Lasciata la Casa d'Oro, il ragazzo attraversò la città diretto verso casa, alla periferia dei quartieri ricchi ed in prossimità di quelli dei poveri. Come sempre, però, passò per il porto a salutare l'amico Osorkon.
Il profumo di fagioli e ciambelle di segala usciva di prepotenza dalle case di legno o di fango dei lavoratori di campo e della gente povera che le abitava, ma gli stessi odori uscivano anche dalle case di mattoni di fango di artigiani, pescatori e fonditori, gente meno povera: la qualità della vita non era uguale per tutti, ma tutti potevano contare sul minimo indispensabile a cui si aveva diritto.
La ricchezza apparteneva ad altre case: a quelle di sacerdoti, nobili e funzionari.
Ramseth trovò l'amico alle prese con le reti che un coccodrillo aveva strappato.
"Sono contento di vederti. - disse il barcaiolo, tirandosi su dal fondo della barca dove stava rattoppando le reti. Eretto in tutta la possanza fisica, sullo sfondo del verde scenario della sponda del fiume che si stagliava all'orizzonte, Osorkon sembrava una di quelle splendide statue che venivano trasportate ai Templi via fiume -I tuoi passi ti conducono presto dal tuo amico Osorkon, oggi."
"Sono stato a corte." spiegò il ragazzo.
"Sei stato alla Casa d'Oro?" stupì l'amico.
"Il Faraone in persona ha sollecitato la mia presenza e mi ha mandato a casa la sua lettiga."
"E' un grande onore davvero! - Osorkon non era solo stupito, ma anche impressionato - Tutti sanno che il Faraone non riceve nessuno da tempo... si dice che tenga lontano perfino la bella Regina."
"I miei giochi lo divertono."
"Tutta Tebe parla delle tue magie!"
"Non sono magie... - replicò il ragazzo, poi riprese - Ma parliamo di te. Dimmi: è stata una buona pesca?"
"Buona?... Ah, i lamenti di Mistsi, mia madre, arriveranno al cielo, oggi... Guarda le mie reti."
Ramseth guardò.
"Per la Sacra Barba di Ammon! - esclamò - Sembra che nella tua rete si sia impigliato un mostro."
"E' stato un coccodrillo. - imprecò l'amico - Un maledetto coccodrillo dalla fame insaziabile, che mi ha rubato tutto il frutto del lavoro e mi ha ridotto le reti in questo stato. Ah! Che sciagura!"
"Sciagura peggiore se ti avesse portato via anche un braccio." replicò il ragazzo.
"Ah! - continuò ad imprecare il giovane - Mille volte poter lavorare nelle cave o scalpellare marmo nella valle."
"Non augurarti sorte di schiavo, Osorkon. Quel lavoro è molto più duro."
"Tu credi, amico mio? Non è meglio salire sulla Barca di Ammon macilenti e stanchi piuttosto che con un pezzo di te in meno? Chi potrà recuperare un braccio o una gamba finiti nella pancia di un coccodrillo, quando dovrai prepararti al grande viaggio?"
"Forse hai ragione, amico mio, ma io lo stesso non invidio la sorte di chi lavora nelle cave o nella valle... Le loro braccia sono stanche, la sera. Distrutte."
"I loro muscoli, però, sono duri come i martelli e gli scalpelli che usano. Lo scalpellino è un uomo pià forte degli altri."
"Tu sei più forte di qualunque scalpellino, Osorkon... Ma non sai che egli si nutre solo di pane e il suo malumore è così alto che finisce sempre per picchiare la moglie e i figli?"
"Come fai a sapere queste cose, tu che vivi in una casa di mattoni con orto e giardino?"
"Io conosco la povertà della gente povera e presto entrerò nella Scuola del Tempio di Ammon. Studierò molto perché voglio aiutare i poveri."
"Vuoi curare i mali della gente povera studiando gli Astri? Credi di poter trovare i rimedi ai loro mali osservando il cielo?"
"Tu non puoi capire!"
"E' vero! Io sono un uomo senza istruzione e non capisco molte cose... Molte altre cose, però, le capisce ancheil tuo amico Osorkon... Non capisco perché il Faraone non è con il suo popolo e non gli garantisce pace e benessere... I Templi si arricchiscono e gli esattori pretendono sempre più da chi lavora e i nemici dell'Egitto si accalcano ai confini. - Osorkon fece una pausa, ma solo per riprendere fiato e continuò, sempre più amareggiato - Se non è colpa del Faraone, di chi è la colpa? Tu che hai in mano il sapere, mi vuoi dire di chi è la colpa?"
"Non del Faraone! Io l'ho visto... " Ramseth s'interruppe, pallido in volto e quasi cereo. Un dolore acutissimo lo aveva afferrato allo stomaco e fatto piegare sulle ginocchia.
"Stai male?" chiese il pescatore.
"Un dolore, qui allo stomaco... Anche la vista che mi si sta annebbiando e ho qualcosa che mi brucia nello stomaco..." disse il ragazzo lasciandosi scivolare a terra e contorcendosi dal dolore; la fronte era imperlata e gli occhi socchiusi.
"Ramseth! - proruppe Osorkon - Sembra che tu abbia il morbo sacro... Ma tu stai proprio male! Devi aver bevuto o mangiato qualcosa che ti ha fatto male."
Il pescatore lasciò andare le reti sul fondo della chiatta e saltò a riva facendosi da presso al ragazzo steso per terra e privo di sensi.
Ramseth, però, si riprese subito e riaprì gli occhi.
"Che cosa è successo? - domandò con lo sguardo ancora appannato - Sono svenuto?"
"Così mi pare."
"Mi sento come se una mandria di buoi mi stesse passando sullo stomaco."
"Ti accompagno da tua madre. - il pescatore si chinò sul ragazzo e l'aiutò a rialzarsi - Devo riscuotere un credito nei pressi di casa tua. Oh! - il giovane si lasciò andare in un sospiro - Dalla Città dei Morti mi hanno fatto sapere che che se non pago entro domani mi faranno aspettare molto tempo ancora, prima di assegnarmi una Hut-ka... La mia vecchia brontola perché si sente vicina al viaggio e non ha ancora la sua tomba."
"La tua vecchia ha ragione!"