Le settimane e i giorni si inseguirono e Taur si lasciava sorprendere spesso in piedi dietro i vetri della finestra a guardare di fuori, muto e prigioniero di antiche paure.
Liliana era sempre con lui e talvolta scendevano in giardino e quando un aereo passava alto nel cielo, il ragazzo sollevava il capo e inquieti bagliori infiammavano i suoi occhi.
Un giorno, mentre un aereo s'allontanava rombando sulle loro teste, Taur lo indicò all'amica.
"Cap. - disse - Ucc...celllo." e si guardò intorno alla ricerca di qualcosa con sui colpirlo; non c'erano sassi, solo piante e fiori.
"Ucccce...lllo!" insisté, mentre pensava che se avesse avuto arco e frecce avrebbe potuto offrire alla sua amica una magnifica preda e intanto, naso puntato contro il cielo, si chiedeva che razza di uccello fosse mai quello. E che brutto verso. Brutto e stridulo.
Poi lo sguardo puntò verso un'aiuola ed i mattoni che la proteggevano gli parvero buoni proiettili. Di corsa si avvicinò all'aiuola, ne staccò un mattone e lo lanciò in aria.
Il grosso proiettile, con sua grande sorpresa, però, non raggiunse il bersaglio, che intanto s'era allontanato dalla portata del suo tiro; l'espressione contrariata del suo bel volto era così comica che Liliana non riuscì a trattenere un sorriso.
"Quello non era un uccello, Taur. - disse - Quello era un aereo. A-e-r-e-o!"
"A-e-r-e-o?... Ucce...lllo! - Taur scosse il capo; conosceva ormai tutti i significati legati alla mimica: avanti, indietro, sopra, sotto, sì, no e altro ancora - No!" disse deciso.
Nella Sala delle Riunioni, qualche giorno dopo, Taur era pronto a sbalordire u luminari della Scienza e della Medicina e costringerli a guardare con maggior rispetto all'uomo della preistoria.
IL professor Mauro gli aveva messo in mano un foglio e dei pennarelli. Taur cominciò a disegnare, cancellare, disegnare e cancellare ancora: intorno a lui volti sorridentis sguardi compiaciuti.
La sua mano si muoveva svelta e sicura e dal pennarello uscivano figure svelte ed aggraziate, apparentemente senza significato. Quasi un gioco. Così come fanno i bambini quando si dà loro in mano carta e matita. Ma poi, una strana figura triagolare nei cui vertici di congiunzione c'era disegnata una croce, una specie di uncino o forse una svastica, con all'interno tre linee che partivano dal centro e si disperdevano a spirale verso i vertici, cominciò a prender forma.
"Questo è un disegno preciso. - osservò Liliana che come glia ltri seguiva con profondo stupore l'evolversi di quella misteriosa figura - Che cosa é questo disegno?"
"Non lo so. - rispose Simone, alle sue spalle - Si direbbe un simbolo, ma è assurdo pensare ad un simbolo in un'epoca in cui non esisteva ancora la scrittura."
Fecero passare il foglio di mano in mano.
"A me pare proprio un simbolo. - disse uno di loro - Il simbolo di qualche antica divinità. Non c'é dubbio! Nell'antichità gli Dei venivano raffigurati attraverso simboli... Il cerchio irradiato - spiegò - simboleggiava Zoroastro... Il triangolo era per la Trinità o la Trimurti, ma questo..."
"Non è possibile che sia qualcosa..." gli risposero, ma la voce di Simone convogliò ogni attenione verso il ragazzo.
"Guardate!... Venite a vedere che cosa sta disegnando adesso."
Guardarono e stupirono: Taur stava disegnnado cervi.
"Guardate la sicurezza con cui tiene il pennarello." osservò Liliana,
"Questo ragazzo è un artista!"
"Un artista! Sì!.. Uno di quei pittori preistorici rupestri o uno di quelli che nelle caverne di Spagna e Francia diedero vita a quelle meravigliose raffigurazioni di scene di caccia. E' stupefacente pensare che questo prodigioso ragazzo possa esere uno di loro"
"A sud del Pacifico, in certe isole non ancora contaminate dalla civiltà moderna - interloquì una voce - forse è ancora possibile imbattersi... "
"No! - Simone non lo lasciò finire - Neppure da confrontre l'arretratezza di pensiero di quegli isolani con lo spirito di inventiva e l'aperta inelligenza degli uomini della preistoria."
