Capitolo VIII - Parte quinto

Capitolo  VIII  - Parte quinto

"Quell'Alì è proprio bravo!" disse il lord,  scattando anch’egli in piedi.
Effettivamente Alì era il più bravo; l'uno dopo l'altro, si era liberato di tutti i rivali e l'intera tribù, lo osannava.
"Aspetta, Alì. – sir Richard puntò un braccio in direzione del vincitore -  Voglio battermi anch’io!” disse,  tra lo sbalordimento generale, poi dirottò lo sguardo verso Atena.
"Ma..." azzardò qualcuno.
Ma Harith sollevò il suo temibile pugnale in segno di approvazione e l'opinione della gente mutò immediatamente.
Sir Richard si liberò  della dishdasha, la lunga tunica bianca e del copricapo arabo e si legò un cordino di canapa intrecciata intorno alla fronte per trattenere la folta, bionda, scompigliata capigliatura. L'espressione ostinata del volto, gli occhi chiari e glaciali lo facevano assomigliare ad uno di quei lontani vichinghi. La pelle delvolto aveva quel colore scuro-dorato per esposizione al sole, ma non era facile capire quanto sangue scozzese fosse misto a quello italiano nelle sue vene: sua madre proveniva da una cittadina del Regno dei Borboni, in Italia.

Il giovane si accostò al ring; si assicurò che le corde fossero ben salde, poi saltò sul bordo ed estrasse il suo pugnale yemenita.
"In guardia, Alì." disse.
"Perchè vuoi quella ragazza, inglese.- domandò quello- Io l'ho vinta regolarmente." e lo guardò con nello sguardo un’espressione temporalesca.
"Quella ragazza andrà al vincitore." rispose il lord inglese.
"Sono io il vincitore." replicò Alì con voce cupa.
"Non ancora, Alì." puntualizzò sir Richard.

Intorno ai due lottatori si levarono immediatamente alte grida di incitamento, ma stavolta erano tutte per l'ospite. Anche Rashid si unì al coro, anch’egli preso dall'entusiasmo.
Harith si accostò al ring per meglio  osservare le  mosse repentine e inconsuete con cui l’ospite inglese riusciva a schivere i colpi rabbiosi dell'avversario.
Preso da impeto e da foga incontenibile, Alì ebbe un brusco spostamento del braccio che gli fece perdere l'equilibrio. Lo videro annaspare nell'aria, per non cadere, ma non riuscì a reggersi  e con un grido precipitò di sotto tra le caldaie e le grida degli presenti.
Due uomini lo aiutarono a venir fuori, tra urla scomposte: la stessa folla che prima lo aveva osannato.
Il beduino riemerse tra le corde, livido in volto e con i capelli zuppi di sudore e vapore. Riuscì a rimettersi in piedi.
Sir Richard fissava Atena ;  improvvisamente lo sorprese un grido:
"Attento...Attento..."
Si voltò, in tempo per vedere il pugnale di Alì luccicare sinistro e tagliare le corde che lo assicuravano alla palma, poi udì la sua voce baffarda:
"Vediamo se sei davvero così bravo, cane di un inglese!"
Saltellando per fargli perdere l'equilibrio, il volto paonazzo, gli occhi fuori dalle orbite, Alì agitava  minaccioso la sua arma.
Colto di sorpresa, mentre intorno a lui si gridava di indignazione, sir Richard  cercò di contenere l'assalto dell'avversario e riguadagnare l'equilibrio.
Alì si spostò indietro di qualche metro, si chinò e con un colpo netto tagliò anche la corda su cui posavano i piedi del rivale. Seguirono urla di raccapriccio.
Sir Richard annaspò, ma proprio nell'attimo in cui stava per cadere nella botola insidiosa, con un formidabile colpo di reni riuscì ad afferrarsi alla corda: il corto pugnale luccicava nell'altra mano.

L'urlo della gente si mutò in grida di liberazione, poi una voce:
"Morte ad Alì!" e dozzine di mani si tesero verso il malcapitato.
Era la legge del taglione: occhio per occhio, dente per dente!
La vita di Alì era nelle mani dell'ospite.
"E' la legge.- lo sceicco si fece avanti- Ha tentato di uccidere."
Fu interrotto:
"Già!...Cosa dovrei fare io?" l'espressione di disgusto represso portò sul volto di sir Richard una chiara contrarietà.
"La vita di quest'uomo è tua, sir." disse Harith.
"Allah l'ha messa nelle tue mani, amico mio."anche Rashid si fece avanti; l'inglese scosse il capo.
"No!- proruppe - Un duro prezzo, per entrare nella tua tribù, Harith, quello di trasformarmi in pubblico esecutore." aggiunse e si girò a sfiorare il volto di Atena con uno sguardo intenso.

