Settanta giorni occorsero agli imbalsamatori per preparare il corpo del Faraone per il Grande Viaggio. La Casa d'Oro echeggiava di pianti; le lamentatrici di professione, vestite di cenci e col capo cosparso di cenere, levavano alti lamenti, le loro lacrime non erano le sole: altre ve n'erano di vere e sincere.
Ul corteo funebre puntò verso la Valle dei Re. Il percorso dalla Reggia alle rive del Nilo, Thutankammon lo fece per l'ultima volta su un carro trainato da buoi.
Mirinhor, il Gran Sacerdote, lo precedeva purificava la strada aspergendola con il latte contenuto in una ampolla; un altro sacerdote-sem, riconoscibile per la pelle di leopardo adagiata sulle spalle, incensava continuamente la bara: la prima di tre, si scoprirà 3500 anni dopo.
Seguivano la Regina, accompagnata da Eye, il Gran Visir, la corte e tutti gli altri.
Molti erano i carri che componevano la processione, carichi di tutto ciò che costituiva il corredo funerario, ma, oltre alle ricchezze che il Faraone aveva già scelto per la sua tomba, sacerdoti, la corte e il popolo tutto avevano fatto a gara per inviare doni.
Giunto davanti al Nilo il corteo occupò una mezza dozzina di barche poi, quella reale in testa, puntò verso la riva opposta e la Città-dei-Morti. Procedeva maestoso e silenzioso: le prefiche avevano cessato il pianto appena fuori della Reggia.
La tomba di Tuthankammon era stata scavata nella roccia come quella dei predecessori e davanti all'ingresso ebbe corso la Cerimonia necessaria a svegliare Il suo "Ka", il corpo astrale, come Ramseth spiegò più tardi all'amica Emma. Ciò gli avrebbe permesso di vivere un'esistenza
uguale a quella vissuta prima della morte.
Terminata la Ceriimonia, Eye, Mirinhor, la Regina e altri tre Dignitari entrarono nel sepolcro per la sistemazione degli oggetti che i servi avevano portato all'interno. Trascorse molto tempo, poiché gli oggetti erano tanti e preziosi. Di valore inestimabile. Come il carro da guerra, gli splendidi divani, le statue di leoni, leopardi ed altri animali e poi tavoli, sedie e tanti oggetti ancora. C'erano anche quattro statuette d'oro, le più belle mai viste, raffiguranti le Iside, Nefty, Nut e Selqet e c'era un trono finemente ntagliato e una quantità svariata di gioielli.
Mentre questo accadeva all'interno della tomba, una gran folla s'era spietata all'esterno: gli operai della necropoli. Un volto, seminascosto da un cappuccio calato sul capo, era confuso in mezzo alla marea di visi impassibili: Ramseth e quelli dei suoi amici. C'erano tutti: Osorkon, Kafer, Keriut. Si fecero avanti fin quasi all'imbocco e aspettarono.
L'attesa non fu lunga; terminate di sigillare le porte interne, Eye e gli altri, con la Regina, si apprestarono a sigillare anche quella esterna. Qualcosa, però, accadde d'improvviso, proprio mentre davano le spalle alla gente per seguire le operazioni: un gigantesco nubiamo si era accostato alla Rgina, l'aveva sollevata per la vita e senza una parola stava allontanandosi di corsa.
La folla si aprì davanti a lui e si richiuse alle sue spalle.
"Che cosa succede?" domandò Mirinhor, ancora di spalle: tutto s'era svolto in così breve tempo da non rendersene conto.
"Hanno rapito la Regina. - gridò Eye, anch'egli esterrefatto, poi ai soldati - Cercateli. Presto... Cercate i profanatori." ordinò.
"Rapito la Regina? - ripeté il prete di Ammon aggrottando il ciglio - Ma come può essere? Chi può aver osato tanto e perché qualcuno avrebbe..."
L'altro non lo lasciò finire:
"Ramseth... quel piccolo demonio! - proferì - C'era Ramseth con i rapitori. E' stato lui ad organizzare questa fuga. Ne sono sicuro."
"Non é possibile! - replicò il Gran Visir - Lo abbiamo lasciato mezzo morto in quel sepolcro."
"Seth lo ha tirato fuori!"
"Dobbiamo cercare lui e sua madre... o per noi sarà la fine!"
Eye e Mirinhor, si rendevano perfettamente conto che quella fuga poteva essere il preludio per una guerra civile, una di quelle guerre dinastiche che l'Egitto conosceva assai bene. Sistematiche e ad intervalli regolari.
Li cercarono a lungo. Nulla! Pareva che la sabbia e le rocce avessero inghiottito i fuggitivi. Infine, i due si decisero ad abbandonare le ricerche e tornare a Tebe che il generale Harmbah, pupillo del Gran Visir, aveva occupato con i suoi carri da guerra.
