Strade, stradine e vialetti, fangosi, polverosi oppure pavimentati, raggruppavano case, palazzi, edifici, magazzini, villaggi. Chiasso, rumore e trambusto correvano in mezzo a quelle strade; uomini, bambini, donne anche vecchi le animavano come in una rappresentazione teatrale allegra e fracassona.
Erano le famiglie di scribi e operai, soldati e sacerdoto, fedeli e artisiti... tanti artisti: pittori, scultori, intagliatori, cantori, venuti da ogni parte del Paese a cantare, lodare la grandezza degli Dei, a ritrarre e scolpire la loro immagine sulla pietra. E poi cittadini che portavano tributi, fedeli che recavano offerte, contadini con bestiame e prodotti della terra, pescatori con pesce pescato nel Nilo o negli stagni e tanti, tanti stranieri, anche questi con prodotti di ogni genere, che giungevano in carovane dai vicini Paesi conquistati.
Ramseth si confuse tra la folla.
Quando fece ritorno a casa trovò ad attenderlo i due servi della bella Sirikit con in mano un papiro su cui erano state vergate da mano sicura le seguenti parole:
"A Ramseth, mago impareggiabile, dall'amica Sirikit. Le canne del NIlo non sono verdi se l'acqua non le lambisce, né il seno di Iside é caldo senza le braccia di Iside, così le serate di Sirikit sono vuote senza i giochi dell'amico Ramseth. Da Sirikit."
"Madre devo andare." disse il ragazzo arrotolando il papiro.
"Come puoi fidarti di chi ti chiama amico senza conoscerti?" replicò la donna in tono dubbioso.
"Madre, ma che cos'é che temi" domandò il ragazzo circondandole le spalle con affetto.
"Figlio...Il Destino é più forte degli uomini e travolge tutti senza guardare il sangue che scorre nelle vene... perfino il sangue reale... e lo spingr come in una piccola barca in mezzo al vortice."
"Madre, io non capisco! - confessò il ragazzo - Parli della Regina o, forse... parli del Faraone?.. Che cosa significano le tue parole?"
"Oh! - la donna ebbe un sorriso; accarezzò il capo ricciuto e non ancora rasato del suo ragazzo, e cercò di dare al proprio volto un'espressione serena - Non badare al vaneggiare di una vecchia madre, figlio mio."
"Tu non sei vecchia,madre e sei bella... più bella anche della Regina."
La donna sorrise.
"Vai. Vai alla festa della nobile Sirikit. Se il destino è nostro padrone, deciderà per noi!"
E Ramseth andò alla festa.
La casa della nobile Sirikit sorgeva in riva al fiume. Era grande, bella,ricca e a due piani; numerose statue ornavano il portale d'ingresso e fusti di palme dalle cime piumate accarezzavano il cielo.
Attrversato l'atrio, addosso una tunica raccolta in vita da una cintura metallica, un largo collier che le pendeva sul petto, il capo nudo, Ramseth si vide venire incontro una giovanissima ancella con le braccia colme di fior di loto.
Ramseth prese i fiori, rispose al sorriso e sulla porta d'ingresso vide una donna sui venticinque o ventisei anni. Non era alta, ma molto fine e ben proporzionata. Sotto la candida veste di finissimo lino nulla si lasciava all'immaginazione, ma tutto si offriva allo sguardo. Le forme erano generose e il volto molto bello, illuminato da un trucco che le allungava gli occhi verso le tempia e le accendeva labbra e sguardo; il profumo, infine, era quanto di più inebriante Ramseth avesse sentito mai.
Si sentì preso da improvviso stordimento: quel profumo era troppo penetrante e sfacciato.
Ramseth rimase fermo a guardarla mentre lei gli veniva incontro a braccia aperte.
"Tu sei Ramseth? - anche la voce era ricca di fascino e sensualità - La mia umile casa è onorata dalla tua presenza... Vieni. Dentro c'é cibo e bevande per rallegrare i cuori." lo invitò.
Ramseth la seguì.
