Proseguirono.
Superati i gradini, ventinove ne contò la principessa Nefer, il gruppo s’affacciò sul secondo cortile, più piccolo ma ancora più spettacolare, per i numerosi elementi di decorazione.
Sulla facciata opposta apparve subito una doppia fila di Pilastri e su una delle pareti laterali, la figura del Faraone nelle vesti di Osiride, con in mano flagello e scettro. Sul fondo, tre gradinate conducevano ad un ampio terrazzo.
Una piccola processione stava scendendo lungo quella centrale. Procedeva solenne e compita.
La guidava un singolare personaggio che cercava di sottrarsi all’ingiuria del sole all’ombra di un baldacchino rosso porpora sorretto da quattro giovani nubiani dalla lucida pelle nera.
Alla sua destra avanzava un giovane alto e snello, con un corto shendit stretto intorno ai fianchi ed un largo shebiu appeso al collo, di cuoio e con l’insegna degli allievi della Scuola di Thot. In mano reggeva l’asticella cui erano legati calamaio, penna e un rotolo di papiro.
Seguivano una mezza dozzina di giovani, tutti con lo stesso collare, ma di dimensioni più ridotte.
Osor si fece avanti e salutò:
“Saluto il nobile e saggio SetepenRa, scriba reale e conoscitore dei Segreti del Cielo e dei Misteri della Terra, fratello del Signore del Mondo. Osor, sacerdote di Bes, si inchina alla saggezza dei suoi anni.”
SetepenRa, scriba reale del morto faraone Ramseth, incaricato di perpetrarne la memoria in vita e in morte, era il più conosciuto e, forse, rispettato fra i funzionari di corte. Avanti negli anni, una selva di rughe gli solcavano fronte e collo come piccoli rivoli profondi e asciutti. Le labbra, cascanti e gonfie, gli conferivano l’aspetto di un vecchio bovino.
Nascondeva la calvizie sotto una nemes a grosse righe e portava al collo un ampio collare shebiu fatto di dischetti tenuti insieme da una maglia d’oro.
Appeso al collo portava anche il largo pettorale da scriba reale, che gli copriva buona parte del torace e andava quasi a sfiorare lo stomaco che, insieme alla pancia, sporgeva flaccido e tremolante da sotto l’ampia tunica di lino pregiato.
Il ragazzo al suo fianco, sedici o diciassette anni, verso cui si voltava continuamente come a volerlo sorvegliare, non alto di statura e misero di muscolatura, si schiarì la voce con un “Hhhhhh!” prolungato ed irritante e squadrò il gruppo di amici da capo a piedi.
Aveva labbra grosse e pronunciate; assai prominente quello inferiore, che gli conferiva un’espressione tra lo stolto e l’arrogante.
“Chi è questa gente?” domandò.
“Siamo amici – rispose semplicemente Osor – e questi ragazzi sono allievi di Bes.”
“Bes! – il ragazzo rovesciò sul gruppetto uno sguardo di sprezzante altezzosità, poi aggiunse – Non sapevo che Bes annoverasse fra i suoi allievi anche una femmina.”
Nefer frenò l’impulso di mostrare le insegne reali nascoste sotto l’umile tunica e tacque, ma lo scriba reale:
“Sono lieto di accogliere il mio amico Osor, la Voce di Bes il Misterioso. “ disse ed allargò con grande espansività le braccia in direzione del giovane prete di Bes.
Osor rispose al gesto e nel cingere le braccia intorno alle carni grevi del suo amico scriba, sorrise: aveva l’impressione di abbracciare un bue ben pasciuto.
“… e prego il mio amico – continuò Setepen-Ra, con accento di palese disapprovazione nella voce – di scusare la sciocca boria del mio allievo, il giovane Enen, figlio di Teshut, Prediletto del Faraone. - poi, con un sorriso rivolto alla principessa – Questa bella fanciulla dallo sguardo vivace – replicò – reggerebbe assai bene la canna e il papiro di Thot.”
Enen si voltò verso la principessa e la squadrò con un sorrisetto, così come avrebbe fatto con una delle danzatrici del Tempio di Baalat, a Babilonia.
Nefer trattenne nuovamente un moto di collera; fece l’atto di prendere la parola, ma l’altro, senza abbandonare quello sciocco sorriso, portò lo sguardo in direzione del principe troiano ed ebbe una esclamazione:
“Hhhhh!… Per le Sacre Alitre di Kepry!… ma… ma tu sei lo schiavo fuggiasco che re Menelao ha portato con sé da Troia. Mi era stata riferita la tua presenza al di qua del fiume… Chiamate le guardie. Presto.”
“Sono fuggiasco, è vero! – il principe Xanto si fece avanti – E tu chi sei, piccolo insetto vorace? Uno spione a caccia di ricompense?”
”Come osi, schiavo, rivolgerti a me in questi termini? – si infuriò il figlio di Teshut – Non sai chi sono io? Sono Enen, figlio di Teshut, prediletto del Faraone e…”
“… e io sono Xanto, principe di Troia, figlio di re Priamo:” lo interruppe il principe fuggiasco.
“Sei uno schiavo in fuga, adesso.- replicò sarcastico l’allievo di Thot – Null’altro che questo. E come tale, sarai consegnato alle guardie, che io stesso provvederò a chiamare.”
