S'incamminarono procedendo con autela; l'ultima precipitazione di neve aveva reso più sdrucciolevole la superficie; procedere era faticoso ed insidioso. Quasi nessuno aveva pattini agli scarponi e la marcia durò più del previsto, ma infine raggiunsero il posto.
Solamente acqua e ghiacci in quel posto ai confine del mondo e un cielo dalla limpidezza sconosciuta ad altre latitudini del pianeta e qualcuno dei suoi formidabili abitatori: un tricheco che si godeva il sole sdraiato su un terrazzo di ghiaccio con due cuccioli che giocavano sull sponda dello stesso; molto più lontano una famigliola di orsi si trastullava e pareva non fare molto caso agli intrusi: la presenza umana fino a ieri era rappresentata unicamente da esploratori ed avventurosi, scienziati e ricercatori.
Alcuni villaggi, però, di nazionalità russa e norvegese, di antica tradizione e cultura, rendeva la Grande Valle Bianca non propriamente disabitata.
"Accipicchia quanto è alto!" osservò qualcuno, appena giunti sul posto.
"Non meno di settanta metri. - precisò Simone, poi spiegò - Il che vuol dire che può essersi staccato anche ad una profondità superiore ai settecento metri."
L'iceberg era colossale e si stagliava contro un cielo terso, totalmente bianco. Per questo, forse, tutti notarono due grosse striature scure, in basso.
"Che cos'é quella macchia scura?" domandò Liliana.
"A me pare un pennone... forse un albero - azzardò Franco - L'albero di una barca."
"L'albero di una barca?... Qui, in un iceberg? - sorrise Simone -Vuoi scherzare, ragazzo?"
"Se non è un albero, sarà un'altra cosa. Ma qualcosa è!" replicò Franco.
"Franco ha ragione! - Liliana fece qualche passo in avanti - Non si tratta di una venartura nel fianco dell'iceberg. - osservò - C'é davvero quacosa imprigionata là dentro."
"Accidenti!... Ma che cosa sarà?"
"Qualunque cosa sia..."
Si convinsero tutti che il ghiaccio custodisse qualcosa e chissà da quanto tempo.
Ansia e frenesia prese tutti.
"Un gommone. Presto!" sollecitò Simone.
Un gommone e qualche pala e raggiunsero l'iceberg. C'erano molte insidie: numerose stalagmiti che costrinsero il gommone ad un giri viziosi.
La superficie dell'iceberg era sfaccettata ed irregolare: sporgenze, pianerottoli e squarci.
Il primo a raggiungerla fu Dario, che saltò sopra con un gesto acrobatico; Dario era un ottimo atleta e praticava vari sport.
"E' proprio un albero! - disse, cominciando a saltellare, incurante del rischio di finire in acqua - E' proprio un albero ed è imprigionato nel ghiaccio!"
"Non è possibile! Non ci sono alberi da queste parti." replicò Liliana; era rimasta a terra con gli altri. Solo Dario, Franco e quelli che erano andati alla ricerca del gommone erano saliti sul iceberg, provvisti delle speciali tute che in caso di caduta in acqua avrebbero protetto da un bagno a parecchi gradi sotto zero.
"La corrente l'avrà trasportato qui." disse il ragazzo.
"Forse. - il tono della ragaza, però, non era del tutto convinto - Potrebbe essere un albero di ere glaciali caduto in acqua..."
"No! - la interruppe il ragazzo con voce eccitatissima - Si tratta di un pennone... un pennone... Capite? E di epoca assolutamente remota nel tempo."
"Un pennone!" fecero tutti in coro.
"Un pennone!... Questo ghiaccio custodisce una imbarcazione d'epoca antichissima!"