La ragazza lo condusse in una grande sala piena di gente che mangiava, beveva, rideva, parlava, mentre un gran numero di ancelle distribuivano profumi. Al centro della sala una graziosa danzatrice intratteneva gli ospiti con una danza ritmata e sensuale, ma nessuno pareva badare a lei.
Il ragazzo si sentì immediatamente a disagio in mezzo a quella gente così diversa da lui; c'era perfino chi beveva smodatamente e parlava a volte alta e sguaiatamente e la tentazione improvvisa di andar via l'afferò di colpo. La bella Sirikit, però gli si avvicinò.
"Ti stai annoiando?" chiese.
"No! - mentì il ragazo - Ma é la prima volta che partecipo ad una festa."
"Quanti anni hai?" domandò la ragazza.
"Ho quasi quindici anni, signora."
"Oh! La tua gioventù è come un fiore profumato."
"Anche tu sei giovane e bella! - sorrise il ragazzo, lusingato e confuso - Sei la donna più bella che io abbia mai visto."
"Più bella della Regina?" insinuò la donna; il ragazzo evitò la trappola:
"Anche la Regina è molto bella!"
"E anche tua madre deve essere molto bella se ha un figlio come te...- sorrise ancora la donna, con quel sorriso che lui non avevs mai visto su volto di ragazza - Nsitaten, si chiama, mi hanno detto i servi e..." continuò la donna.
"E' il suo nome. Sì!... Nsitaten mi ha allevato, ma io non sono suo figlio:"
"Oh!... Tutto questo è triste e..." cominciò con voce melloflua la donna, ma il ragazzo la interruppe:
"Nsitamen è per me la madre più dolce e cara e mi ha fatto anche da padre quando il generle Sesotri, mio padre, è morto."
"Il generale Sesotri? Sei il figlio del generale Sesotri?"
"Lo conoscevi?" il ragazzo rispose con un'altra domanda.
"No! Ma so che viveva a corte e che..."
"Con la sua morte, mia madre ha lasciato il Palazzo Reale." la ointerruppe ancora il ragazzo
La bella Sirikit non ebbe il tempo di condurre ancora avan quello strano interrogatorio pioiché un uomo le si era avvicinato, chiaramente brillo, dicendo:
"Vieni, bella Sirikit... Aspettiamo la danza senza veli della bella delle belle..."
La donna seguì l'uomo, ma con una mano trascinò con sè il ragazzo e giunta in mezzo alla stanza cominciò a muoversi ed ancheggiare; Ramseth invece prima arrossì, poi impallidì e infine tornò ad arrossire.
Intorno alla danzatrice s'era fatto il vuoto; gli uomini bevevano, ridevano e dicevano parole oscene; le donne, l'una dopo l'altr, avevano preso pian piano a liberarsi degli indumenti; Ramseth respirava a fatica.
Si ricordò la parole dell'amico Osorkon:
"Se ti avvicina una donna che si tinge la faccia di rosso e oro e ti chiama "frtaellino" , fuggi peché con lei ti perderesti."
Aveva finalmente capito: quella era una di quelle Case del Piacere di cui l'amico parlava spesso.
Di scatto si voltò e fuggì.
Un cenno della maliarda e la musica cessò; un lembo della grande tenda di lino che nascondeva un vano si sollevò e la figura severa del Gran Visir Eie sìaffacciò; la donna gli si accostò:
"E' proprio lui! - esclamò - E' proprio il figlio del generale Sesotri e della regina Ankhsenammon... Quel segno sul collo... che è lo stesso della Regina e del faraone Thut-ank-Ammon... che ero lo stesso anche di "colui che non si deve nominare"... - disse in tono assai misterioso e a bassa voce - Per questo Nsitamen non gli fa ancora radere il capo."
"Sappiamo cosa fare!" proruppe il vecchio dignitario di corte, senza che nemmeno un muscolo del volto dall'espressione implacabile si alterasse.
Eie rimasto impassibile, ma negli occhi passò un bagliore metallico.
Cap. XII (ultima parte)
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