Ma che cosa ne era stato di Ramseth, dei suoi amici e della Regina?
Guidato da Kafer, il gruppo, tra tombe, fosse e tumuli di sabbia, aveva raggiunto attraverso un passaggio segreto la "Casa della Imbalsamazione", dove i corpi dei defunti venivano preparati per il Grande Viaggio.
C'era odore di morte in quel posto e l'aria ne era satura. Le loro ombre, che la fiamma della fiaccola di Keriut proiettava sulle pareti e sul pavimento dello stretto cunicolo parevano fantasmi in fuga, ma nessuno di loro mostrava di aver paura. Neppure la regina Amksenammon, avvolta nel velo bianco del lutto, che il nubiano reggeva ancora sulle braccia mostrava segno di timori; la tensione, però, era elevatissima.
Procedevano in silenzio; si udivano solo i respiri e il rumore dei passi. Il tragitto non fu lungo, ma l'aria là dentro era irrespirabile e dal pavimento terroso afioravano qua e là ciottoli e protuberanze rocciose che non sempre era facile scansare.
Davanti ad una porta si fermarono; Kafer picchiò quattro volte ad intervalli regolari, la porta si aprì e il gruppo entrò nel posto più inaccessibile di tutta la necropoli... più delle stesse tombe.
Percorso un breve condotto si trovarono in un labirinto di celle scoperte che un complesso ingranaggio riforniva d'acqua. Erano di pietra e divise in file, otto o dieci, separate da lunghi e stretti corridoi di fango. In ognuna di queste cellette, poco più di un cubito, era stato scavato un vano rettangolare nella roccia, riempito di un liquido il cui odore era così nauseante e penetrante che dovettero turarsi il naso.
Chini su quelle celle, occupate ognuna da uno o due cadaveri, c'erano uomini coperti con un minuscolo perizoma, che al loro passaggio sollevarono il capo.
Ramseth per un attimo smise di respirare e pur avendo conosciuto la condizione di sepolto vivo, ebbe un attimo di smarrimento: non aveva mai conosciuto un posto simile.
Tacevano tutti; sporchi e maleodoranti.
Proseguirono seguiti dagli sguardi degli imbalsamatori come dalle proprie ombre. Passarono in mezzo a loro sempre in silenzio ed a sguardo basso. Qualcuno cominciò ad insultare.
Kafer si staccò dal gruppo. Terribile a vedersi. Gambe divaricate, una mano sull'impugnatura del pugnale, la bella faccia sporca di fango, lo sguardo scuro e metallico al bagliore della fiamma che teneva in mano, si piazzò al centro dello stretto corridoio.
"Sei stanco di vivere? - una voce l'aggredì alle spalle, ..., ... - Vuoi venire in questa cella? Vuoi tenergli compagnia?"
"Avvicinati. - Kafer si girò; guardò il cadavere che l'altro gli indicava - Vieni a conoscere da vicino Kafer il Cobra, sporco topo di fogna, ma non potrai vantartene."
"Kafer?... Tu sei Kafer?... Sei davvero Kafer, il Cobra?" proruppe la voce dell'imbalsamatore, colma di atterrito stupore.
"Certo che è il Cobra!"
Una voce in fondo al corridoio costrinse tutti a voltarsi in quella direzione.
Apparteneva ad un uomo comparso nel vano di una porta. Alto, il fisico asciutto, pareva poco adatto a quel lavoro: più per uno scriba che per un imbalsamatore, quel fisico elegante e dal portamento altero.
"Kafer, amico mio!" disse avanzando a braccia spalancate.
"Menkare!" esclamò il ladro di tombe con un sorriso che gli distese la bella faccia corrucciata e cancellò quell'aria temporalesca che tanto timore aveva incusso nell'imbalsamatore .
"Vi aspettavo. E tu, - Menkare si girò verso costui - Ringrazia Osiride per la tua buona sorte... Kafer avrebbe potuto ucciderti ed anche il suo amico Osorkon... Tu non sai chi sono le persone che stanno proteggendo."
L'imbalsamatore tornò al suo posto e il gruppo proseguì guidato da Menkare.
Proseguirono, in una penombra appena rischiarata da alcune torce e grava da un nuovo silenzio. Pietre secolari sporgevano, nere e irregolari ed un intenso odore di muschio e balsami saturava l'aria.
Affrettarono il passo e finalmente imboccarono un corridoio breve e stretto, umido ed angusto che terminava sulpianerottolo di una scaletta in fondo alla quale si apriva una porta: era la casa dove Menkara viveva con la moglie ed ove trovarono ad attenderli Nsitamen.