I Cavalieri Templari

 

 

Innanzi tutto chi erano?
Usando un linguaggio moderno, li definiremmo: “Corpo Scelto con licenza di uccidere.”
In realtà erano molto di più.
Erano monaci-guerrieri francesi e costituivano il baluardo armato della Cristianità, con l’impegno di difendere il pellegrino e combattere il Saraceno.
Erano anche una Confraternita ricchissima e potentissima. Troppo ricca e potente. Tale da impensierire la Chiesa e stuzzicare gli appetiti dello Stato. (soprattutto di quello francese).
Ricchezza e potenza furono proprio la causa della loro rovina che arrivò insieme all’accusa più facile e veloce per l’epoca, se si voleva annientare qualcuno: l’eresia.
Il 18 marzo del 1314, nei pressi della Senna furono mandati al rogo con quell’accusa, i capi della Confraternita.

Ma… cominciamo dall’inizio.
L’”Ordine del Tempio”, monastico-guerriero, fu fondato nel 1118, nel Regno Cristiano di Gerusalemme, da nove Cavalieri francesi,
Nei pressi delle rovine del Tempio di Salomone, i nove, davanti al Patriarca di Gerusalemme, fecero solenne voto di: castità, povertà ed obbedienza, col giuramento di difendere la Cristianità
Il loro nome della confraternita era:  “Poveri Cavalieri di Cristo” e come poveri vivevano, seguendo le regole di vita di qualunque monaco.
In realtà, non erano monaci come gli altri.
Ben presto si rivelarono essere uomini ambiziosi e pronti ad impugnare il ferro per la  “Causa”.
E non erano poveri, ma sostenuti da facoltose famiglie, prima fra tutte, quella di S. Bernardo.
Dieci anni  dopo i membri della Confraternita erano saliti a 300, con una milizia armata di 3000 uomini e per la prima volta nella storia della Chiesa, per fissare le Regole del nuovo Ordine, l’Ordine del Tempio”, venne addirittura fissato un Concilio.
L’ordine era composto di Cavalieri (rigorosamente di nobile origine) cappellani, scudieri e soldati.
A capo c’era il Gran Maestro; seguivano:
- Il Siniscalco (assistente del primo)
- Il Maresciallo (capo delle Forze Armate)
- Il Commendatore ( amministratore dei beni)

I privilegi dell’Ordine erano davvero tanti:  beni esenti da tasse, diritto di riscossione di tributi sui beni e perfino  facoltà di amministrare la Giustizia all’interno dei possedimenti.

Durante i primi cento anni, lasciti e conquiste, consentirono all’Ordine di accumulare un’enorme ricchezza.
Una ricchezza incalcolabile, proveniente da donazione dei propri beni da parte degli stessi Cavalieri, lasciti di famiglie di nobili e ricchi mercanti,  regalie di Principi e Re in compenso dei servigi ottenuti: un’enorme ricchezza in denaro, oro, terreni, palazzi, castelli, e altro ancora.
Da aggiungere a questa, l’enorme bottino portato via dall’Oriente.
Tanta ricchezza fece di loro i banchieri di Papi e Re e la
sola sede di Gerusalemme non bastò più.
Se ne crearono molte altre: ad Antiochia, a Tripoli, in Francia, Inghilterra, Portogallo, Italia, Ungheria, ecc.. e l’Ordine divenne una vera e propria “multinazionale” economica, politica e militare.

Tanta ricchezza, però, finì per creare intorno all’Ordine dei Cavalieri un alone di mistero,  alimentare diffidenze e sospetti, suscitare gelosie e destare appetiti.
Si diceva di loro che avessero  scoperto la Pietra Filosofale, che praticassero l’Alchimia e custodissero altri segreti.
Si diceva che  non adorassero solo il Cristo e la Croce, ma anche un misterioso “idolo”.
Oggi, in molti concordano nel ritenere che quell’”idolo”, che tanta parte ebbe nel Processo intentato contro di loro, altro non fosse che il lenzuolo piegato della Sindone con l’immagine del Cristo.
Se consideriamo la loro grande loro capacità di Cacciatori e Ricercatori di Sacre Reliquie, non si fatica a credere che si trattasse proprio della famosa reliquia custodita a Torino.

L’attacco all’Ordine era, dunque, questione di tempo.
Arrivò nel 1307 nella persona del re di Francia, Filippo il Bello, il quale, per voler mettere nei guai i Cavalieri, aveva molte ragioni:
- era debitore nei confronti dell’Ordine  per una ingente somma.
- Aveva chiesto e mai ottenuto di diventare Gran Maestro dell’Ordine, privilegio concesso ad altri Sovrani.
- Gli era stato negato un ulteriore e più ingente prestito per fronteggiare la guerra contro l’Inghilterra. 

