Capitolo VI - La maschera funeraria (prima parte)

Capitolo  VI  - La maschera funeraria (prima parte)

Quando Ramseth giunse alla Casa d'Oro trovò il faraone Thutankammon che stava posando per una delle sue maschere funerarie.
L'artista aveva tracciato un disegno sul papiro e l'aveva ornato di perle, petali di loto e boccioli di fiordaliso. Il disegno era molto bello e il giovane Sovrano lo stava guardando compiaciuto, quando il ragazzo fu ammesso alla sua presenza.
Era un onore riservato a pochissimi, essere ricevuti dal Sovrano mentre si offriva all'opera di chi doveva consegnarlo all'Immortalità e Ramseth lo sapeva bene.
"Ramseth, figlio degli Astri. - lo invitò il Faraone - Sei venuto ad allietare la noia di questi momenti con qualche magia?"
"Ho portato al mio Faraone un giocattolo e un racconto."
"Mostrami il giocattolo ed io ti mostrerò la Maschera Funeraria che solo la mia Regina e Totmes, il mio riproduttore di immagini, che l'ha scolpita, hanno finora veduto."
Il ragazzo si fece avanti.
Thutankammon stava seduto su uno scanno di squisita fattura, impreziosito da gemme e paste vitree; il ragazzo fece l'atto di inginocchiarsi, ma il faraone lo fermò con un gesto e Ramseth  trasse da sotto il braccio un pacco avviluppato in un panno che srotolò con cura e gli porse  tendendo in avanti le mani.
"Che cosa è?" domandò il Sovrano.
"Si chiama aquilone. Quando si alzerà il vento, volerà nel cielo come un uccello."
"Bisogna proprio aspettare che ci sia il vento?" domandò impaziente  Thut.
"Forse no, signore. Basterà andare in giardino o sul terrazzo."

Andarono in terrazzo e Ramseth spiegò al vento il magnifico aquilone di sottilissimo papiro montato su un triangolo di canne, con la bella coda di striscioline colorate.
"Vola davvero come un uccello." si entusiasmò il giovanissimo Sovrano.
"Volerà ancora più alto quando il vento soffierà più forte."
"Ma se ne andrà lontano nel cielo." replicò Thut.
"No, se sarà trattenuto da un lungo filo di lino intrecciato."
"E' davvero bellissimo!"
Thutankammon era un ragazzo e il suo entusiasmo era quello di un ragazzo. Rimasero per un pezzo con  il naso rivolto verso il cielo, poi Thut sospirò:
"Ishtar sarà felice quando vedrà questo gioco. Spero che le torni il sorriso. Da quando è arrivata qui non ho mai visto il sorriso sulle sue labbra... E' a lei che voglio donarlo."
Ishtar era il nome di una principessa babilonese giunta a Tebe da poco. Tra Egitto e Babilonia c'era sempre aria di scaramuccia, ma nel gioco delle alleanze politiche si trovavano sempre dalla stessa parte e per consolidare alleanze non c'era nulla di meglio di un matrimonio.
Ishtar aveva solo sei anni ed una grande nostalgia per la sua terra.
"Vieni. - disse infine Thutankammon -Voglio mostrarti la mia Maschera Funeraria,... quella con cui mi vedranno i miei Padri quando mi presenterò loro."
Lasciarono il terrazzo e rientrarono nella sala dove il cesellatore era sempre all'opera; il Faraone invitò l'artista a deporre il papiro su cui stava lavorando e gli ordinò di mostrare la maschera già pronta; l'uomo si allontanò per eseguire gli ordini e Ramseth nel frattempo domandò:
"Il mio signore permette che i miei occhi mortali ammirino il disegno che il bravo Tutmes  sta imprimendo sul papiro?"
"Certo che puoi."
Il ragazzo guardò il papiro su cui l'artista stava lavorando, ma il suo sguardo apparve subito scettico e dubbioso; il Faraone  se ne avvide.
"Allora?" chiese.
"La grande  stella Sirio ha bisogno di altra luce per brillare? E' la più luminosa del cielo e non occorre imbellettarla come una donna della Casa di Piacere per riconoscerla."
"Ho capito che cosa vuoi dire." ammise, annuendo col capo, il giovanissimo Sovrano.
"Forse  mi sbaglio, signore?"
"No! Anche io, guardando il disegno ho pensato la stessa cosa."
"Il tuo volto, se permetti, mio signore, è già bello... perché renderlo simile a quello di una cortigiana... ma forse non dovevo parlare così... mio signore..." s'interruppe il ragazzo, col timore di aver osato troppo.
"Hai ragione, fratello del mio cuore! - lo rassicurò con un sorriso Thutankammon - L'altra mia Maschera ti piacerà: Totmes l'ha incisa quando  trattava l'arte con maggiore libertà."
"Io so che un tempo la sua arte é stata grande e che ..."
Thut scattò in piedi.
"Non ricordarmi quel tempo!" scandì, quasi a denti stretti.
"Mio Faraone... - si spaventò il ragazzo - Ho detto qualcosa che ha arrecato dispiacere al mio signore?"
"Oh, no! E' che un tempo, quando ero  ancora fanciullo, potevo fare e dire cose che adesso... pur Faraone, non posso dire né fare."
"Io non comprendo, mio signore."
Il Faraone sorrise e gli pose un braccio sulle spalle. Era piuttosto alto; più alto di Ramseth che  era già alto, ma la sua figura era esile: pareva un fanciullo anche lui.
"Tu non devi comprendere, ragazzo. - il suo sguardo, mentre gli parlava, si fece  dolcissimo - Non hai dovere di comprendere... Oh, come sono stanco!" aggiunse,  portandosi una mano   alla tempia. Era impallidito e barcollò.
Ramseth lo sorresse passandogli un braccio dietro la vita.
"Mio Signore. - disse - Tu stai male... se le mie braccia possono sorreggere la tua sacra persona..."
"Certo che puoi aiutarmi, fratello del mio cuore... Ah! Sento la vita sciogliere i nodi che la trattengono a questa terra... Capisci perché le Maschere Funerarie devono essere terminate    al più presto?"
"Mio signore! - proruppe il ragazzo - Io mi prendo la libertà di dirti che la Barca di Ammon resterà lontano da qui e se oserà avvicinarsi... io stesso la fermerò."
Thutankammon sorrise.
"Nulla e nessuno.... neppure un Faraone può fermare il Nocchiero di quella Barca... Ma il mio cuore diventa di miele ad ascoltarti, Ramseth...Tu non sei come i miei cortigiani,  che vorrebbero darmi le loro donne per ottenere favori... che dicono sempre di sì e si arrampicano come famelici coccodrilli lungo i gradini del trono... un trono - aggiunse con profonda   amarezza nella voce - su cui a sedere non è più un Faraone, ma una corte di avidi preti!"