“Enen, allievo di Thot. – si intromise a questo punto lo scriba reale – Non rammenti più le massime e gli insegnamenti del saggio Pthahotep, che hai appena copiato e ricopiato sulla tua lastra di pietra? Non gioire delle disgrazie accadute ad altri perché potrebbe accadere anche a te…”
Ma Enen, ergendosi sull’esile busto, troncò le parole sulla bocca del suo superiore: e a denti strettti e sotto la doppia spints della collera e dell’arroganza, proferì:
“Io sono Enen, figlio di Teshut che il Faraone chiama Amico Unico. Un giorno il Faraone si rivolgerà anche a me con gli stessi titoli di mio padre. Mi chiamerà Compagno Prediletto e i suoi sudditi mi renderanno onore.”
Parlava con lentezza, come se quelle parole di vanagloria fossero leccornie da assaporare e gustare, da sciogliere in bocca come ghiotti dolcetti al miele e alle carrube.
Setepen-Ra scuoteva il capo.
“Prima che ciò accada – disse con accento grave – occorrerà forgiare il tuo carattere così come si lavora il metallo che si vuol rendere di qualità.”
Sempre più indispettito e leggendo in quelle parole promesse di castighi e nuove e più dure prove, il ragazzo aggrottò la fronte e tese al compagno più vicino la cordicella con cui reggeva il materiale da allievo-scriba e senza una parola, girò a tutti le spalle e si allontanò.
Un silenzio carico di disagio scese sul gruppo.
“Andate anche voi. – disse lo scriba ai suoi allievi – La lezione di oggi, sul comportamento degli uomini, è finita.”
I ragazzi non si fecero ripetere l’invito e con grida gioiose, che
fecero volar via gli ibis appollaiati sulle spalle della statua del Faraone ai piedi della scalinata, si allontanarono correndo.
Anche i quattro nubiani si allontanarono e SetepenRa domandò, rivolto al carismatico sacerdote di Bes, con una strana nota nella voce. Quasi di commozione.
“Questo ragazzo, che hai posto sotto la tua protezione, amico Osor, è proprio figlio di re Priamo il Riscattato?”
“Conoscevi mio padre, potente signore?” interloquì Xanto con emozione ancora maggiore.
Lo scriba reale si passò una mano grinzosa sulla fronte, come se la polvere, che il tempo aveva steso sui ricordi, stesse lentamente sollevandosi.
“Ero io il giovane guerriero che consegnò il velo del riscatto all’invincibile Eracle.”
La sorprendente risposta lasciò tutti senza fiato.
“Il velo della principessa Esione? – domandò sempre più emozionato il principe di Troia – La principessa ne fece dono ad Eracle affinché risparmiasse la vita di suo fratello Pordace.”
“Così fu! – spiegò lo scriba – Si chiamava Pordace, infatti, il re di Troia, prima che il suo nome fosse cambiato in Priamo il Riscattato.”
Nel commosso silenzio sceso improvviso, rotto solo dal rumore lontano di arnesi che picchiavano contro la pietra, il principe Thomosis tornò a domandare:
“Re Priamo di Troia?”
Senepet-Ra accennò sì col capo, poi si pose alla guida del gruppo, sempre silenzioso e taciturno.
Risalirono le scale ed attraversarono la navata centrale della splendida sala popolata di una moltitudine di gigantesche colonne papiriformi: così numerose da dare l’impressione di trovarsi all’interno di un labirinto; sollevando lo sguardo, il cielo si vedeva appena, occupato dalla sommità delle colonne che parevano congiungersi lassù .
“Perché, potente signore, sei stato scelto proprio tu… uno straniero… per la consegna del riscatto?” il principe Xanto prese nuovamente la parola.
Intorno a loro, intanto, ad ogni passo l’atmosfera si caricava di mistero e di una penombra sempre più estesa. Lontano dalla profana confusione del mondo esterno, ogni cosa appariva sapientemente immersa in una penombra appena rischiarata dalla debole luce che cadeva dall’alto sfiorando capitelli e creando suggestivi giochi d’ombre.
“E chi, se non un ambasciatore straniero mandato dall’illuminato Signore della terra d’Egitto, poteva portare doni in segno di pace ai potenti sovrani del Popolo del Mare? Fui scelto io perché…”
“I soldati! – il grido d’allarme di uno dei giovani allievi di Thot, tornato sui suoi passi e comparso in fondo alla navata, impedì al vecchio sacerdote di proseguire – I soldati, Signore. E li conduce Enen.”
“Sono sulle mie tracce… la mia fuga è terminata.” esclamò preoccupato Xanto, ma lo scriba reale lo rassicurò
“La tua fuga è appena iniziata, principe Xanto. Non temere. Ti condurrò io stesso in salvo attraverso una via segreta di cui siamo davvero in pochi a conoscenza. Presto. Seguitemi… il mio allievo Amenemhat ci guiderà attraverso quella via.”
Uno sguardo d’intesa intercorse tra lo scriba reale e il suo allievo.
“Quell’Enen, figlio di Teshut, - esordì Ankheren, che fino a quel momento non aveva aperto bocca – ha bisogno di misurarsi con qualcuno che gli porti via la boria e l’arroganza… Ankheren, figlio di Mursil trarrebbe gran diletto in questa occupazione. ah.ah.” rise, stemperando un po’ la tensione venuta a gravare sul gruppo; la principessa Nefer continuava a ripetere:
“Enen… Enen… “ con il bel sembiante un po’ preoccupato.