Il passo dal rancore alla vendetta fu  breve e l’occasione gliela dette la visita a Parigi del Gran Maestro, preoccupato delle strane voci che circolavano sull’Ordine e sui Cavalieri.
All’alba del 13 ottobre del 1307, alla stessa ora e in tutto il territorio francese, uomini armati si presentarono alle Commende. ( i conventi con annesse proprietà, dei monaci-guerrieri). Circa 2000. 
I soldati del Re arrestarono tutti i Templari e sequestrarono i loro beni con l’accusa di eresia, così formulata:
.  rito segreto di Iniziazione attraverso cerimonia blasfema.
-  Adorazione di un “idolo” non ben definito, da parte del Gran Maestro  e delle alte gerarchie dell’Ordine.
- Omissione della consacrazione dell’Ostia durante la celebrazione della Messa
- Sodomia


Come ogni Confraternita che si rispetti, anche i Templari , in verità, avevano tutta una serie di rituali segreti, soprattutto legati all’Iniziazione, suggestiva, ma discutibile e talvolta incomprensibilmente blasfema, come risulta dalle Carte Vaticane del Processo intentato contro l’Ordine nel 1308.
Seguiamo una cerimonia d’Iniziazione.
L’adepto, accompagnato da due Scudieri, si reca alla “Casa dell’Ordine” dove, attraverso uno spiraglio, due Templari gli chiedono. “Cosa desideri?”
“Entrare nel Tempio.”  è la risposta.
La porta si apre ed egli è condotto alla presenza del Gran Maestro e di 12 Templari, tutti con indosso il bianco mantello con sulla spalla sinistra ricamata la Croce.
Inizia l’Interrogatorio e segue il Giuramento, che si conclude con il “Bacio della Pace” sulla bocca, ma anche
(risulterà dagli atti di accusa) “in fine spine dorsi”… e non occorre traduzione.
Se gli atti di accusa sono veritieri, risulterà che all’adepto viene richiesto perfino di sputare sul Crocifisso… ma questo era un particolare ancora ignoto prima del processo e, in verità,   un particolar assai debole, considerata la fonte: le  “confessioni” ad un altro detenuto, di un Cavaliere espulso dal Tempio e finito nelle carceri di Parigi.

Ma torniamo al Processo.
Re Filippo ne affidò il corso a Guillaume de Nogaret, inflessibile ed implacabile Inquisitore della Chiesa di Francia ed amico suo personale.
Si trattava di un processo di carattere religioso e non spettava al Re intentarlo, essendo esclusivo diritto della Chiesa: un palese abuso di potere da parte della Francia.
Filippo, che voleva sbrigare la faccenda in poco tempo, ordinò la tortura per far confessare gli accusati e farli condannare al rogo, pena prevista dalla Chiesa Romana per quei “reati”.
Clemente V, però, il Papa, non ne fu affatto contento: il diritto di sottoporre a torture, mutilare e bruciare in nome di Cristo, spettava solo alla Chiesa ed egli rivendicava per sé e per la Chiesa quel “diritto”.
Nel febbraio dello stesso anno, egli annullò ogni potere dell’Inquisitore francese e pur tra le vivaci proteste di re Filippo, intentò un nuovo processo, conducendo personalmente l’interrogatorio su 72 Templari; gli altri furono interrogati da vescovi e cardinali.
La Chiesa era sempre stata dalla parte dei Cavalieri e questi, forse, si aspettavano lo fosse anche  Papa Clemente.
Invece, il Papa (forse per opportunità o forse per timore nei confronti della Francia) ordinò lo scioglimento dell’Ordine: una decisione che segnò la fine dei Cavalieri.
Quelli che avevano confermato la confessione furono liberati, gli altri, condannati al rogo.
Quanto al Gran Maestro ed ai vertici dell’Ordine, proprio sul sagrato di Notre Dame, essi confermarono le proprie confessioni e vennero condannati al carcere perpetuo, ma il Gran Maestro, Jacques de Molay, appreso dello scioglimento dell’Ordine, ritrattò ed affermò che la Regola del Tempio era giusta, lecita e cattolica e che i Cavalieri non erano colpevoli di alcuna forma di eresia.
Re Filippo ordinò immediatamente il rogo per lui e gli altri.
Era il 18 marzo del 1314.
Il Gran Maestro affrontò il rogo senza l’abito sacro dei Templari, quale gesto simbolico d’affermazione d’innocenza ed accompagnò il gesto con una solenne Maledizione nei confronti delle due istituzioni, colpevoli di quelle morti: lo Stato e la Chiesa e predisse, entro l’anno, la morte dei rappresentanti di entrambe.
Gli eventi si verificarono esattamente in aprile e nel novembre del 1314.

