Capitolo XI - Nelle mani dei banditi

Capitolo XI  -  Nelle mani dei banditi


Un calcio poderoso e la porta della cascina si spalancò; il primo ad entrare fu Dario, seguito dal professore e da tre ragazzi: Francesco, fratello di Leo, Gabriella ed Alessandro.
"Ma qui non c'é nessuno!" esclamò questi.
"Qualcuno c'é stato! "  Dario indicò  piatti con avanzi di cibo.
"Guardate qui. - Gabriella attirò l'attenzione degli altri; aveva sollvato un piatto e stava indicando il segno dell'addizione tracciato nella polvere sul tavolo - E' un nostro segnale convenzionale. - spiegò -  Significa pericolo. Emma chiede  aiuto!"
"Maledizione! - esclamò il professore - Sono stati rapiti!... Quella banda di criminali."
"E perché una banda di criminali dovrebbe aver rapito i nostri amici?" repicò Alessandro.
"E' una  storia lunga." rispose il professore continuando a gurdaris intorno.
"Bisonga avvertire la Polizia." suggerì l ragazzo.
"No! No! - interloquì Dario - Non conosciamo questa gente... Meglio aspettare."
"Dario ha ragione. - convenne il professore - Riflettiamo un po' e cerchiamo qualche indizio..."
"Invece di restare a cercare indizi che non troveremo, - Dario intervenne per la seconda volta - proviamo a seguire le tracce dell'auto dei rapitori..."
Alessandro, però,  lo interruppe:
"Guardate qui. - disse indicando una grossa cassapanca appoggiata ad una parete  - E' troppo pulita ... - osservò, poi l'aprì  pee  guardarvi all'interno - Accidenti!  - esclamò subito, con espressione trionfante  - Avevo ragione! L'ho capito subito... Ha un doppiofondo!"
Il ragazzo  sollevò  il doppiofondo e vi estrasse qualcosa: uno zaino, che porse al professore.
"Che significa? - domandò subito, questi, girandosi verso Dario ed indicando la placca attaccata alla tracolla su cui era scritto un nome - E'  suo questo zaino?"
"Sì! - Dario si era avvicinato - Ma non so come sia finito qui!" rispose.
"Che cosa contiene?" domandò in tono sospettoso il professore.
"Calze, guanti, una sciarpa..." rispose il giovane con una scrollatina di spalle.
"Niente in contrario se l'apriamo?"
"Certo che no! Ma... non capisco!"
Il professore aprì lo zaino, ma ciò che trasse fuori non furono calze e guanti, bensì  una barba finta, parrucca e scatoletta con baffi.
"Può spiegare questo, Dario?" lo apostrofò in tono duro il professore.
"Sono sbalordito quanto voi! - rispose il giovane . Non ho mai visto questa roba."
"Neppure questa agenda?"
Il professore tirò fuori dallo zaino una agendina di pelle blu con iniziali in oro.
"Quell'agendina è mia, ma non so come sia finita quassù!" continuò a difendersi Dario.
"Forse, invee, lo sa perfettamente!" insinuò il professore.
"Vuole dire che...  No! Non penserà che io c'entri in qualche modo?... No! No! Lei sta prendendo un abbaglio, professore!"
"Temo di no! Adesso chiamo la Polizia..."
Il professore fece l'atto di prendere il cellulare, ma, nelle mani di Dario, come per incanto era comparsa una pistola. Una calibro 45, che il giovane sventolò in faccia al professore ed ai ragazzi.
"Miserabile! - esclamò il professore - Dov'é Emma?... Dove sono i ragazzi? Ma come...come ho fatto a non capire... "
"Non posso fermarmi a spiegarvi. - Dario, serio in volto, aveva raggiunto l'uscio -  Mi dispiace doverlo fare, ma non non posso aspettare oltre. Devo andare." aggiunse mentre usciva e con un calcio si chiudeva la porta alle spalle; intascato il revolver, il giovane si diresse di corsa verso l'auto del professore.
Lo udirono partire rombando.

Il sole stava scomparendo, all'orizzonte e una vampata rosso fuoco scese sulle montagnole tondeggianti. L'aria era dolce e il vento, che per tutto il giorno aveva soffiato forte, parve placarsi.
L'auto con Dario a bordo sfrecciava sulla statale diretta verso la città.
Raggiunto il centro, Dario fermò l'auto  davanti al portone di un vecchio palazzo che, come gli altri che lo circondavano, attendeva un piano regolatore per cambiare d'aspetto.
Attraversato l'atrio, il giovane raggiunse l'ascensore, uno di quelli del tipo vecchio, aperto lateralmente e protetto da un'ossatura di robusto metallo.
Dario lo richiamò; era al secondo piano. Entrò e premette il pulsante con il numero quattro e l'ascensore partì e si fermò al quarto piano.
Lasciato l'angusto abitacolo, Dario si diresse, pistola in pugno e fare guardingo,  verso una   delle quattro porte del ballatoio e da una tasca estrasse un pass-par-tout con cui aprì la serratura.
Ristette un attimo, la gamba destra tesa in avanti come in attesa, poi fece irruzione all'interno.
Non c'era nessuno e quando ne fu certo, richiuse la porta e ispezionò tutti i locali; non c'era davvero nessuno.
Si accostò ad un mobiletto, in salotto, ne rovistò accurattamente i cassetti con gesti calmi e precisi; non dovette trovare quello che cercava poiché si avvicinò alla scrivania e cominciò a ispezionare anche quei cassetti.
Un'ombra, di colpo, lo colse alle spalle e un colpo violentissimo alla testa lo costrinse ad accasciarsi al suolo. Quando si svegliò, la prima cosa che vide, nella semioscurità di una cantina, furono i volti chini di Emma, Leo e Piera.
"Hanno preso anche te, Dario?" la voce di Emma gli giunse un po' attutita; si scosse e s'informò:
"State bene, ragazzi?" poi si mise a sedere e tenendosi la testa con le mani.
"Sì! Stiamo bene!" risposero in coro i tre ragazzi.
"Maledizione! - imprecò  - Ci sono cascato come un novellino - si mise una mano in tasca - Mi hanno anche disarmato."
"Credo di sapere chi ci ha rapiti." nuovamente lo scosse la voce di Emma
"E' da un pezzo che lo so, piccola! - le sorrise il giovane - Ma ho bisogno di prove e... Per tutti diavoli! Quei dannati é me che hanno incastrato!"
"Non capisco!" confessò la ragazza.
"Tuo padre crede che ci sia io a capo di questa dannata banda..."
"Che cosa?"
Dario riferì gli ultimi avvenimenti.
"E pensare che il professore è giunto ad una conclusione mille miglia lontana da quanto suppongono i rapitori." concluse il giovane con espressione assai contrariata.
"Quale conclusione" domandò la ragazza.
"Il computer fa solo da tramite fra te e il tuo amico Ramseth... E' il cristallino, invece, a trasportare le onde telepatiche attraverso cui si tramettono i vostri messaggi."
"E allora? Che cosa succederà adesso?"
Dario scosse il capo; Leo e Piera seguivano il dialogo con espressione dubbiosa e preoccupata.
"Dobbiamo usicre da qui. - esclamò, infine,  la ragazza con accento deciso - Se mio padre dovesse portar via il cristallino dal computer... Oh, Ramseth neanche immagina in che guaio mi trovo!"