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Il giorno dopo il Consiglio dei Dieci si riuniva per l'ultimo confronto e per pronunciare la sentenza contro Raniero.
L’ interrogatorio si protrasse per alcune ore e vide, faccia a faccia, i due accusatori di Raniero. Come prevedibile, si concluse con le reciproche accuse che contribuirono ad affossare ancor più la già precaria posizione di ognuno di loro e quando anche Raniero fu condotto davanti ai Giudici per l'ultimo interrogatorio, il tramonto non era lontano.
"Vi proclamato colpevole o innocente?"
La domanda di rito del Grande Inquisitore.
"Sono innocente."
La risposta del ragazzo.
"Cosa avete da dire a vostra discolpa?"
"Dico che non conosco chi mi accusa."
"Il suo nome è Gualtiero Monco, detto Bortolo."
Raniero cercò inutilmente nella memoria un volto che corrispondesse a quel nome.
"Non lo conosco." ripeté.
"E conoscete uno zingaro di nome Rames?"
"Quello lo conosco."
"E' lui che vi ha denunciato."
"Non pensavo che il suo rancore potesse giungere a tanto." esclamò Raniero scuotendo il capo.
"Per l'ultima volta, perché siete venuto a Venezia?"
"Per incontrare dei mercanti provenienti da Roma, come ho già spiegato."
"Mentite!... Ma mentire non vi salverà la vita."
"La mia vita è nelle vostre mani!" rispose il ragazzo e si chiuse in un mutismo difensivo fino a che non venne condotto via.
Terminati gli interrogatori, i Giudici si riunirono in una sala accanto per prendere una decisione sul verdetto. La seduta ebbe inizio. Tutto quanto i Segretari avevano riportato dell'interrogatorio, fu discusso a lungo e alla fine l'Avogador si alzò.
"Eccellentissimi signori. - disse - dall'esame testé fatto delle cose scritte e lette, dobbiamo desumere la colpevolezza o l'innocenza dell'imputato. Vi prego, dunque, di procedere alla votazione con animo sereno ed ispirazione divina.."
"Ho qualcosa da dire. - interloquì uno dei Dieci - L'imputato non ha confessato e senza la sua confessione non si può procedere alla votazione."
"Eccellentissimo Signore. -gli rispose il Grande Inquisitore - L'accusato non ha parlato neppure sotto la tortura, ma questo non è un buon motivo per dubitare della sua colpevolezza."
"Non dubito della sua colpevolezza, ma così procedendo, noi alteriamo il corso della Giustizia."
"Non possiamo attendere oltre, data la gravità del caso. Si passi ai voti, dunque."
"Ai voti." fece l'altro.
"Ai voti." dissero tutti
Il risultato dello scrutinio fu unanime: condanna a morte; sorte non diversa toccò allo zingaro, per Bortolo invece fu sentenziata la prigione.
La seduta si sciolse con la solita lettura:
"Vostra Altezza Serenissima, eccellentissimi Consiglieri, proclamo la colpevolezza dei tre imputati comparsi davanti a questo Onorevolissimo Consiglio, nelle persone di Gualberto Monco, detto Bartolo, gestore della locanda il Gambero Rosso, sita nell'isolotto del Querciolo, alla condanna di venticinque anni da scontare nel carcere del Ponte dei Sospiri, per rapina. Nella persona di Rames, gitano e lanciatore di coltelli, alla condanna all'impiccagione, da eseguirsi sulla scala principale del Palazzo Ducale, colpevole di assassinio; nella persona di Raniero, detto il Diseredato,, sconosciuto, alla condanna per annegamento nel Canal Orfano, per spionaggio ai danni della Serenissima Repubblica di Venezia. Si ordinano le condanne: la prima per domani all'alba e la seconda per la notte di domani. In tutta segretezza."
Letto il foglio, il Segretario lo porse all'Avogador, che a sua volta lo porse al Doge il quale recitò la formula di rito:
"Eccellentissimi signori, della segretissima seduta testè terminata, fuori da questa sala non dovete farne parola. Ne va della vita e dei beni."
All'oscuro di ciò che lo attendeva, Raniero dormiva profondamente; lo svegliò il rumore della chiave che scorreva nella serratura.