La vita di Tarquinio il Superbo e sua moglie Tullia, divenuti i nuovi Signori di Roma contro la volontà del popolo e di buona parte del Senato, non poteva essere né facile né felice.
Innegabili, però, le machiavelliche "virtù" di questo Sovrano, che consentirono a Roma di estendere la propria influenza oltre i confini del Lazio. Si manifestarono in più occasioni. La conquista della strategica roccaforte etrusca di Tuscolo, ad esempio, ottenuta con macchinoso raggiro. La comandava un certo Ottavio Mamilio, che il Superbo si affrettò a dare come marito a sua figlia.
Ecco come avvenne il fatto.
Durante un'assemblea presso il Santuario di Ferentino, il Superbo fu accusato, sul piano morale e personale, da un certo Erodonio. Tarquinio non rispose subito alle accuse, ma rimandò al giorno seguente la difesa.
Durante la notte, però, riuscì a far introdurre sotto la tenda del suo accusatore un certo numero di armi. Poiché era proibito presentarsi armati ad un'assemblea religiosa, il povero Erodonio fu messo a morte per il suo imperdonabile gesto sacrilego mentre il Superbo usciva rafforzato da quel confronto. Così rafforzato, da riuscire ad esercitare sulla Lega Latina un severo controllo ed a ricondurre all'obbedienza città ribelli come Pomezia o Gabii.
Proprio in questa circostanza si manifestò il machiavelllico ingegno che il Superbo aveva trasmesso a Sesto, il figlio maggiore.
Gabii era per Roma un baluardo quasi inespugnabile di una resistenza estrema messa in atto da "dissidenti" latini refrattari agli usi e costumi etruschi così cari al Superbo; in migliaia vi avevano trovato rifugio ed aspettavano l'occasione buona per agire.
L'occasione gliela fornirono proprio il Superbo e suo figlio Sesto.
Giunse a Gabii la voce di una rivolta popolare contro il Re di Roma, capeggiata proprio da suo figlio Sesto; scoperta la congiura, il colpevole fu sottoposto a vessazione ed umiliazioni di ogni sorta ed al supplizio delle verghe.
Nessuno a Gabii dubitò dell'inimicizia fra padre e figlio quando Sesto inviò messaggeri per chiedere asilo per sé e un nutrito gruppo di amici "disertori" pronti a volgere le armi contro il Re di Roma. Nessuno dubitò, poiché la tortura delle verghe era tra le punizioni più terribili.
Così fu.
Ignari del tranello, poiché di tranello si trattava, ben congegnato tra padre e figlio, i cittadini di Gabii furono lieti di offrire ospitalità a Sesto ed ai suoi uomini. Appena, però, se ne presentò l'occasione, questi si impadronirono dei punti strategici della città senza troppa fatica.
Si inserisce a questo punto l'episodio passato alla Storia come "i papaveri di Gabii".
Sesto inviò un messaggero a Roma per chiedere al Superbo istruzioni sulla condotta da tenere con i maggiorenti ed i capi della città.
Tarquinio il Superbo, diffidente per natura ed in particolare con gli ambasciatori, condusse il messaggero in giardino e mentre questi gli esponeva i fatti, egli cominciò a tagliare i papaveri con la punta di un bastone, senza dire nemmeno una parola.
Il messaggero tornò a Gabii piuttosto seccato a causa dell'atteggiamento del Re, inqualificabile e superbo, a suo dire.
Sesto, però, aveva capito perfettamente l'ordine contenuto in quel silenzioso messaggio: liberarsi dei capi e dei maggiorenti della città. Così fece. Li mandò a morte o in esilio.
I loro beni furono distribuiti a plebe e nullatenenti e Gabii si arrese a Roma contenta e soddisfatta.