Jezabel, la bella Kaseki Sultan, la Sultana Favorita di Sayed Alì, aveva su di lui enorme influenza e non solo a motivo della bellezza, ma perché era la madre di Alì, l'unico figlio del Sultano; salendo, un giorno, sul trono di Doha, il piccolo Alì avrebbe fatto di lei la Valde Sultan, ossia la Sultana Madre. Per questo motivo Jezabel disponeva dell’appartamento più bello e spazioso dell’harem. Cosa non da poco per donne praticamente prigioniere senza sbarre, il cui assillo maggiore era di trascinare la giornata nell’ozio più inoperoso.
Sul suo bellissimo terrazzo, che si affacciava sul mare, si poteva passeggiare, danzare, bere the, mangiare focaccine di farina di datteri e sfoggiare gioielli: orecchini, collane e bracciali di preziosissima e finissima filigrana, nella cui arte, gli orafi arabi erano grandi maestri.
I divertimenti andavano da infantili giochi come la moscacieca a pesanti scherzi a spese di ancelle ed eunuchi; questi, soprattutto, costretti a subire crudeli commedie per lo spasso di un pubblico sciocco ed annoiato.
Donne ed eunuchi si odiavano; le prime perché scaricavano su di loro i rancori verso il maschio, i secondi perché costretti a sottostare alle loro angherie.
La casa, come l’harem, era il solo luogo dove la donna musulmana non era più cancellata e radiata, ma resa “cosa”. Qui la donna era claustrata e segregata a beneficio di un solo uomo. Il suo volto, la cui vista era decretata come pericolo per gli uomini e per questo condannato da una legge ad essere celato e nascosto, qui diventava “cosa” privata. “Gentile e soave”, secondo i poeti che ne celebravano la bellezza, ma proprietà invisibile agli altri.
"La principessa Jasmine è scomparsa. Dicono che sia stata rapita." ansante per la corsa fatta per portare la notizia, la schiava di Jezabel irruppe sul terrazzo.
"Scomparsa?" esclamò stupita la donna.
"E' così, mia signora." la ragazza si accoccolò ai suoi piedi.
"Non è possibile! E' uno scherzo, vero?" disse ancora la Favorita; stava intrattenendo un gruppo di ospiti con i soliti stupidi giochi. Le donne lasciarono gli oziosi passatempi e si precipitarono dalla padrona di casa.
"Chi ti ha dato la notizia?" insisté la Favorita.
"E' stato Kamuki." rispose la schiava.
"Dov'è Kamuki?- la donna allontanò col piede la ragazza, poi ordinò- Chiamate Kamuki."
Kamuki comparve qualche minuto dopo tra due siepi di oleandri, scuro, tarchiato e muscoloso.
"E' vero che la principessa Jasmine è scomparsa?" gli chiese senza preamboli la donna, facendogli segno di avvicinarsi.
"E' vero. – l’uomo assentì col capo e si affrettò a raggiungere la padrona - Forse è stata rapita." spiegò.
Kamuki era il kizlar agast o “capo delle ragazze”. Era il capo dell'harem, incaricato del controllo su tutto il personale.
"Ma chi può averla rapita?" domandò ancora la kaseki sultan.
"Non lo so, signora." rispose quello stringendosi nelle spalle.
"Ma quando è avvenuto?" insisteva la donna.
"Cinque giorni fa."
"Cinque giorni? E per cinque giorni non se ne è saputo nulla?"
"Ecco perché da tre giorni - interloquì un'ancella, assumendo un’espressione eloquente - il Sultano non ci fa visita…"
"Vai ed informati meglio." la donna ordinò all'uomo e questi si allontanò veloce.
Poco dopo, però, lasciato il terrazzo e le amiche a congetturare, Jezabel raggiunse un terrazzo adiacente su cui si aprivano molte finestre. Questo secondo terrazzo, a differenza del primo, guardava all'interno del palazzo, sui giardini d'ingresso del portone di entrata, dove due sentinelle armate erano di guardia notte e giorno.
La donna si accostò ad una di quelle finestre, scostò la tendina di finissima mussola e gettò uno sguardo all'esterno; le note di un tendir e il canto di un'ancella giungevano dal terrazzo spezzati e soffusi.
(continua)
brano tratto da: IL RAIS - Misteri d'Oriente su AMAZON
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