"Io non comprendo, mio signore, ma sono pronto a tutto per la tua gloria...""Gloria? - lo interruppe Thutankammon - I miei passi si fanno ogni giorno più pesanti e la mia testa è un alveare attaccata da sferzante vento e un velo di nebbia sale sui miei occhi con sempre più frequenza e... la mia sola cura rimane il pensiero della dimora eterna."

Totmes ricomparve proprio in quel momento ed interruppe un dialogo che stava diventando davvero penoso. L'artista mostrò l'altra maschera, che era già pronta. D'oro brunito ed incrostata di gemme, le fattezze riportate erano fedelissime ai tratti del volto del   Faraone, solo che erano più giovanili, segno che la maschera era stata incisa qualche tempo prima.
"Ecco! - esclamò il ragazzo - Ecco che cosa ti darà gloria e ti ricorderà agli uomini!"
Thutankammon sorrise; era sempre più pallido. La mano gli tremava e anche il labbro, ma continuò a sorridere poi  chiamò un servo che comparve con una coppa di vino.
"Danne anche a lui. " ordinò al servo, dopo che ne ebbe bevuto e Ramseth bevve alla  coppa del suo Faraone, che il servo s'era affrettato a riempire e porgergli; quel vino sapeva di    miele e un giorno i Greci l'avrebbero battezzato "nettare" e l'avrebbero fatto bere ai loro Dei.
"Ed ora, se vuoi darmi il racconto che mi hai promesso, io ti ascolto."
"Sì, mio Faraone. Parlerò di una città che si chiamava Troia e di un assedio che durò dieci anni e finì con un inganno... parlerò del rapimento di una Regina e dell'ira di un eroe... " il ragazzo si interruppe: il Faraone pareva assai stanco.
"Continua con il tuo racconto. -  lo incoraggiò Thut - E non fermarti, anche se ti sembrerò asssente... io ti ascolto."
"Parlerò dell'inganno dell'astuto Ulisse..."
Ramseth riprese il racconto, così come l'amica Emma lo aveva raccontato a lui e il Faraone pian piano si assopì e vennero le ancelle  schermare le finestre e proibire ogni rumore nell'immensa sala attigua dove la corte stava riunita per spettegolare e intrigare.
Più tardi, lasciata la saletta privata, il ragazzo attraversò quella  sala diretto all'uscita e molti furono gli sguardi che l'accompagnarono: i cortigiani riuniti nella  speranza di essere  ricevuti dal Faraone.
Uno schiavo l'accompagnò fino all'uscita principale della reggia, come era consuetudine con i sudditi di riguardo