Un lungo respiro, le braccia levate al cielo, così il ragazzo salutò quell'attimo di libertà all'aria aperta, poi si lasciò catturare dallo stupore per tutto quanto lo circondava; gli occhi si spostavano incuriositi: un vaso, una sdraio, un pezzo di rete metllica, un ombrellone, l'altalena, lo scivolo. Ogni cosa lo attirava.
"Albero... casa...terra... sdraio...sasso..."
Liliana elencava e Taur ripeteva.
Vicino ad un vaso di fiori il ragazzo colse un bocciolo e lo tese alla giovane.
"Dor..." disse.
"Fiore... - rispose Liliana, commossa fino alle lacrime - Albero... cancello... erba..." riprese.
Avevano raggiunto il cancello e Taur tese le mani verso le sbarre; lo sguardo vagò nella brughiera ciottolosa, dimora di eriche, su cui una miriade di colori danzavano alla luce del sole.
Una nube di malinconia appannò di colpo lo sguardo del ragazzo antico, ma un galoppo ritmato e gagliardo e la sagoma di un cavallo che correva siul prato, il manto lucido e nero, la bella testa eretta e la criniera al vento, attirarono la sua attenzione.
"Cavallo." disse Liliana, indicandolo da lontano.
"Kigo." proruppe il ragazzo con eccitazione poi si cacciò due dita in bocca ed emise un verso che lacerò l'aria.
Fu come se qualcosa tornasse indietro dall'alba dei tempi e "remote" ombre riemergessero dal profondo tunnel dell'età perduta.
Il fischio aveva raggiunto l'animale, che interruppe l'impeto della corsa e tese l'orecchio.
Un secondo fischio; questa volta il cavallo rispose con un nitrito poi riprese la corsa, fece un largo giro a semicerchio e puntò deciso verso il cancello. Qui a meno di mezzo metro si fermò; lo zoccolo batteva sul terreno ritmato ed irrequieto. Pareva titubante.
Forse così, si disse Liliana guardandolo, così aveva fatto il suo antico progenitore... forse così era nata l'antica alleanza tra l'uomo e il cavallo. E non doveva essere stato facile, pensò, adattarsi alla volontà dell'uno e disciplinare l'esuberanza dell'altro.
Taur tese un braccio oltre l'inferriata e si sporse fino a sfiorare con le dita la criniera.
Il cavallo si lasciò accarezzare e lo guardò con quei suoi grandi occhi nocciola buoni ed intelligenti.
Taur afferrò un ciuffo della criniera e lo trascinò avanti di un passo o due, fino a fargli toccare il cancello col muso, poi emise un suono chiaro e melodioso. Un po' gutturale. Imcomprensibile per Liliana, ma che l'animale sembrò gradire.
Gli parlava nel suo linguaggio antico, mentre la malinconia gli scivolava addosso come l'ombra sulle case e l'inquietudine gli turbava la mente.
E il dubbio. Il dubbio che quello non fosse il Mondo-al-di-là, come invece aveva creduto riaprendo gli occhi. Era certo, però, di aver ripreso equilibrio sulle proprie emozioni così come faceva Thor, il grande cacciatore del Popolo-delle-Colline, che era il suo popolo, quando conduceva all'obbedienza i cavalli delle mandrie selvagge.
Emozionato ed inquieto, così era il suo spirito, ma anche pronto ad affrontare altre prove; ne aveva affrontate già tante da quando era partito: prove dolorose da frecce, da schegge, da zanne, da pugnale, ma era deciso e pronto ad affrontarne di nuove... anche se... anche se era tutto così imprevedibile presso il Popolo-delle-grandi-Dore... il popolo di Liliana e dei suoi nuovi amici.
"Troppe cose nuove per Taur! - pensava, mentre la mano scivolava leggera sul manto lucido del collo dell'animale - E poche spiegazioni!... E quando una cosa non si può spiegare, dice sempre la buona Tasin, non è cosa di questo mondo... La buona Tasin!..."
Il pensiero di sua madre gli inumidì le ciglia.