Capitolo I - prima parte

Capitolo  I  -  prima parte


Una leggera instabilità sotto i piedi, un leggero sussulto. La terra tremava,  ma nessuno parve farci caso: aria di festa, brindisi al campo "Polaris 2", nel grande capannone del Padiglione B dell'Osservatorio Scientifico, sull'Isola degli Orsi, dove i componenti della spedizione italiana erano riuniti per festeggiare i ventiquattro anni della dottoressa Liliana Pace.
La spedizione stazionava sull'isola da tre settimane per condurre un programma di ricerche e studi sui Mari Glaciali e sulle risorse idriche del pianeta.
Protagonista eccellente di tutte le Ere Geologiche, il continente Artico offriva ottimo materiale di studio sulla resistenza e l'adattamento dell'organismo umano sollecitato da condizioni ambientali sfavorevoli.
La dotteressa Liliana non era nuova a  quel genere di esperienze e la sua presenza dava un tocco di "charme e politesse",  come amava dire il professor Simone Bosio, capo della spedizione e perciò era gradita a tutti i colleghi, scienziati di prim'ordine, ma anche giovani di belle speranze ed appena laureati, come Dario Scanu e Franco Garino.
Geologi e Ricercatori Geo-fisici, ragazzi esuberanti e pieni di entusiasmo, Franco e Dario erano alla loro prima esperienza polare, ma già innamorati di quelle lande sterminate, immacolate ed inospitali, capaci di donare all'uomo sogni arditi.
Proprio al Polo Nord, dopo che l'intervento dell'uomo sulla Natura, dissennato e scriteriato, aveva fatto dei ghiacci l'ultima riserva d'acqua dolce, si conducevano ricerche per lo sfruttamento delle masse ghiacciate.

"Pum..." un tappo di spumante volò per aria portandosi dietro gridolini compiaciuti e festosi; la ragazza tese il bicchiere verso la bottiglia da cui sgorgava, come da un cratere, bionda e cremosa spuma.
Liliana era un giunco morbido e flessuoso nella tuta color tabacco: un fisico da modella più che da esploratrice; un fisico sorprendentemente adattato a quel nuovo ritmo di vita  che non aveva più la notte che segue il giorno, ma un giorno ininterrotto di luce continua.
Soprattutto nei primi giorni, per quello che doveva essere il riposo notturno capitava di decidere soltanto in base alla stanchezza; l'entusiamo finiva sempre per travolgere le ore e senza accorgersene, il giorno diventava di veniquattro ore e deliberatamente si ingorava l'orologio, ma poi si finiva per dormire per venti ore filate.
"Tanti auguri, Liliana!  -    la porta della baracca si spalancò ed un uomo apparve nel vano seguito da un altro che se la tirò dietro lasciando fuori la voce del Polo: un gelido sibilo che sarebbe diventato mugghio travolgente non appena la "primavera" si fosse allontanata -  Brrrr... Che freddo!" esclamò.
"Aspettavamo voi due per tagliare la torta  e quei due scavezzacollo di Dario e Franco." sorrise Liliana da dietro il lungo tavolo su cui posavano torte, bottiglie e bicchieri.
"Auguri, tesoro. Abbiamo un regalo per te." i due si fecero avanti.
Erano il dottor Simone e un tecnico, che reggeva in mano un scatola infiocchettata.
Liliana aggirò il tavolo e fece qualche passo incontro ai due, permettendo ad uno spericolato Indiana Jones, dal poster affisso sulla parete alle sue spalle, di calarsi nel cratere del vulcano; posters e gigantografie non mancavano in quel capannone: era necessario per una buona salute psichica riprodurre il più fedelmente possibile un ambiente simile a quello lasciato a casa.
Alta, slanciata, Liliana si muoveva con grazia, residuo di un lontano passato di allieva di danza classica; i lunghi capelli neri lasciati sciolti sulle spalle, uno sguardo ridente, il sorriso accattivante, il viso fedele ai canoni della bellezza mediterranea, facevano di lei un "tipo".
Simone riempì due bicchieri e ne orse uno alla ragazza.