Capitolo VII - La Regina Amksenammon

Capitolo  VII  - La Regina Amksenammon
Ramseth si staccò dal piccolo altare. Il giorno era appena iniziato, ma Tebe era già sveglia.

Davanti alla casa di Nsitatmen si fermò una lettiga con le insegne del Faraone. Recava un ricco carico di doni: datteri, farina, uva, coppe d'oro e d'argento e molte altre cose ancora.
I due schiavi di Nsitanem gongolavano, sapevano che qualcosa di quell'abbondanza sarebbe andata anche a loro e si davano un gran da fare per tenere lontano la folla di curiosi che si era formata davanti all'uscio di casa.
Lungi dal mostrarsi contenta, Nsitamen  gemeva, correndo da un angolo all'altro della casa.
"Dovresti gioire al cospetto di tanta abbondanza, madre,  invece di elevare al cielo i tuoi lamenti. - le disse il ragazzo - Dividila con altri, questa ricchezza, se ti sembra eccessiva."
Nsitamen, però, pareva neanche ascoltarlo e continuava a riempire la casa di gemiti.
Così la lasciò il ragazzo salendo sulla lettiga per recarsi a Palazzo.

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L'incontro di Ramseth con la regina Anksenammon avvenne nel patio della reggia.
Il ragazzo era appena sceso dalla lettiga e la Regina stava uscendo in compagnia di uno stuolo di ancelle per la solita passeggiata nei giardini reali che costeggiavano la riva del Nilo.
Anksenammon era bella. Alta, snella e bruna di carnagione. Il  volto era ben truccato: occhi ombreggiati di bruno e allungati verso le tempie e sguardo morbido e dolce, tra una corona di ciglia artificialmente allungate. Sulle labbra e sulle guance, una lieve tintura rosa  ravvivava   una pelle davvero perfetta e non solo per cure, ma anche per natura.
Sul capo portava una parrucca di capelli neri a treccioline intrecciate con fili d'oro, d'oro come la fascia che le ornava la fronte e che andava ad annodarsi sulla nuca; grossi orecchini pendevano dai graziosi lobi e completavano il suo abbigliamento.
In realtà, la Regina  di preferenza sfoggiava il cao rasato ed allungato all'indietro, che ogni donna egizia cercava di imitare con artifici.
Anksenammon sembrava molto più giovane dei suoi ventotto anni. Il portamento regale conferiva classe anche all'abito che indossava, una tunica bianca stretta in vita da una cintura dorata in complicati drappeggi. D'oro massiccio era anche la collana che portava al collo, larga non meno di venti centimetri, fatta di tanti dischetti uguali agli orecchini.
Le sue ancelle, una mezza dozzina, almeno, vestivano in maniera molto più modesta: una semplice tunica lunga fino ai piedi,  aperta su un fianco e raccolta in vita da una cintura metallica, ma non d'oro. Anche i gioielli con cui erano ornate non erano d'oro.

Anksenammon, terzogenita del faraone Amenopeth IV   era una donna molto gentile e cordiale,  al contrario delle sorelle, principesse molto altere ed altezzose.
Forse, a renderla così gentile e disponibile era stata la grande storia d'amore avuta con il generale Sesotri, anch'egli di sangue reale, essendo nato da una concubina del Faraone, secondo voci di corte.
Come le sorelle maggiori, anche lei non poteva sosare nessuno poiché, per motivi dinastici,   era stata fatta sposare al Faraone suo padre.
Morta la principessa Maritaton, prima nella successione, e scomparso il faraone Amenopeth IV,  sul trono  era stato fatto salire il principe Sekenze, marito della principessa Baketaton  ed  a  lei era stato fatto sposare il principe Thut, di soli otto anni.
Il principe Sekenze, però,  debole e malaticcio, non era rimasto più di un mese  seduto  sul trono delle Due Terre ed  alla sua morte gli successe Thut che, grazie al matrimonio con lei,   era diventato Faraone con il nome di Thutankammon.

Ramseth rimase immobile al cospetto della sua Regina: la testa e le spalle chine, le mani che toccavano le ginocchia in segno di di profondo rispetto.
L'attimo fu lungo quanto un tempo eterno.
"Chi sei? - domandò la Regina - Come ti chiami?" e con una mano lo invitò ad alzarsi.
"Ramseth, è  il mio nome." rispose egli timidamente.
"Ramseth! - sorrise la Regina - Quanti anni hai?"
"Quattordici, mia divina signora."
"Quattordici?... - al ragazzo parve di ravvisare una nota di malinconia nella voce della Regina - Quattordici!" la udì ripetere; la voce era dolcissima ed a lui parve più limpida e cristallina delle prime piogge d'autunno.
"Guardarti rallegra il cuore, Ramseth... - tornò a sorridere - Tua madre deve essere molto orgogliosa di te. Non ti ho mai veduto a corte." aggiunse.
"Il mio divino signore, l'amato di Ammon, il faraone Thutankammon, mi ha invitato qui a Palazzo per i miei giochi e..."
"Adesso capisco. - lo interruppe  con un sorriso la Regina - Tu sei il ragazzo che ha inventato tutti quei giochi. Il Faraone ti starà aspettando....  Vai, allora."
Ancora un sorriso e la Regina si allontanò.