Erano accorsi anche tutti gli altri, Harith, Ibrahim, sir Richard, Ashraf, che si chinò sul morto per girarne il corpo: sul petto portava inciso un tatuaggio che conoscevano tutti molto bene.
"E' uno do loro! E' un uomo della Setta di Hakam. - confermò il lord - Ma che cosa sarà successo qui? Chi lo ha ucciso?" domandò.
Brevi, concitate parole e Rashid mise gli amici al corrente degli ultimi fatti e delle accuse di Jasmine nei confronti di colei che era stata la sua Favorita.
"Per la Sacra Trimurti! - proruppe Zaira al fianco di sir Richard - Ero convinta che Selima e la cara Jasmine fossero diventate amiche."
"Evidentemente non era così!" proferì il lord.
"Maledizione! - imprecò Ibrahim - Possibile che nessuno abbia visto niente?"
"La dea Kalì ha turato le nostre orecchie e velato i nostri occhi." singhiozzava Akim.
"No! - intervenne cupo Rashid - E' colpa mia! C'era aria di festa ed ognuno aveva il diritto di festeggiare. Io... io dovevo vigilare su di lei... iìIo.... io soltanto sono colpevole! Io... che non ho dato ascolto al suo grido d'aiuto... che ho ignorato le sue giuste accuse... Selima... Trovate Selima e portatela subito al mio cospetto... La voglio qui immediatamente!" ordinò, poi, di corsa si precipitò verso la sua tenda, nella speranza che Jasmine si fosse rifugiata proprio lì.
Nel vedere il mantello insanguinato, però, Fatma, la più anziana delle donne, cominciò a piangere, disperarsi ed a fare segni di scongiuro.
Fu chiaro a tutti che Jasmine era scomparsa, ma anche di Selima non v'erano tracce, né dei pastori Kaza.
Rashid chiese agli amici di essere lasciato da solo per qualche minuto; lentamente ed a capo chino, si allontanò verso il limitare dell'oasi.
La possente figura, nella notte illuminata da una luna piena ed abbagliante, stagliata contro l'orizzonte frastagliato di rocce e palmizi, pareva quella di una cima montuosa scossa da venti turbinosi.
La luce lunare ne gettava l'ombra alle spalle e il vento agitava il bianco mantello ed asciugava il pianto irrefrenabile che gli bagnava il bel volto.
Rashid piangeva. Il grande predone, l'uomo il cui solo nome incuteva rispetto e timore, piangeva; l'ululato di uno sciacallo, come un lamentoso singhiozzo, riverberò da lontano, quasi eco del suo pianto. Gli occhi scrutavano avanti a sé, accecati dal pianto: era la prima volta che piangeva. Non l'aveva fatto nemmeno quando aveva creduto di assistere alla morte della sua Jasmine; non l'aveva fatto quando, ancora ragazzo, gli avevano massacrato la famiglia.
I fantasmi del passato, però, avevano l'abitudine di lasciare le loro dimore e tornare a sollevare la polvere che il tempo pietosamente vi distendeva sopra. Il loro ricordo aveva sempre il gusto del sangue, il sapore amaro del desiderio della vendetta: l'odio e il rancore, però, non hanno bisogno di lacrime, poiché si alimentano da sé. Il desiderio di annientare il suo nemico, Sajed Alì, artefice del massacro della sua famiglia, era alimentato dall'odio medesimo e dal rancore. Così anche il bisogno di distruggere Hakam, responsabile delle disgrazie della sua Jasmine
Non il rimorso, però! Nulla poteva placare il suo rimorso.
L'amore è il più potente dei sentimenti, l'odio é, forse, il più devastante e l'indifferenza è il più distruttivo, ma il rimorso è il sentimento più corrosivo e Rashid era in preda al più cocente rimorso, mentre la luna continuava a navigare indifferente sopra le palme piumate che limitavano l'oasi.
"Jasmine..." riusciva solo a gemere.
Gli sembrava di aver vissuto metà della propria vita in quella sola notte... anzi, in quei pochi momenti vissuti così intensamente con lei.
Che cosa l'attirava di lei così tanto? La sua bellezza? Sì, la sua bellezza incantava, ma altre donne erano ugualmente belle! La sua virtù? Altre donne erano virtuose! Solo lei, però, riuusciva a comunicargli con uno sguardo quello stordimento pieno di passione.
Jasmine era come una musica delicata e soave, appena un sussurro, che diventava sinfonia quando lui...
"C'é un solo modo per spezzare la catena che mi lega a quella gente sanguinaria..."
Le parole gli irruperò di colpo e senza preavviso dietro la fronte con il fragore di mille tuoni... Jasmine aveva detto proprio così! Lui non ci aveva nemmeno fatto caso quando Jasmine le aveva pronunciate... non era stato nemmeno ad ascoltarle... Che cosa intendeva dire? Jasmine voleva affrontare da sola Hakam? Consegnarsi a quella belva sanguinaria?
In preda ad una nuova ansia spasmodica, il giovane si scosse, si voltò e tornò dagli amici, immobili ad aspettarlo. Riferì loro i suoi dubbi e le sue nuove paure. Il lord, però, si disse convinto che la principessa fosse stata rapita e non che si fosse allontanata di sua volontà: lo testimoniava il mantello insanguinato e abbandonato per terra.
Di questo si convinsero tutti. Lo stesso Rashid, cui aumentarono inquietudini ed angosce.
Con la scomparsa di Selima e dei pastori Kaza, furono chiare anche le minacce che Ben Hassad aveva fatto durante il Consiglio e la sua partecipazione a quell'atto delittuoso. Un interrogativo, però, restava aperto: la morte di quell'uomo sconosciuto, di quel settario. Chi gli aveva tolto la vita? E perché?
Lo sceicco Harith, però, pratico e pragmatico quel era, suggerì di volgere altrove l'attenzione.
"Adesso sono chiare le minacce di Ben Hassad. - disse - Egli ha spedito qui le sue spie. Partiamo subito per il campo dei Kaza." propose.
"No! - replicò Rashid - Partiremo noi per il campo dei Kaza, amico mio. Tu resterai qui al fianco della tua sposa per asciugarle le lacrime: questo doveva essere il più bel giorno della sua vita, ma tutte queste disgrazie l'hanno irrimediabilmente macchiato di sangue... Letizia ha bisogno di te, adesso. - Ibrahim tentò di replicare, ma il grande predone continuò - Resterai qui a proteggere le donne. - poi aggiunse, in tono cupo- Non ti mancherà, amico mio, l'occasione per mostrare il tuo valore: non daremo tregua a quella gente fino a quando non li avremo sterminati tutti... fino all'ultimo e..."