Caitolo XIV - ultima parte

Caitolo XIV  -  ultima parte

La prima sensazione che Ramseth ebbe quando si svegliò fu un acre odore di muffa  aggredirgli le narici. Aprì gli occhi, ma intorno a lui c'era solo buio screziato di ombre.
"Dove sono? -  fu la prima cosa a chiedersi, ma la risposta arrivò subito - Una tomba?... Questa è una tomba... Sono stato sepolto vivo!"
Odore di muschio e terra umida, di incenso e balsami e profumi alterati ed integrati ad altri più vicini alla natura: odore di morte!
La gola gli si chiuse, impedendogli di cacciar fuori l'aria entrata nei polmoni; un senso di soffocamento.  Le orecchie cominciarono a ronzare e un cerchio gli strinse la testa; dovette fare davvero molta fatica a mandare giù la saliva prima di riprendere a respirare: la paura lo aveva catturato in ogni fibra del corpo.
"Sono stato seppellito vivo!... - esclamò - Spono stato sepolto vivo!" urlo, balzando in piedi.
Il suono della propria voce, restituita da un'eco soffocata, gli diede la misura esatta di cosa volesse dire esser stato sepolto vivo.
Riprese a respirare, ma era  nel ventre che, adesso, lo aveva raggiunto terrore e  gli   stritolava le budella. Pian piano lo sentiva salir su, quel nodo...  su... su, fino al cuore e finalmente al cervello e l'eco della sua voce, prolungata, cavernosa, sconosciuta,  rompergli i timpani.
"Aiuto! Aiuto! - gridò - Non sono morto. Aiutatemi... sono ancora vivo!"
Gli rispose di nuovo quella terribile eco, poi di nuovo il silenzio.
Si coprì il volto con le mani e rimase ad ascoltare i battiti del cuore. Fu proprio questo a dargli  un improvviso, insperato coraggio.
"Non sono morto!... Non sono morto!" ripeteva; il cuore gli batteva forte, ma un po' meno   e la voce era tremante, ma un po' meno.
"Peggio sarebbese fossi morto davvero e non avessi di che affrontare il  viaggio nella Duat...
Non ho neppure un bastone con cui rintuzzare gli attacchi di Apep, di Rek e degli altri mostri..."
 Parlava lentamente, come a voler catturare il suono della propria voce, che era l'unico suono e che  pareva rassicurarlo. Il suo corpo era lì, ma anche il suo Ka... il suo spirito!
"I Giardini di Osiride possono ancora aspettare. - pensava ad alta voce - Voglio vivere...  Non voglio morire... ma come posso fare? Ahimé! Me misero! - ecco di nuovo lo sconforto - Oh, povero Ramseth!.. chi sentirà il tuo lamento? Chi leverà i lamenti sulla tua tomba, se la  tua tomba resterà ignota?... Chi metterà le offerte sulla tomba di mia madre se io non ci sarò quando lei sarà pronta per il Grande Viaggio?... Oh, Ammon, Aton, Osiride .... Ma...ma perché mi dispero? - un pensiero, d'un tratto gli attraversò la mente - La persona che occupa questa  tomba avrà sicuramente di che nutrirsi e... Oh, No!..."
Nel momento stesso in cui diceva quelle parole, ne misurava l'enormità: toccare uno solo degli oggetti di quella tomba significava profanarla."
"Una lampada. - pensò, sempre a voce alta - Almeno una lampada... Chi ha occupato questa tomba avrà osservato tutti i riti per rianimarsi ed affrontare il viaggio per raggiungere il Tribunale di Osiride... tutto quanto troverò qui dentro è stato lasciato perché a quel povero Ka non sarebbe servito. Se trovo una lampada non avrò profanato questo luogo né avrò procurato disagio a chi l'abitava e poi..."
Parlava, parlava, parlava, Ramseth e ascoltava la propria voce che lo rinfrancava. Si alzò e continuava a parlare, si mosse con le braccia in avanti e intanto parlava, incontrò una porticina che non ebbe difficoltà ad aprire ed intanto parlava.
Aprì la porticina ed un soffio d'aria calda lo investì... ed intanto parlava; sentì un rumore, come di un colpo di vanga contro la parete ed intanto parlava.
S'arrestò di colpo.
"Questo rumore... questo rumore non è la mia voce. Qualcuno sta picchiando contro la parete... forse il morto..."
Il terrore l'assalì nuovamente; più forte di prima e gli impedì di nuovo di respirare.
"Ramseth!... Ramseth!" si sentì chiamare.
"No!... No!..."
"Ramseth, rispondi. Sei vivo?"
S'era ingicocchiato, la testa raccolta nelle mani; la sollevò.
