Capitolo VIII - seconda parte

Capitolo  VIII  -  seconda parte

Più tardi, lasciato il Palazzo, Ramseth si lasciò condurre dai propri passi fino al nercato del quartiere; camminava spedito, ma la mente era altrove. Pensava alla Regina ed alla maniera di trovare un rimedio per il suo male. Pendava ad Emma, l'amica del futuro.
Non s'accorse d'esser seguito: due uomini, che da quando aveva lasciato il Palazzo, non l'avevano perso di vista.
Il mercato è sempre stato la meta preferita di chi ha bisogno di riflettere; dopotutto, dove si riflette meglio di un posto dove tutto concorre a volerti far fare proprio la cosa opposta?
Ramseth non era l'eccezione alla regola ed era sicuro di incontrare l'amico Asur, prete della dea Mut e grande medico: con lui avrebbe parlato del malanno dell Ragina.
Certo, pensava, il Faraone lo proteggeva e poteva sentirsi al sicuro, ma solo fino a quando fosse rimasto convinto della sua innocenza. E se il dubbio si fosse insinuato nel suo cuore?
La confusione a cui andò incontro, la baraonda in cui si immerse, il brusio che lo inghiottì,  non lo distrassero dalle sue preoccupazioni.
"Erano presaghe le parole di mia madre? - pensava ad alta voce - Lei sapeva del pericolo... Ma perché? Perché quello che mia madre temeva era lì ad aspettarmi?"
Nessuno pareva fare caso a lui, tutti presi dalle proprie cure; incuranti i compratori che facevano i conti sulle dita, incuranti i venditori che lodavano la merce.
"Perché il pericolo deve essere in agguato?  - non riusciva proprio a darsi pace - Chi sono io?"
"Fermati... Fermati. - un mercante spezzò i suoi pensieri; il ragazzo guardò i suoi occhi furbi, l'espressione innocua che solo un mercante sa imporre alla propria faccia -Fermati, giovane figlio di nobile padre..."
Il mercante lo trattenne per un braccio, nell'altra mano teneva uno splendido ventaglio di piume.
"Fermati ad ammirare questa meraviglia. - diceva - Guarda questo gioiello. Potresti donarlo a tua madre e farla felice. - Ramseth scosse il capo - Ammira questa collana. Pensa alla gioia che potresti leggere negli occhi della tua promessa." insisteva quello.
La collana, di pietre colorate e grani d'argento, era davvero bella ed elegante e il ragazzo la guardò con un certo interesse e questo animò il mercante-
"La tua promessa è certamente bella, ma con questa al collo, neppure la regina Anksenammon la eguaglierà." diceva.
Bastò quel nome e Ramseth ebbe uno scatto d'ira.
"Quale sacroilegio sulle tue labbra! - esclamò - Lasciami andare e non importunare i miei pensieri."
Temendo di aver osato troppo, il ragazzo vestiva come un nobile, il mercante zittì ed egli
si allontanò indisturbato.
Donne, uomini e bambini lo urtavano; Ramseth sentiva le loro voci. Passò oltre. Guardò  uomini sepolti sotto enormi pesi, sacchi di frumento e verdure, che si lamentavano, sperando che qualcuno li alleggerisse del peso sulle spalle e aumentasse quello della borsa.  Non tutti però, potevano permettersi  grandi acquisti e c'era chi dava vita ad interminabili contrattazioni per portarsi poi via solo qualcosa di poco valore.
C'erano artigiani che lavoravano sul posto circondati da una corona di curiosi: intagliavano tavoli, cesellavano piatti, modellavano vasi e speravano di trovare compratori in mezzo a quella folla di curiosi.
Il ragazzo proseguì. Attraversò il mercato alimentare, dove i contadini portavano i prodotti della terra e i pescatori i frutti del mare e proseguì fino a quello degli unguenti, dove sapeva di trovarvi l'amico Asur. E non si sbagliava.
