La leggenda di Hermann e Tusnelda

La leggenda di Hermann  e  Tusnelda


"Varo... Varo, rendimi le mie Legioni!"
Chi non ricorda il celebre lamento di Augusto mentre si aggirava  disperato per  le stanze del Palazzo.
Anno 9 d.C.
Hermann (Erminio) capo della tribù dei Cherusci, in Germania, aveva attirato in un'imboscata e distrutto, nella selva di Teutoburgo, le tre Legioni romane del Legato Varo, dopo una strenua e feroce battaglia. Con tutte le Insegne.
Hermann per anni tenne in scacco le Legioni romane anche dopo la disfatta di Varo e trascinò nella lotta contro Roma molte altre tribù.
Costrinse anche Segeste, capo dei  Catti, a prendere le armi contro Cesare, ma i rapporti fra i due erano assai ostili: Hermann, profondamente innamorato di Tusnelda,  figlia  di Segeste, la rapisce e la sposa nonostante che questa fosse già promessa ad un altro uomo.
Tusnelda, però, corrispondeva appassionatamente il sentimento del marito e condivise totalmente anche il suo sogno di rivolta contro Roma.
Nel 15 d.C.,  dopo alcuni anni di durissimi scontri, Germanico riuscì a prendere prigioniero Segeste e sua figlia Tusnelda, incinta di Hermann.
Anche Herman venne catturato, ma subito dopo fu liberato dai suoi uomini e riparò nella foresta di Teutoburgo da dove condusse per anni una guerriglia assai insidiosa per le Legioni romane.
Tusnelda mise al mondo il suo bambino, Tumelico, in stato di schiavitù e questo accese di furore sempre crescente Herman,  che si fece ogni giorno più audace e temerario,  riuscendo a trascinare nella lotta un numero sempre maggiori di tribù.
Al suocero Segeste che aveva chiesto ed ottenuto il perdono di Cesare, faceva arrivare tutto il suo disprezzo,  dicendo che Roma aveva impegnato tante forze solo per catturare una donna indifesa ed incinta.
Tusnelda, però, al contrario del padre, non chiese mai pietà, non implorò il perdono dei vincitori, non pianse, ma si teneva la veste,  come dirà Tacito nei suo i "Annali",  che non riusciva a nascondere i segni della gravidanza avanzata.  Si dimostrò sempre forte, fiera e fedele al suo grande amore.
Nel 17 d.C. sfilò per le strade di Roma assieme al figlioletto di tre anni dietro il carro di Germanico vincitore.
Le fu risparmiato lo stato di schiavitù e fu inviata a  Ravenna con il figlio, dove visse  fino alla morte. Subito dopo l'arrivo a Ravenna, però, madre e figlio furono separati e  Tumelico diventato ragazzo, fu rinchiuso in una Scuola Gladiatoria  dove si mostrò non meno fiero e coraggioso del padre. Morì  nel 30 d.C. ucciso in uno dei sanguinosi Giochi Gladiatori.

Hermann morì, invece, a 37 anni e dopo 12 di comando e battaglie e non per mano dei romani, ma della sua stessa gente. Le Legioni romane avevano lasciato la Germania ed Hermann aspirava a diventare Re. Tradito, cadde in un agguato e fu ucciso.
Intorno alla sua figura, però, le leggende fiorirono subito e ne fecero il simbolo della  lotta contro Roma e il dominio straniero.
Lo stesso Tacito nei suoi "Annali" non esita a definirlo il "Liberatore della Germania", riconoscendogli  il merito di non aver mai subito, nel corso dei 12 anni di rivolta contro Roma,  una vera sconfitta, ma solo "alterne fortune".
Ancora oggi, in Germania, Hermann è considerato eroe nazionale  e il suo mito non è inferiore a quello di Sigfrido.

Heinrich von Kleis  nel suo "La Battaglia di Erminio"  ne esalta le gesta eroiche e  l'amore per la sua donna e ne fa addirittura uno scontro di civiltà fra romani e germanici.