Osorkon accompagnò il ragazzo a casa.
Nsitamen si spaventò nel vedere il pallore impresso sul volto del ragazzo ed ancora di più nell'udire del suo malore; Ramseth cercò di rassicurarla, poi le chiese di offrire qualcosa all'ospite. Non ebbe tempo, però, di terminare di parlare, poiché divenne pallidissimo e prese a rimettere convulsamente del liquido verde.
"Potenza di Ammon! - esclamò preoccupata la donna - Ma che cosa gli hai dato da bere?"
"Io niente. - rispose il pescatore -Alla Casa d'Oro, però, ha bevuto alla coppa del Faraone... Me lo ha detto egli stesso."
"Alla coppa del Faraone?... Oh, me meschina!... Aiutami... aiutami a portarlo a letto!"
Più tardi, quando il pescatore ebbe lasciato la casa, la donna sedette su uno scanno ai piedi del letto. Il ragazzo riaprì gliocchi ed incontrò lo sguardo severo e preoccupato della madre.
Le sorrise.
"Vedi, figlio mio, quale effetto può fare il vino alla tua età? -disse Nsitamen - E' saggio che tu non ne tocchi ancora... Fra qualche anno... con moderazione. Ma adesso..."
Il ragazzo non la lasciò finire.
"Io l'ho solamente assaggiato per far piacere al Faraone."
"Tu non devi più andare alla Casa d'Oro." ingiunse sua madre con atteggiamento risoluto.
"Ma perché? Il Faraone mi onora della sua amicizia e mi ha ammesso alla sua presenza durante la posa per la sua maschera funeraria... Egli vuole che torni ancora a Palazzo. E' molto impressionato dai miei giochi."
"Tu non devi mettere più piede a Palazzo." insistette la donna.
"Ma perché? - anche il ragazzo insisteva -Egli mi chiama Fratello-del-mio-cuore e mi dimostra affetto."
"Ti chiama Fratello-del-mio-cuore?... Oh, me meschina!... Io non voglio che tu torni ancora a Palazzo e così sarà."
"Ma perché?" continuava a chiedre Ramseth.
"Non importa il perché... Ho deciso così e basta. Ora riposa. Nella tisana ho messo un'erba che ti farà dormire." e senza aggiungere altro, la donna schermò la finestra ed ordinò a Nuta, lo schiavo nubiano, di andare dal prete Namir e pregarlo di raggiungerla.
A base di papavero, la tisana che Nsitamen aveva preparato, fece scivolare il ragazzo in un piacevole sopore, un benefico riposo che pur non addormentandolo, gli procurò un dolce benessere. I rumori della strada, lo scalpittio dei passi, le voci dei passanti, ogni suono gli giungeva attutito, ovattato e sommesso, come quello strano mormorio che era dentro la conchiglia che gli aveva regalato Osorkon.
Quella conchiglia, gli aveva spiegato l'amico pescatore, veniva da molto lontano ed era la casetta di un pesce .
"Una casetta?" aveva chiesto lui meravigliato.
"Certo! Come quella che si porta dietro la tua tartaruga." aveva spegato l'amico.
Non pago della risposta, lui aveva chiesto a tutti i costruttori di case che conosceva, come un pesce potesse costruirsi una casa. Quelli, però, avevano riso, s'erano stretti nelle spalle come per dire che non ne sapevano nulla e uno di loro aveva detto:
"... però sono solide quanto le case di pietra e non fragili come quelle di fango e paglia."
Era proprio vero! Le case della gente, a Tebe, non erano tutte uguali. Quelle dei ricchi erano di mattoni di fango essiccato ed erano provviste di finestre e terrazzi, ma quelle dei poveri erano di paglia e fango e sui tetti si aprivano aperture per far entrare la luce ed uscire il fumo e potevano essere spazzate via facilemente da acqua e vento.
Cullato da quel dolce ronzio nelle orecchie, il ragazzo si lasciò trasportare in un mondo di nebbie, ombre e suoni indistinti poi, d'un tratto, un suono più chiaro e vicino lo fece sobbalzare. Riconobbe la voce di Narmir, uno dei portatori del Tempio, che spingeva la sua carretta piena di doni per Ammon. Seguirono voci ben chiare e distinte e non provenivano dalla strada, bensì dalla stanza attigua:
"... è un rischio, ma come dissuaderlo senza digli la verità?" era la voce del prete Namir.
"Io sono sua madre. Io lo dissuaderò. - questa era la voce di Nsitaten ed era colma di apprensione - E' mio figlio e non voglio perderlo... Non deve più andare alla Casa d'Oro."
Ramseth si alzò; non poteva più sopportare la pena che era in quella voce.
"Come dissuaderlo!" continuava a dire il vecchio prete.
"Lo chiama Fratello-del-mio-cuore... - continuava a gemere la voce di sua madre - Non voglio che "lei" me lo porti via... Non potrei sopportarlo, se "lei" lo volesse per sé!"
"Chi vuole Ramseth per sé?"
Il ragazzo era comparso sull'uscio.
"Che cosa fai in piedi? Torna a letto!" cominciò il prete: era chiaro che cercava di prender tempo alle domande che sarebbero arrivate e che arrivarono puntuali:
"Chi mi vuole per sé, madre?"
Ramseth ripeté la domanda.
"La corte! Ecco chi ti vuole per sé!... La corte!" scandì il vecchio prete.
"Ma io non amo la vita di corte. - replicò il ragazzo - Io vado alla Casa d'Oro solo per alleviare la solitudine del mio Faraone e allietare i suoi ultimi giorni, perché... sapete... egli è davvero molto malato e il cesellatore lavora giorno e notte alla sua maschera funeraria."
"Ramseth, ragazzo mio... - il vecchio trasse un lungo sospiro - La tua presenza a corte non potrà arrestare la corsa del nostro amato Faraone verso l'eternità."
"Questo lo so, vecchio Namir, ma io voglio donargli qualche sorriso come farò con te... Ti darò sostegno e forza quando sarai pronto a salire sulla Barca di Ammon."
"Oh!" si commosse il vecchio, ma la donna interloquì, sempre preoccupata.
"La corte è un posto pericoloso per un ragazzo come te, figlio mio. " disse.
"Tranquillizzati, madre. - le sorrise rassicurante il ragazzo - Io non suscito invidie a corte, poiché non prendo nulla dal Faraone in cambio dei miei giochi... neppure la coppa d'oro in cui ho bevuto e che il Faraone voleva donarmi, ho accettato."
"Che cosa hai fatto?... Hai rifutato un dono del Faraone?... Piccolo incosciente! - insorse il vecchio prete con affanno - Lo sai che non è permesso rifiutare un dono del Faraone?"
"OH!... Adesso basta parlare di queste cose. - si spazientì il ragazzo, poi in tono più conciliante - Ho molte cosa da fare. Dammi congedo, madre." disse.
"Dovresti stare a letto, figlio... Va, ma non ti stancare."
Più tardi, mentre era in giardino, Ramseth cominciò a ripensare alle parole appena ascoltate e di cui non riusciva a comprenderne appieno il significato.
"Ne parlerò con Emma. - si disse con un sorriso - La mia amica ha una rispposta per ogni domanda."