I pescatori di perle (prima parte)

 I pescatori di perle  (prima parte)


    

Al Mughayra, 20 Ottobre 1890.
La Baya di Al Mughayra, a sud del Golfo Persico, in quella parte più comunemente nota come "Costa dei Pirati", alla fine del XIX secolo era già un luogo dove i grossi bastimenti potevano ancorare con facilità.
La configurazione delle coste adiacenti, che potevano assicurare un certo riparo dai venti  e la presenza di mandracchi e raddobbi, favorivano l'ancoraggio di molte imbarcazioni.
Gli scaricatori lasciavano le navi con le dita tintinnanti di riyad: c'era sempre gran fermento sulle scale del barcherizzo e sul ponte di coperta su cui erano appoggiate le scale esterne, al momento della paga.
Sul largo margine che costituiva il molo, i marinai caricavano e scaricavano merci ed attendevano alle barche, preparandole alla pesca del pesce e delle ostriche perlifere di cui le acque del golfo erano generose.
Trattenute da gomene  e cavi torticcci saldamente avvolti intorno a bitte di ferro fissate sulle banchine, le imbarcazioni dondolavano pigramente cullando i sogni di pescatori sorpresi in rari momenti di riposo.
Al Mughayra non era diversa dalle altre città arabe per forma architettonica: grosse mura di cinta, strette stradine, mercati, scuole e moschee, ma soprattutto una variopinta moltitudine di gente.

Ad Al Lyhayra, Rashid arrivò in compagnia di sir Richard e dello sceicco Harith, nella prima mattinata di quello stesso giorno.
I tre amici si immisero sulla strada principale della cittàdina che, come tutte le altre strade, si spingeva verso il porto.
Il largo lembo del mindil spioveva sulla fronte del lord inglese, abbrunita da lunga esosizione al sole; un accenno leggero di barba rendeva più intensa l'espressione del suo volto, illuminato da uno sguardo rotto ad ogni fatica ed emozione.
Il lord percorreva la strada dl porto con passo spedito, girandosi in continuazione verso i due compagni che lo seguivano di un passo.

Alto, atletico nella candida tunica bianca trattenuta in vita da un cinturone cui erano assicurati la temibile jatagan ed un pugnale, Rashid lo seguiva immerso in un cupo silenzio; altrettanto taciturno era Harith, di poco più basso del suo rais, ma altrettanto possente nella figura ammantellata di bianco.
"Credete che Ibrahim abbia raggiunto Sahab?"
Il lord inglese ruppe il silenzio.
"E' il miglior cavaliere di Ar-Rimal!" gli rispose  il rais e lo sceicco gli fece eco:
"Sono certo che stia già percorrendo la pista per Ru'ays."

Sempre a passo veloce attraversarono  un arco che congiungeva i muri opposti della strada. Su ognuna delle estremità si apriva una finestra dietro le cui finestre si indovinavano presenze femminili... semmai l'orecchio fosse riuscito a captare sussurri e risate al di sopra del frastuono di cui era satura l'aria di quella strada così stretta, ma assai frequentata.
Gente di ogni nazionalità e colore andava e veniva sbucando da ogni parte, comparendo e disperdendosi  oltre le numerose viuzze laterali.
Non vi erano alberi, fatta eccezione di un grosso ulivo. Nessuno, però, sostava sotto la sua ombra, nonostante la pesante calura; perfino i grossi sedili davanti alle case erano liberi.
Per la verità, molti di quei sedili erano occupati da attrezzi da lavoro: lungo quella strada si lavorava e si vendeva di tutto e poteva accadere di imbattersi  in compratori che ingannavano la pazienta attesa dell'acquisto, masticando foglie di kat.
Donne e uomini, nerborute braccia incrociate sul petto o esili braccia a reggere brocche di terracotta, andavano e venicano: egiziani, iraniani, indiani, europei. La strada era lunga e il traffico movimentato lo rendeva ancor più lungo e grappoli di pecore e capretti creavano ulteriore scompiglio  al traffico.
Quando i tre giovani furono in vista dei primi pennoni delle navi ancorate nella baia il lord esordì:
"La fortuna ci ha assistiti. Nessuno ha fatto caso a noi tre."
"Vuoi scherzare, sir? - sorrise con leggera ironia Rashid - Chi mai potrebbe notare tre tipi come noi?"
Sir Richard si guardò intofno: coloratissimi sari indiani, candidi burnus arabi, verdi casacche coloniali, caftani scuri, copricapi di ogni foggia e fattura, si muovevano come il fluttuare delle onde.
"Hai ragione, sir!" interloquì Harith.
"Già! - il lord si schiarì la voce - Chissà quanti pirati e altri gentiluomini si nascondono tra queste genti: perché tre uomini del deserto non dovrebbero pasare inosservati?"
"Ben detto! Speriamo che Ibrahin arrivi presto!" replicò Rashid.
"Cerchiamo un posto dove mettere qualcosa sotto i denti." propose l'inglese, scansandsi, per evitare l'urto di due figure che penzolavano di qua e ora di là, in evidente stato di ubriachezza.
Harith non poté evitare di trattenere un sorriso eloquente:
"Senza fare troppo affidamento sulla qualità del cibo."  disse.
"Ma... ma non è proibito bere alcoolici, da queste parti?" osservò l'inglese corrugando la fronte.
"Quei due non sono arabi e..." spiegò Rashid, ma non ebbe tempo per portar a termine la frase poiché sentì un braccio serrargli la gola e il freddo metallico della punta di un pugnale pungergli la gola.
Il giovane riconobbe l'ubriaco che appena qualche istante prima aveva quasi investito il lord ed ebbe appena il tempo di vedere il compare aggredire sir Richard.
La lotta, se lotta poté chiamarsi, fu brevissima e i due malcapitati si ritrovarono stesi e doloranti pe terra.
"Lasciamoli andare. - suggerì lo sceicco - Cerchiamo di non attirare l'attenzione su di noi."
"Ed io che ero convinto di passare inosservato in mezzo a tutta questa gente!" esclamò il lord.
"Un arabo, un indiano, un beduino, forse.... ma un europeo non può passare inosservato anche con mindil ed iqal in testa." replicò Rashid.
"Già!... E quei due dovevano avere uno speciale fiuto per l'oro nascosto nella mia bisaccia." convenne il lord
"Qui hanno tutti un fiuto speciale!" fece osservare il rais.
"Hhhh! - seguì il verso incomprensibile dell'inglese - Adesso cerchiamo un posto dove mangiare, dopo cercheremo una barca."