Asur era un uomo dall'età indefinibile; non alto, ma corpulento, due mani che spuntavano dalle larghe maniche della tunica, grandi e ben curate. Lo sguardo era buono, un po' distratto e si animò alla vista del ragazzo.
"Ramseth, figlio degli Astri. Devo lusingarmi per la tua presenza?"  salutò con gran calore.
"Ammon tenga la tua ombra nelle sue mani. - rispose Ramseth con la stessa enfasi -  E  Mut sia sempre al tuo fianco."
Ammon e Mut: gli Dei protettori di Tebe!
"Mi cercavi?" domandò Asur  posandogli  la grande mano sulle spalle con gesto affettuoso.
"Cercavo proprio l'amico Asur."
"Spero tu non abbia bsogno dei miei servigi."
"Non io, prediletto di Mut e Ammon. Non io."
L'uomo stava per replicare, ma qualcuno attirò la sua attenzione, alle spalle di Ramseth, un ragazzo di quindici o sedici anni, vestito solo di un logoro perizoma che metteva in evidenza una figura snella, armoniosa e ben proporzionata.
Era scuro di pelle e il volto era di straordinaria bellezza. In tutta la persona c'era un atteggiamento di grande fierezza in contrasto con la condizione sociale che si indovinava dal suo abbigliamento. Quella espressione diceva chiaramente che non si sarebbe mai chinato a chiedere, piuttosto avrebbe rubato.
Quel ragazzo era Keriut. Il ladro. Tutti lo conoscevano e tutti lo evitavano.
Asur fece un cenno a Ramseth, che si girò a guardare.
Tutto si svolse con una repentinità ed una destrezza incredibile.
C'era un venditore di ciambelle, torso nudo e madido di sudore, arrossato dal sole e dal calore dell'olio che friggeva in una grande padella; un sacchetto gli tintinnava al fianco, protetto da un pugnale.
La mano di Keriut si tese verso il sacchetto, lo sfilò, ne estrasse una moneta. Una soltanto. Rimise a posto il maltolto e tese al nercante, che non si era accorto di nulla, la moneta.
"Dammi una ciambella. -ordinò con aria innocente - E che sia ben cotta."
Asur e Ramseth scoppiarono a ridere, ma una guardia, testimone insieme a loro di quel gioco di prestigio, non rise e si accostò brandendo la verga con intenzioni bellicose.
"Ladro! - gli gridò - Ti porterò via e ti farò frustare."
"Non farmi frustare. Non farmi frustare."  implorava Keriut, ma la guardia non si lasciò impietosire; fu Ramseth, invece, che si mosse a compassione.
"E' il mio schiavo. Lascialo. - intervenne - Pagherò il dovuto per la sua colpa e di quella risponderà al mio bastone che non è più tenero della tua verga." disse e si girò verso Asur che con un sospiro tirò da sotto la tunica una moneta che porse al mercante.
La guardia si allontanò, sia pur poco convinta e Keriut si girò verso il ragazzo.
"Non sono tuo schiavo. - disse, in tono provocatorio - E non so se il tuo bastone sia davvero più pesante della verga della guardia."
"I miei servi non hanno mai assaggito il miobastone." lo rassicurò Ramseth con un sorriso; anche l'altro sorrise:
"Davvero? Allora, quando sarò stanco della libertà e vorrò trovarmi un padrone è di te che verrò in cerca... ma passerà molto tempo, però, perché Keriut è libero come un ibis."
"Anch'io amo l'ibis, perciò non temere per la tua libertà."
"Perché dovrei temere per la mia libertà?... Però sono in debito con te. Vuoi che ti procuri subito la moneta che il tuo amico ha pagato per me?"
"Cerchi altri guai? - interloquì Asur - Tieniti ben stretta la tua libertà... Quella guardia mi pareva poco convinta a lasciarti libero."
"Pareva anche a me."
"Allontaniamoci." propose Ramseth.