EPILOGO

EPILOGO


        “Io mi sono unto con gli unguenti Sacri.
         ho sulle spalle la pelle di pantera…”
salmodiava Osor, sacerdote di Bes, nelle dolenti vesti di sem, sacerdote funerario.
        Mi sono purificato con acqua in cui Horo si purificò
        Quando ha fatto da sem per suo padre Osiride
        Mi sono purificato con acqua in cui Thot si purificò…”

Il soffio rovente di Horo sferzava implacabile la Valle proibita, ma una folla dolente e silenziosa assiepava i viottoli che conducevano alla Set-Nefure, la Sede-della-Bellezza, ad occidente del Nilo, che i posteri chiameranno Valle delle Regine.
Era lì per consegnare la principessa Nefer all’Eternità.
        Mi sono purificato con l’acqua in cui Anubi…
Continuava a salmodiare il giovane Osor mentre alle sue spalle la voce delle prefiche, vestite di bianco e con le teste cosparse di cenere, era un solo lamento.
Lasciata la Ua-bet, la “Casa della Purificazione”, dove per settanta giorni il corpo era stato preparato per la Rinascita, la principessa Nefer era pronta ad affrontare l’ultimo viaggio. Deposta in un sarcofago di pregiata fattura, stava abbandonando per sempre il mondo dei vivi.

Alla guida della mesta processione, che si era fermata all’imbocco del sepolcro, nascosto e sprofondato nella montagna, c’era Osor.
Spiccavano, nel gruppo del corpo sacerdotale che lo seguiva, la maschera di Sciacallo del sacerdote di Anubi e quella di Falco del sacerdote di Horo.
Un gruppo di fanciulli depose per terra alcuni oggetti funerari che avevano portato in corteo: vasi, sedie, strumenti per la scrittura, unguenti e profumi, ghirlande di fiori ed oggetti preziosi; alcuni servi provvedevano a trasferirli all’interno della tomba, man mano che arrivavano.
         “Il corpo alla terra,il Luminoso al cielo…” continuava a salmodiare, mentre due fanciulle, sorellastre della piccola defunta, nel ruolo di Iside e Nefti, piangevano la sua morte, così come le due Divinità avevano pianto quella di Osiride.
Due operai, infine, portarono la statua della principessa, che avrebbe fatto da supporto fisico al Ka,  lo spirito, se il sahu, il corpo imbalsamato, si fosse deteriorato.
Per ultima, portarono la statua del Guardiano, copia perfetta del giovane prete di Bes, che tanta ammirazione aveva destato negli amici di Nefer, quando erano giunti al laboratorio del giovane scultore Mosè.
Osor aveva voluto farne dono all’amica defunta; Mosè era presente ed aiutò gli operai a sistemarla nella tomba.
Quando ogni oggetto ebbe avuto la propria collocazione,  quattro sacerdoti sollevarono il sarcofago e lo issarono su un monticello, al fianco dell’entrata della tomba, per dare inizio al rito funerario.

Meremptha, il Faraone, come qualunque padre affranto dal dolore, piangeva assieme al suo popolo l’amatissima figlia.
C’erano tutti: ricchi e poveri, schiavi e soldati, cortigiani e studenti ed avevano tutti un dono per la loro principessa, fosse anche un semplice fiore.
C’era l’intera Famiglia Reale, principi e principesse di sangue. E non mancava la presenza di principi ostaggi ed alleati del Faraone; c’erano, poi,  i Sovrani di Sparta, Menelao ed Elena.
Non mancavano, naturalmente, gli amici di avventure, venuti a darle l’ultimo saluto: Thotmosis, il fratello amatissimo, Xanto, che aveva aperto all’amore il suo cuore adolescente. Né potevano mancare Ankheren e il principe Semenze, con i  loro doni e le loro lacrime e c’era Amenemhat, l’allievo di Thot, che l’aveva conosciuto solo da poco e già la rimpiangeva con tutto il cuore.
C’erano proprio tutti e tutti con un dono e la barba incolta e se la barba non era ancora spuntata, con il capo cosparso di cenere.

Le donne ripresero i loro lamenti, gli uomini ad imbrattarsi il capo di cenere ed un torello ad arrossare la sabbia con il suo sangue
Quasi che anche la natura volesse partecipare a tanto cordoglio, una coltre di nubi, scura e grigiastra, oscurò il sole.
“Horo, non nasconderti. – si levò la voce del sem – Torna da noi ed accompagna la Figlia del Cielo nel suo cammino verso la Gloria…”

Una pausa lunghissima riempì il tempo d’attesa, poi Horo, lentamente, ritornò. Le nubi veleggiarono lontano e la calura tornò a schiacciare ogni cosa contro il suolo rovente; i corvi sopra le creste dei monti e le cicogne sulle colline, storditi dal riflesso  della sabbia e dei sassi incandescenti, stavano immobili, simili a piccoli simulacri di pietra,
In lontananza il Villaggio degli operai biancheggiava contro il fianco della montagna ed alle spalle delle case, spiccava una grande costruzione a forma di tenda: il Luogo-Puro, la Casa-della-Purificazione e la Casa-dell’Imbalsamazione.
Osor e due Sacerdoti-funerari, intanto, avevano dato inizio al rito misterioso della Up-Ra o Apertura-della-Bocca, che avrebbe conferito alla defunta tutte quelle facoltà attraverso cui si manifesta la Vita.
Osor cominciò sfiorandole le guancia e poi il capo con l’UrriKa,  lo strumento magico, mentre il sacerdote di Anubi versava qualcosa nel tripode, alla sinistra del  sarcofago.
Subito dopo, una fumigazione si levò dal braciere e prese ad espandersi d’intorno.
        “Che la sua bocca sia aperta da Ptha
         che Ammon disserri le pastoie della sua Barca
         che Thot arrivi munito della sua parola magica…”
cominciò a recitare il chery-web, Sacerdote lettore, Colui che possedeva la giusta intonazione della voce per richiamare l’attenzione degli Dei, per il più misterioso dei rituali  
          sia lei capace di respirare
          muovere gli arti e camminare…     
          Sia aperta per lei la Duat
          Siano aperti per lei i Chiavistelli di Geb…”