Osorkon! La voce di Osorkon... quella era la voce dell'amico Osorkon, non c'erano dubbi e veniva da fuori e non dal ventre della terra.
"Osorkon! - urlò con quanto fiato aveva in gola - Sono vivo. Sono vivo. ..Osorkon!"
Siprecipitò contro la parete da cui sentiva provenire le picconate.
"Siano rinraziati gli Dei!" ancora la voce dell'amico pescatore; Ramseth, ora, rideva e piangeva e poi rideva ancora.
"Come sei arrivato qui?" urlò per farsi sentire da fuori.
"Keriut!... E' stato Keriut ad avvertirmi.- anche l'amico urlava per farsi sentire - Ha visto un soldato colpirti alla testa e il Visir ordinare di portarti via... Keriut li ha seguiti e non ti ha perso di vista un attimo... ma... ma ora come facciamo a tirarti fuori di qui? Praticamente non è possibile spostare questa lastrone di pietra all'ingresso della tomba. Ci vorrebbero dieci uomini e noi siamo solo in tre."
"Tre? Chi altri c'é insieme  a te ed al al mio amico Keriut?"
"Quella canaglia di Kafer." gli giunse attutita la voce dell'amico.
"Benedetto sia Kafer! -  proruppe il ragazzo con accento rinfrancato, poi aggiunse - Non preoccupatevi, amici... a come trarmi fuori da qui vi dirò io come fare... Ascoltate... ciò che mi serve sono solo tre cose, ma io non posso procurarmele."
"Dimmi cosa ti serve." disse Osorkon e Ramseth:
"Del carbone.  Mi serve del carbone... che dovrai ridurre in polvere... E anche dello zolfo... anche questo devi ridurre in finissima polvere." spiegò il ragazzo.
"Procurerò subito del carbone, ma ci vuole molto più tempo per per essere di ritorno dalla cava di zolfo."
"Aspetterò! - disse il ragazzo - Un'altra cosa devi portare... Ascoltami bene..."
"Ti ascolto."
"Devi entrare in una stalla ed osservare bene le pareti... vi troverai una certa polvere... ti spiegherò dopo di che cosa si tratta... granelli che dovrai raccogliere in certa quantità. Devi raschiarla e portarla qui."
"Farò tutto come dici... ma  che cosa ti servono tutte queste cose?"
"Ti spiegherò quando sarai di ritorno, ma ti prego... fai tutto come ti ho detto."
"Farò come dici. - Osorkon ascoltava attentamente; gli altri due amici ascoltavano in silenzio - Prenderò del carbone, dello zolfo e quella polverina che troverò sulle pareti di qualche stalla e..."
"Un'altra cosa, amico mio - lo interruppe il ragazzo -Serve del fuoco e un otre di pelle."
"Prenderò ogni cosa anche se davvero non so come del carbone e della polvere di stalla possano far uscire il mio amico da questa trappola." disse il pescatore,  nondimeno,  si allontanò con gli altri due amici per procurarsi tutto quanto.
Passarono alcune ore prima che i tre fossero di ritorno.
Seguendo diligentemente le istruzioni, Osorkon non immaginava di essere il primo uomo nella storia a fabbricare la polvere da sparo.
Quando tutto fu pronto, opportunamente dosato, posto nell'otre ed appuntato una strisciolina di lino imbevuta d'olio a mò di miccia:
"Ecco fatto come hai chiesto." disse Osorkon.
"Ascoltate bene. -  li avvertì il ragazzo - Prima di dar fuoco alla strisciolina di lino... ascoltate bene... quel miscuglio di polveri farà un gran rumore."
"Rumore?"   gli giunse la voce di Keriut.
"Sì, amico mio. Un rumore più forte di cento tuoni e voi dovete stare lontani   altrimenti vi farete molto male. Appena Osorkon avrà dato fuoco al pezzo di stoffa, correte  tutti lontano e in gran fretta... molto in fretta."
Osorkon seguì scrupolosamente ogni raccomandazione e poco dopo un potente boato sconquassò la tera, il pietrone volò in pezzi e Ramseth si affacciò tra i rottami in fumo.
Animali e persone nelle vicinanze, terrorizzati, cercarono rifugio in tane e abitazioni.
Ramseth venne fuori della tomba; i tre amici lo seguirono con sguardi colmi di attonito stupore mentre scavalcava le pietre; erano assai impressionati.
"Sei molto più di un uomo! - Keriut per primo si fece avanti - E io sono felice di essere tuo amico!"
Ramseth sorrise.
"Torniamo in città. - disse - Devo mettere in salvo mia madre... E' in pericolo ed anche il prete Namir."