La morte del cane parve ricondurre il ragazzo antico su sentieri perduti; l'immobile fissità dello sguardo era l'unico indizio del suo dolore.
Seduto dietro i vetri della finestra, ancora non del tutto restituito al presente, guardava lo scenario polare e la gelata monotonia del suo bianco silenzio, bersaglio di immagini che gli si sovrapponevano dietro la fronte leggermente corrugata. Erano frammenti di ricordi avvolti in nebulose, scene confuse, uscite dalla notte dei tempi, scomposte ed annebbiate, ma che venivano a consolarlo... grida, richiami, sussurri: il rumore di un'ascia nella foresta, il battere della pietra sopra la macina, il crepitio delle fiamme, l'ululato del lupo, il belaro dell'agnello e la voce.... la voce di Tasin, colei che lo aveva generato.
La porta che si apriva per lasciare entrare Dario con un vassoio di frutta fresca e la voce di Liliana che chiedeva da dove arrivasse quella frutta lo strapparono ai suoi pensieri.
Dario si fece da parte per lasciare entrare Simone, alle sue spalle; fuori la tempesta di neve era cessata, ma l'aria era freddissima; la neve fresca, appena ghiacciata, non lasciava orme e il fiato gelando si mutava in nebbia.
"E' atterrato un elicottero al Settore B. - disse Simone, poi aggiunse, indicando il ragazzo . Sono qui per lui."
"Ci siamo!" fu il solo commento della dottoressa che, preso il vassoio dalle mani di Dario, lo porse al Figlio-del-Gelo.
Il ragazzo si alzò.
Dario fece l'atto di aiutarlo, ma, sia pur con garbo, quello lo scostò e, ritto in piedi, si mostrò in tutt la prestanza fisica. Era alto almeno un metro e settantacinque, il fisico era armoniosamente modellato: braccia robuste, spalle forti e potenti muscoli che guizzavano sotto la pelle abbronzata.
Sembrava una di quelle statue antiche che su barche scendevano lungo i fiumi diretta ai Templi.
Imprevedibilmente, a questo punto, nel silenzio sceso improvviso, il ragazzo prese una mela dal vassoio e la porse a Liliana.
"Soc." disse nel suo linguaggio perduto, indicando le altre mele.
Sbalordirono tutti: era il primo tentativo di comunicazione e l'aspetto straordinario era che l'iniziativa veniva proprio dal ragazzo.
"Soc. - gli fece eco Liliana - Me-la."
"Dam." il ragazzo indicò una pera.
"Dam. - ripeté la dottoressa - Pe-ra." sillabò.
"Dam... Pe... Per-rra" ancora il ragazzo e Liliana, portandosi una mano al petto:
"Li-lia-na!" sillabò.
"Li... LI-lli-lliana! - fece eco il ragazzo poi anche lui si portò una mano al petto - Taur... Taur!" disse.
Il dialogo era aperto, tra il figlio del neolitico e i figli del computer e le rivelazioni ebbero inizio. L'approccio avvenne con uno specchio.
Superata l'iniziale perplessità, il ragazzo cercò sul retro colui che lo guardava ed ammiccava, infine, un lampo gli attraversò lo sguardo:
"Taur..." esclamò trionfante, riconoscendo il proprio volto incontrato riflesso chissà quante volte nelle acque di qualche torrente.
Lo specchio accolse anche l'immagine di Franco alle sue spalle che, indicando entrambi i volti riflessi, esclamò:
"Taur e Franco."
"Taur... Frrr-Fran...cco"