A questo punto sorge una domanda: perché tante confessioni, nessuna delle quali sotto tortura? (solo re Filippo fece accompagnare gli interrogatori con la tortura)
La risposta sembra essere una soltanto: il Tempio aveva i suoi “segreti”, ma anche una limitata gerarchia a cui era consentito di accedervi.
Quali erano questi segreti?
Qualunque fossero, non avremo mai modo di conoscerli veramente, poiché qualunque azione veniva sbrigata nel più stretto segreto e quasi mai in forma scritta.
La regola scritta era riservata solo ai vertici dell’Ordine; tutti gli altri ne erano completamente all’oscuro.
Accanto alla Regola ufficiale, è ormai certo,  ne esisteva una seconda, segreta e non ufficiale, consistente in
“3 articoli – come ebbe a dire il templare De Montpezat- che nessuno conosce e conoscerà mai. All’infuori di Dio, il diavolo e i Maestri.”
Intorno a questa Regola segreta si è molto favoleggiato.
Tracce di essa comparvero per la prima volta alla fine del ‘700, per scomparire e ricomparire circa un secolo dopo in una Loggia  Massonica e scomparire poi definitivamente.
In essa vi era contenuta forse, la prova di una delle accuse principali  rivolte ai Templari: quella di eresia?
Molto studiosi si chiedono ancora oggi se i  “Cavalieri di Cristo” fossero davvero eretici oppure no.
Domanda che resterà sempre senza una risposta certa, soprattutto se si tiene conto che molti nobili,  appartenenti all’eresia degli Albigesi si convertirono, entrando a far parte dell’Ordine. E’ presumibole pensare che qualcuno di loro abbia portato con sé anche il seme di quella eresia.

In realtà, in seno alla Chiesa erano sorti sospetti già da un secolo, quando l’Ordine era all’apice della propria potenza: Papa Innocenzo  III, prima, e Clemente IV dopo, ammonirono più volte l’Ordine, minacciando un più severo controllo.
Poiché l’Ordine era costituito da monaci-guerrieri rudi, supinamente fedeli al voto d’obbedienza e nella maggior parte piuttosto ignoranti, è difficile ipotizzare, in siffatte persone, quella sottigliezza mentale capace di elaborare idee di eresia e disubbidienza religiosa.
Quanti Templari, dunque, erano (se lo erano) davvero eretici?
L’ipotesi potrebbe condurre all’esistenza di una seconda gerarchia al suo interno, indipendente da quella ufficiale: una società segreta, in seno all’Ordine, dedita a pratiche particolari come l’alchimia e l’esoterismo.
Non solo. E’ nota la passione dei Maestri Templari  per l’arte della crittografia, come è noto che utilizzassero scritture segrete arricchite da  simboli esoterici.
Numerosi messaggi criptati, infatti, sono stati  trovati in molte delle strutture architettoniche dell’Ordine e nelle celle dove i Templari furono ospitai durante il Processo.

Il mistero più inquietante resta, però, quello legato agli atti blasfemi durante i riti di Iniziazione, come quello di sputare sulla Croce.
Si trattava di un atto di negazione del Cristo?
Assai improbabile per dei  “Cavalieri di Cristo”.
E se fosse stato, invece, la negazione della Croce, essendo stata, la  Croce, lo strumento di morte del Cristo?
Un’ipotesi, certo, ma non del tutto peregrina: questo tipo di eresia, che considerava il culto della Croce una forma di superstizione, era assai diffusa, all’epoca, e punita con il rogo.

Un’altra domanda: sciolto l’Ordine, che cosa ne fu dei Templari che sopravvissero ai roghi ed ai tribunali dell’Inquisizione?
Tornati alla vita civile, si presume che molti di loro abbiano ingrossato le file di mendicanti ed erranti. Molti altri, però, sia pure una minoranza, sono sicuramente riusciti a “consegnare” la Regola del Tempio a nuove generazioni. E sicuramente sotto altre forme: società segrete, associazioni e confraternite. In clandestinità e nell’anonimato.
Hanno attraversato i secoli, fino ad oggi, e rivendicato le proprie radici, affondandole nella “Regola morale dell’Ordine dei Templari.”