Ramseth e gli amici non avevano ancora lasciato la Città-dei-Morti che una sconvolgente notizia venne loro incontro: il Faraone era morto.
Non che la notizia cogliesse di sorpresa il ragazzo, ma giungeva in un momento in cui non si sentiva preparato a ricevere una notizia dolorosa, poiché tale fu il sentimento che provò nel sentire le parole dell'uomo: un profondo dolore.
Addolorati ed in silenzio attraversarono il villaggio degli operai alle pendici della montagna; il sole era prossimo a sorgere e i primi bagliori che accomopagnavano l'aurora già irroravano la valle cadendo dall'alto come una pioggia di luce dorata e misero in fuga le ultime tenebre.
Raggiunto il villaggio, l'atmosfera di tensione che l'animava confermò la notizia.
"E' vero che il Faraone è morto?" domandò Ramseth ad uno scalpellino seduto per terra davanti ad un grosso blocco di pietra.
"Così dice la gente." rispose quegli senza staccare lo sguardo dal blocco.
"Quando è morto?" chiese ancora il ragazzo.
"Ieri, dicono... Dopo la Cerimonia di Ringraziamento ad Ammon."
"Non è possibile! - replicò Ramseth - Ero con lui, ieri."
"Allora perché lo chiedi? - replicò l'altro in tono spazientito - Lo saprai meglio di me."
Il ragazzo gli voltò le spalle e agli amici disse:
"Dobbiamo tornare in città. Devo sapere quello che è successo."
"Se ti prendono ti uccidono." gli ricordò l'amico pescatore.
"Per i miei nemici Ramseth è già morto! No! Non corro alcun pericolo... Devo mettere in salvo mia madre... Lei, sì, è in pericolo... E poi... poi devo avvertire la Regina di quanto si sta tramando intorno a lei."
"Non capisco le tue parole." interloquì Keriut.
"La Regina non sa d'essere lei stessa in pericolo... Il Gran Visir... Ora non posso spiegarvi, amici, ma solo ringraziarvi per quanto avete fatto per me."
"Come farai a raggiungere la Regina?" disse ancora Keriut e Kafer gli fece eco:
"Appena metterai piede a Palazzo la tua vita sarà nuovamente senza valore." disse senza mezzi termini.
"Ho un piano e voi potreste aiutarmi."
"Come?" s'entusiasmò immediatamente il piccolo ladro di Tebe.
"Ne discuteremo più tardi. Adesso devo tornare alla casa di mia madre."
Trovarono Nsitamen in preda ad ansia e preoccupazione; la donna corse subito incontro al ragazzo a braccia tese ed occhi lucidi.
"Ramseth, figlio mio!... figlio... figlio mio!" continuava a gemere stringendolo forte a sé.
"Madre. Ero preoccupato al pensiero delle preoccupazionii mia madre." anche Ramseth abbracciò forte sua madre.
"Oh, Ramseth... ero così in pensiero. Sono accaduti tumulti e disordini in città e non vedendoti tornare ho pensato al peggio...Ohi, ohi...- piangeva Nsitamen, ma con lacrime di liberazione - Ma dove sei stato? Perché tenere in ansia la tua povera madre?"
"Perdona questo figlio, madre. Perdona questo figlio che ti adora come si fa con una Dea."
"Oh, Ramseth... le tue parole sono di miele e seppelliscono ogni angoscia." sorrise tra le lacrime la donna.
"Madre mia, non sai cosa darei per non procurarti altro dolore, ma... "
"Co..cosa vuoi dirmi, figlio." lo interruppe la donna presagendo nuove afflizioni.
"Devi raccogliere tutto quanto ti è di più caro in questa casa e seguire tuo figlio... Sei in grave pericolo, madre mia e non posso darti subito spiegazioni, ma solo aiutarti a raccogliere le tue cose."
"Tuo figlio ha ragione, signora. - interloquì Osorkon - Sei in grave pericolo. I soldati del Gran Visir stanno già venendo qui."
"I soldati?" si spaventò la donna.
"Ti prego, madre." la sollecitò il ragazzo
Non occorse molto tempo a Nsitamen per raccogliere in un paio di canestri di giunco le cose più care e fu subito pronta a seguire il figlio e i suoi amici.
Riattraversarono il Nilo e raggiunsero la riva opposta e la Città-dei-Morti; Osorkon aiutò la donna a sbarcare e poco dopo Ramseth la tirò in disparte.
"Io devo tornare a Tebe ed avvertire una persona del pericolo a cui è esposta." disse.
"Figlio mio. - Nsitamen tratteneva le lacrime - Sono accadute tante cose negli ultimi tempi... La morte del Faraone è forse una micaccia per noi?" domandò.
"Si, madre. Il Gran Visir Eye e il Gran Sacerdote di Ammon, Mirinhoir, conoscono il segreto della mia nascita e..."
"Tu.. tu... tu, dunque, figlio mio, conosci la verità?"
Un sorriso fuggevole passò sul volto del ragazzo; la sua mano accarezzò con tenerezza il volto proteso della donna.
"Si, madre. - rispose - Fu mio padre a rivelarmi la verità prima di partire per la guerra contro la gente di Palestina. Tacque solo sul nome della donna che mi generò e mi fece promettere di tacere con te, per non turbare il tuo spirito."
"Figlio adorato! - scoppiò a piangere Nsitamen - Figlio adorato più che fossi della mia stessa carne!"
"Capisci, ora, perché devo andare?"
"Vai da lei?"
"Sì!"
"Io non volevo che tu andassi alla Casa d'Oro al pensiero che lei potesse riconoscerti e volerti per sé... allonatanarti da me."
"No, madre mia! - sorrise ancora il ragazzo; la sua carezza si fece ancora più tenera, proprio come faceva lei quando curava le sue piccole pene di bambino - Nessuno, nemmeno "lei" potrebbe allontanarmi da te, madre mia. Mai!"