Capitolo III - terza parte

Capitolo  III  -  terza parte


Ramseth era eccitatissomo: lasciata la lettiga, non prese la via di casa, ma si condurre dai prpopri passi verso la riva del fiume. Qui si fermò, sulla banchina, a guardare il lavoro dei pescatori, le donne che rammendavano reti, i ragazzini che aiutavano i padri e i più piccoli che giocavano.
Guardava l’acqua brulicante di vita con le braccia tese in segno di saluto: in quel posto molta gente mostrava di conoscerlo e lo salutava con rispetto e sorrisi e lo chiamava per nome.
Un barcaiolo da lotano si agitò per attirare la sua attenzione; era ai remi di una grossa chiatta che accostò a riva.
“”Ramseth! Ramseth! – lo chiamò – Accosto a riva e ti porto nella valle.”
“Osorkon! – gridò il ragazzo con accento lieto – Credevo di non trovarti poiù. Credevo che fossi già andato all’Isola del Sandalo.”
La chiatta toccò terra e l’uomo depose i remi; spariva nella sua grande mano l’impugnatura del remo.
Osorkon era un uomo dalle proporzioni erculee: spalle quadrate, braccia muscolose, gambe solide come colonne sotto il perizoma legato attorno ai fianchi. La pelle gli luccicava al sole e il fisico vigoroso pareva quello di un atleta.
Il ragazzo sapeva di lui che era stato lottatore, ma l’amico non parlav volentieri del prioprio passato ed egli non faceva domande.
Osorkon poteva avere venticinque o ventisei anni; possedeva un volto interessante: quadrato e volitivo e uno sguardo che ricordava quello di un’aquila, dritto e fiero. Non aveva nemici e questo per un uomo non significa essere timidi o pusilanimi, al contrario, vuol dire essersi guadagnato il rispetto degli altri uomini. Questo, almeno, era l’opinione di Ramseth, che stimava moltissimo il suo amico e lo riyeneva un buon esempio da seguire.
Con un salto il ragazzo fu a bordo della chiatta, prese un remo e cminciò a remare; la barca si mosse e cominciò a risalire il fiume.
“Un coccodrillo ha asslito la piccola barca di Kaptha – esoerdì Osorkon – ed ha staccato di netto un braccio a quel povererto… Ma… ma non mi ascolti? Non ti interessano le disavventure del povero Kapth?”
“Ti ascolto. – rispose in tono di scusa il ragazzo – Ti ascolto, anche se il mio pensiero è già occupato…. anche se mi dolgo assai della disgrazia del pivero Kaptha.”
“Oggi non sei il Ramseth che conosco. R’ successo qualcosa?”
“Se tte lo raccontassi  diresti che il tuo amico Ramseth è diventato pazzo.”
La chiatta, intanto, continuava ad avanzare.
L’Isola del Sandalo, che aveva preso quel nome a causa della sua forma, apparve ad una svolta del fiume: piccola, bella, con le svettanti colonne dei tre Templi.
In quel tratto del fiume, le sponde erano verdi di una smagliante vegetazione e l’acqua era limpida ed abbracciava l’isola come in un amplesso amoroso. Laggiù, l’azzurro del cielo era più azzurro che altrove e quasi sconosciuta la presenza di nuvole. Un paesaggio selvvaggio e ricco di fascino, dolce e lussureggiante, dove le acque incontravano scogli e vi si infrangeevano
dolcemente e quasi senza rumore.
“Qualcosa mi è accaduta davvero, amico Osorkon. – esordì il ragazzo – Parlarne, però, non è facile.”
“Neppure ad un amico?” replicò l’altro.
“Non adesso.” rispose evasivo il ragazzo.
“Aspetterò!” sorrise conciliante il giovane.
La barca approdò.
La riva, erbosa e piena di sassi, andava leggermente digradando, sostituita da una distesa polverosa e gialla: la cava di pietra che occupava buona parte dell’isoletta, pietra di alabastro, venate di giallo e verde e di grande pregio. Era usata per statue e sarcofagi e un carico era già pronto e gli operai lo caricarono a bordo della chiatta, che subito dopo ridiscese il fiume.
                “Salve o Nilo
– cominciò il ragazzo, ritto sulla chiatta –
               Tu vieni a dare vita all’ Egitto.
                Tu porti la luce dopo le tenebre.
                Rendo omaggio a te
                 che bevi ogni lacrima dagli occhi mortali
                e procuri abbondanza…”
Erano tornati al punto di partenza ed Osorkon attraccò. I primi a scendere furono i piortatori, poi Ramseth li seguì. Appena toccato terra, il ragazzo fece qualhe passo e si fermò.
C’era un grappolo di ragazze a riva; in testa portavano ceste piene di pesce appena pescato e il ragazzo si fermò qualche attimo a guardarle, poi si girò verso l’amico.
“Adesso devo andare. – disse – Mia madre è sempre così apprensiva ed in amsia quando ritardo ed oggi sono fuori di casa da molto tempo.”