poi, fermandosi per appoggiarsi ad una sporgenza e infilarsi i calzari che portava appesi al collo con una cordicella
“Oh!… - esclamò, vedendo gli occhi di tutti puntati sulle sue estremità, tirò su col naso e continuò – Mi piace sentire il calore della terra sotto i piedi – spiegò – ma ho tre paia di calzari, perché, mio padre, Mursil l’Ittita, guardiano dei tori al Tempio di Ptha, vuole che suo figlio faccia bella figura tra gli studenti del Tempio.”
“Forse non sai, Ankheren, figlio di Mursil l’Ittita… - anche il sacerdote di Bes non era davvero tipo da arrendersi quando portava avanti una discussione – Non sai che a rendere feconde le piene del Nilo sono tanto le Libagioni di Horo, nel Basso Egitto, quanto le Libagioni di Seth, nell’Alto Egitto? E’ per questo che dobbiamo riconoscente devozione ad entrambi… al Figlio della Celeste Nut ed al figlio di Osiride.”
In realtà, in tutto l’Egitto, solo Osor l’Esposto, forse, poteva comprendere il grande disegno del Faraone Ramseth di far vivere in armonia gli Dei del Delta con quelli della Valle, senza che i seguaci di entrambe le Divinità si facessero continuamente guerra, appigliandosi a millenari rancori.
Forse nemmeno la principessa Nefer e il principe Thotmosis comprendevano quella necessità; tanto meno Ankheren e meno ancora il principe Xanto, cui premeva solo di allontanarsi da lì e raggiungere quella città… qualunque fosse il suo nome.
“Sono contento – esordì il principe troiano – di poter ammirare la nuova città del Faraone d’Egitto.”
“Quando arriverete a Pi-Ramseth, tu e il venerabile Osor, - interloquì la principessa Nefer, posando lo sguardo sulla figura del carismatico prete di Bes – cercate la taverna de “Le Zanne dello Sciacallo”. Al taverniere chiedete di Menkaura il traghettatore, e quando lo avrete di fronte, mostrategli questo Sigillo. – aggiunse sfilandosi dal dito il grosso anello-Sigillo avuto in dono dal Faraone il giorno in cui aveva danzato per lui, e porgendolo al fuggiasco – Menkaura è il padre della mia ancella Tirsa. – spiegò - Sarà lieto di aiutare il principe Xanto.”
Il principe troiano prese il prezioso anello, lo rigirò tra le dita e, prima di infilarlo all’anulare destro, esclamò:
“Dieci vite non basterebbero per saldare il mio debito con te, principessa Nefer, e con tutti voi, amici, ma… come faccio a farti riavere indietro il tuo anello, principessa?”
“Lo consegnerai al venerabile Osor, che saprà averne cura… appena ti avrà lasciato in salvo. Ora, però, bisogna trovare un rifugio sicuro.” concluse Nefer.
“Al “Castello dei Milioni di Anni”… - suggerì il sacerdote di Bes – E’ lì che andremo. A nessuno verrebbe mai in mente di cercare il principe Xanto là dentro.”
Per raggiungere il Castello dei milioni di Anni, il Tempio Funerario del faraone Ramseth II, che i posteri chiameranno Ramesseum, gli amici lasciarono il villaggio degli operai.
C’erano numerosi cantieri in quella parte della Città dei Morti, poiché numerosi erano i Sovrani che avevano scelto di farsi seppellire in quell’anfiteatro scolpito dalla natura: la catena montuosa che la racchiudeva era così particolare, da ricordare il geroglifico con cui gli egizi rappresentavano l’orizzonte.
Una moltitudine di operai, di ogni razza e provenienza, molti dei quali avevano lavorato anche alla costruzione delle città di Pi-Atum e Pi-Ramseth, nel Delta, animava quei cantieri, di dialetti e costumi vari. Alcuni erano uomini liberi, altri erano prigionieri di guerra e altri ancora provenivano dalle tribù del deserto: Amu, Mashwash, Ibrihim ed altri ancora, venuti ad offrire la loro opera al Faraone, in cambio di cibo e protezione.
Il gruppo raggiunse indisturbato il primo dei due Piloni.
Lungo settanta metri, sulla facciata recava incise scene delle vittorie riportate in battaglia dal faraone Ramseth il Secondo.
Rasentando un pezzo della possente e massiccia muraglia del Pilone ed oltrepassarono il corridoio che separava i due Piloni; Osor entrò nel primo cortile subito seguito dagli altri.
Quadrangolare ed a cielo aperto, il cortile era immenso, ma non deserto. Numerosi ibis reali, storditi dal riflesso del sole sul selciato, sostavano immobili sulle sommità del muro; altri occupavano le punte di obelischi e colonne. Rimasero immobili al loro passaggio, quasi facessero parte di quello straordinario complesso di pietra.
Uno solo di loro, appollaiato sulla spalla sinistra di una delle due colossali statue del Faraone, si mosse, agitò il capo, allungò il collo e infine allargò le ali per levarsi in volo; la luce di mezzogiorno riverberava sull’acciottolato della pavimentazione e sulle acque del canale, sollevando bagliori.
Xanto mostrò un attimo di esitazione
“Non ho mai visto nulla di tanto grandioso in tutta la mia vita. - confessò – A Troia, il palazzo del Re era maestoso, ma qui, Palazzi, Templi ed ogni altra costruzione, non sembrano fatti per uomini, ma per Titani.”
Osor sorrise.
“Ra dei Sovrani è molto più, dei vostri Titani.” disse.
“Ra dei Sovrani” era il nome della colossale statua che tanto aveva impressionato il ragazzo.