"Sono d'accordo con lei, Simone. - interloquì il professor Mauro - All'artista preistorico appartengono opere molto significative dal tratto tratto sicuro... Mai, nel disegnare una corsa, si è espressa l'essenzialità di quelle pitture... né la morte é apparsa con la "vitalità" espressa dall'uomo di Cro-Magnon... Guardate questo disegno. Ah,ah,ah... - rise, indicando il disegno
che Taur stava raffigurando con straordinaria e fine comicità - Non manca davvero di humour, questo ragazzo."
Taur stava disegnando cervi che cacciavano uomini, ma già cambiava tema; questa volta era un uomo a cacciare il cervo.
"Taur e sut! - esclamò - Cerr...vvvo" continuò ed un'ombra di malinconia gli velò il bel volto; la mano lasciò il pennarello e la luce del neon strappò bagliori al suo sguardo e una lacrima...
Una lacrima si sarebbe detto quel lucciore... ma i guerrieri non piangono e lui era un guerriero ed un cacciatore: la Cerimonia di Iniziazione era ancora viva nei ricordi e il petto recava ancora i segni della Prova di Coraggio.
Tutti i giovani del Popolo-delle-Colline al compimento del quindicesimo anno diventavano adulti. I rituali della cerimonia erano vietati a donne e bambini, perché pericolosi per loro e pericolosi per la tribù: se vi partecipavano, avrebbero potuto distruggere l'equilibrio delle Natura.
"La concentrazion fulminante delle forze é tutta nell'innocenza dei bambini e nell'indole femminile e può scatenarsi in presenza delle Forze Misteriose della Grotta Sacra e annullarle. "
ripeteva ogni volta lo Stregone.
La Sacra Grotta si trovava nelle viscere della terra e per raggiungerla occorreva attraversare una spaccatura nella parete della montagna; l'apertura era stata occultata da rovi ed alti cespugli per impedirne l'accesso.
Era lo stregone, in quelle occasioni, ad aprire la processione; in testa portava corna di cervo e sulle spalle esibiva pelle di lupo: preda e predatore. Erano entrati in uno stretto e tortuoso budello; sassi e sporgenze ne ostacolavano l'avanzata.
Tutto era buio, là sotto. Procedendo in silenzio, l'uno dietro l'altro, si udiva l'ansimare del cervo sulle spalle di Thor, il rumore d'acqua che si staccava dal soffitto e cadeva con un tonfo sordo e la voce dello stregone che pareva un lamento.
Invocava gli spiriti favorevoli della Sacra Grotta e li invitava a farsi avanti.
Le tenebre erano profonde, ma gli anziani procedevano speditamente, come se conoscessero bene quel posto; gli altri, però, ma dovevano fare attenzione a non inciampare.
Poco a poco, ricordava, aveva acquistato sicurezza ma, proprio quando gli occhi si erano abituati a quelle tenebre e le torce in mano agli anziani s'erano accese, il cuore aveva cessato quasi di battere nel petto per lo spavento: aveva incrociato lo sguardo con quello feroce e minaccioso di un bisonte che lo sovrastava dall'alto. Aveva dovuto deglutire più volte prima di rendersi conto che quel bisonte non era vero, ma solo dipinto sulla parete. Molti altri ve n'erano, grandi e piccoli, in corsa oppure fermi, feriti o in piedi e poi cavalli, renne, stambecchi... tutti in fila a perdita d'occhio.
Ricordava anche che quella grotta era davvero molto grande e moltiplicava i suoni come facevano gli uccelli quando passavano nel cielo, riuniti, all'approssimarsi del freddo, per emigrare.
Era stato allora che lo stregone si era liberato della pelle di lupo ed aveva cominciato a saltellare, imitando i movimenti dell'animale predatore; infine, aveva lanciato un grido... un grido terrificante....
Tutto era così misterioso in quella Grotta; c'era un'atmosfera quasi d'attesa eccitata, come se da un momento all'altro qualche spettro sarebbe scaturito dalle tenebre.
"Dove sono gli spiriti della caccia?" aveva domandato sottovoce un compagno, più spaventato ed emozionato di lui.
"Io non so. - gli aveva risposto - Ci penserà lo stregone a richiamarli." aveva aggiunto guandandosi intorno: lo stregone avevva asserito che gli spiriti erano lì ed egli non c'era motivo di dubitarne.
A quel punto Thor aveva sgozzato il cervo e lo stregone ad ognuno dei nuovi guerrieri aveva segnato la fronte con il sangue dell'animale, poi con la punta di una lancia aveva inciso loro la carne del petto per provarne la resistenza al dolore. Quella ferita , la "ferita del coraggio", tanto più visibile quanto più in profondità la lancia era riuscita a penetrare, era rimarginata solo da poco, ma sarebbe stata per sempre visibile.
Così lui, Taur, figlio del capo del Popolo-delle-Colline, era diventato Guerriero e Cacciatore.