Terminata la  cerimonia di Rianimazione-del-Corpo, il sarcofago venne chiuso e adagiato su un piano inclinato; fu fatto lentamente scivolare fino all’interno della tomba accompagnato dal pianto delle prefiche che si alzava al cielo più straziante che mai.
Il sarcofago, sacro e prezioso, doveva essere la “dimora-eterna” della principessa; sulle fiancate recava incisioni in oro, di cui era fatta la carne degli Dei e in argento, di cui erano fatte le ossa: tanta divina protezione avrebbe preservato dalla corruzione anche la sua carne e le sue ossa.

Soltanto Osor, il sacerdote di Bes, e i sacerdoti di Anubi ed Horo lo seguirono all’interno, tutti gli altri, lo stesso Faraone, rimasero fuori e laggiù, nel cuore della cripta, prese atto la parte più occulta e misteriosa del Rito.
L’attenzione dei tre uomini degli Dei si concentrò sulla statua della principessa:
   “O Ra,che vieni dall’Orizzonte, che Nefer
    possa stendere il braccio come il Signore della Corona.
    che possa tenersi eretta come Horo e sedere come Ptha…”
recitò il chery-web.
Il rito si trasferì poi sulle statuette ushabtiu, chiamate a fare i lavori nell’aldilà.
Per ultimo fu lasciato lo splendido simulacro dalle fattezze di Osor; il giovane prete di Bes gli appese fra le dita della mano sinistra un misterioso sacchetto poi armò la desta di una lancia.
Sfiorò ogni parte della statua, così come aveva fatto con tutte le altre, con la punta dell’urrika mentre il chery-web intonava:
      “Osor è il tuo nome
       Guardiano della Soglia e Coercitore degli avversari.
       Sorgi,tu,come l’essere che si è dato la Forma.
       Salva Nefer dai Guardiani dei Passaggi e dalle loro mannaie
       Fa che non precipiti dentro le loro fornaci
       Respingi con la lancia i profanatori di questa tomba
       A te,che hai nelle mani il tocco della Morte Incognita
       è affidata l’eterna vigilanza.
       Custodisci la sua dimora.
       
Il Sacerdote-Lettore ebbe una pausa; là sotto l’aria era torrida ed irrespirabile. Fece seguire un lungo respiro, si schiarì  la voce e riprese, in tono più vibrante:
       Sorgi nell’ora di vivere con le interiora degli Dei
       Tu mi proteggi Occhio di Horo
       Il ramo è il dito di Sokar
       Il palo è la gamba di Nemo
       La punta è la mano  diIside
       Sorgi nell’ora di vivere…”

  
La “giusta voce” circondò il simulacro, lo avviluppò, lo imprigionò. Come energia misteriosa e inarrestabile, penetrò nella materia inerte. Scavò, sprofondò al suo interno e raggiunse la “principio vitale” che v’era nascosto.
       “Sorgi nell’ora di vivere…” 
Il richiamo perentorio che ordinava di lasciare la materia inerte che lo teneva imprigionato, che turbava le “regole della natura” percorsero il “principio vitale” del simulacro.
Il legno vibrò; si ammorbidì. Si udirono impercettibili scricchiolii, chiari indizi di qualcosa che andava mutando dentro di esso: metamorfosi di atomi e molecole.

I tre sacerdoti levarono le braccia al cielo per un’ultima invocazione, poi si avviarono verso l’uscita.
Alle loro spalle gli scricchiolii si fecero più intensi, ma nessuno dei tre osò girarsi per guardare. A passi spediti lasciarono la tomba, che venne sigillata e chiusa per sempre.

       “Io sorgo nell’ora di vivere
        Sorgo nell’ora di vivere con le interiora degli Dei.”
Gli occhi del simulacro di colpo si spalancarono. Un lampo di consapevolezza di “vigore fisico” e di “forza di vita”, attraversò il suo sguardo di quarzite.

 

Il legno comprimeva ancora la sua “forza vitale”. La serrava, la difendeva come uno scudo incorruttibile. La “giusta-voce”, però, penetrò il legno e lo attraversò, per chiamarlo alla vita.
        “Io sorgo nell’ora di vivere…
Le labbra si mossero ma le parole rimasero ancora prigioniere del legno.
        “Io sorgo nell’ora di vivere…”
La voce. Fu la “sua” voce,  questa volta, a ripetere il comando.
Il petto gli si allargò in un respiro.
Il primo.
In una sinfonia di echi e scricchiolii, la materia inerte e dura vibrò di vita e Osor il GUARDIANO, copia esatta di  Osor, il sacerdote di Bes, si erse in tutta la prestanza fisica: alto, atletico, imponente, le sue proporzioni erano quelle di un Semi-dio.
I colpi di martello che sigillavano la cripta gli fecero sollevare il capo e scuotere la folta, singolare luminosità corvina della capigliatura trattenuta sulla fronte da un cordino di pelle.
Seguì il silenzio, poi la magica creatura si accostò al sarcofago in cui riposava la principessa Nefer, e la sua voce,come proveniente da abissali profondità, esordì:
“Chiamami,o mia Signora, ed io verrò. Sarò la tua ombra e libererò il tuo cammino da ogni insidia.”