La ragazza  aveva assistito in silenzio a tutta la scena senza apparente emozioni. Guardava l'inglese con occhi muti e quando egli le si avvicinò, si sfilò lo spillo che le legava il velo sulla nuca e con esso si trafisse una vena del braccio.
"Questo non è sangue di schiava."  scandì, poi gli dette le spalle e si girò verso Letizia, la sorella minore, che stava tendendole le braccia; le due ragazze fecero l'atto di allontanarsi.

La voce del lord le raggiunse alle spalle:

"Non mi sono battuto per rendere schiava la donna del mio compianto amico Marco Starti, ma per renderle la libertà! - disse, poi, sorprendendo tutti gli altri  - Ed ora intendo battermi anche per l'altra figlia del mercante Aristeo Gallas." aggiunse con voce placida come la superficie di uno stagno.

"E' con me che devi misurarti, sir!"

La voce dello sceicco Harith, acuta e metallica come il rombo di un fulmine, attraversò l'aria.

"Al primo sangue?" disse ancora e sempre con lo stesso tono il lord.

"Al primo sangue!" assentì il beduino, anch'egli con lo stesso tono.

 

Harith si liberò della jellaba, la candida tunica marocchina. Alto, bello,  lo sguardo acuto come quello di un'aquila, le proporzioni fisiche straordinarie, i muscoli guizzanti sotto la pelle scura, le spalle possenti, l'aspetto dello sceicco dei Kinda era quasi selvaggio. Era un giovane di straordinaria avvenenza, il più avvenente ed atletico di tutta la tribù, più atletico anche del suo stesso rais.

I due contendenti si avvicinarono, si fronteggiarono. Si studiarono.

Lo sceicco Harith prese per primo l'iniziativa e si fece avanti con il suo temibile, infallibile pugnale yemenita.

Il lord, agile, il fisico asciutto, sollevò il braccio destro armato: era mancino. Prese subito a muoverglisi intorno saltellando: una strana danza in cui riusciva sorprendentemente a schivare i colpi dell'avversario ed assestarne a sua volta.

Seguivano tutti quell'inconsueto modo di lottare con grande interesse ed ammirazione e ad ogni colpo schivato e andato a vuoto, seguiva un boato. Un colpo più forte e veloce inferto dallo sceicco e il formidabile colpo di reni dell'inglese, mandò in visibilio gli spettatori.

La schermaglia proseguì per un pezzo, ma fu il lord a dare i primi segni di cedimento. Pose fine alla sua straordinaria "danza" e si gettò d'impeto sull'avversario.

I pugnali si incrociarono, ma, l'impeto che il lord aveva impresso al proprio braccio era stato tale che il pugnale gli sfuggì di mano; lo sceicco si ritrasse immediatamente per consentirgli di recuperarlo.

Intorno ai due contendenti era sceso il silenzio, rotto solo da respiri trattenuti: nessuno faceva il tifo per nessuno. Anche Rashid, che si era fatto vicino, taceva.

I due tornarono a misurarsi, pugnale contro pugnale, braccio contro braccio, spalla contro spalla, in un groviglio di muscoli vibranti e tesi; come fusi nel bronzo, quelli dello sceicco.

Quando si staccarono, il lord sanguinava dalla spalla sinistra.

"Spiacente, sir..." esordì Harith detergendosi la fronte con il braccio  armato e la punta del pugnale gocciolante del sangue dell'avversario.

"E di che cosa, sceicco?  Mi avete vinto regolarmente e con onore e mi dichiaro perdente!"

Sir Richard abbassò l'arma in segno di resa, poi dirottò lo sguardo dal volto di Harith, ancora alterato dalla foga della lotta e lo fece convergere verso Letizia.

"Mi sono battuto per la vostra libertà, signorina. - esclamò, poi aggiunse - Ma il sangue versato non è stato sufficiente." si dolse.

Letizia, bellissima, lo sguardo chino e le spalle, sotto la leggerissima camicetta bianca, scosse da lieve tremito, taceva.

"Non è sangue versato inutilmente, sir!" esclamò lo sceicco Harith avvicinandosi alla ragazza e coprendole le spalle con il suo mantello, poi si girò e si allontanò in mezzo a due ali di folla osannante.

Il lord lo seguì, anch'egli osannato: una delle virtù del beduino era quella di apprezzare il coraggio e il valore; due ragazze, intanto, erano già pronte con catino d'acqua, garze ed unguenti per curare il ferito.

 

Raccolti in circolo, immediatamente dopo, gli anziani decidevano la sorte di Alì..
"Cercati un'altra tribù." il più anziano tra loro, portò di persona la sentenza  del Consiglio.
Senza una parola, Alì raccolse il suo mantello, se lo calò sul capo e s'incamminò verso il deserto; al suo passaggio la folla, divisa in due ali, lo guardava silenziosa: era la prima volta che contro un appartenente alla tribù veniva preso un provvedimento così grave.