GLI AMANTI DIVINI...

GLI AMANTI  DIVINI...
 
GLI AMANTI DIVINI

Erano i Venti. Li riconobbe subito. Tutti e quattro: il vento del Nord, quello del Sud, il vento d’Oriente e quello d’Occidente. Stavano convergendo tutti verso un punto formando un vortice in cui venne attirato. Là dentro sentì una tonante voce, irosa e al contempo dolce e quasi struggente. Riconobbe la voce di Shu, Signore dell’Aria, padre di Geb e Nut, gli Amanti Divini.
Finalmente il vortice si placò, cedendo ad una brezza gentile che lo spinse ancora più su. 
Stordito e barcollante, si trovò al centro di un cumulo di nubi attraversate da lingue di fuoco; un raggio, più abbagliante degli altri, più ardente degli altri, fendette l’aria come una saetta.
“Ma dove sono? E quella luce? E’ forse la Barca di Horo-Ra che inizia il percorso del giorno?” si domandò, sedendo su uno di quei cumuli, candido e morbido. 

Fu allora che la vide. Era vestita di nuvole e lui stava seduto proprio su una piega di quella vaporosa veste abbagliante.
Era Nut, Signora del Cielo, e quel raggio era lo sguardo di Geb, Signore della Terra, che la guardava da sotto.
Balzò in piedi.
“Per le Sacre Zanne di Anubi! Devo aver attraversato il Mondo! Lo Sciacallo Divino ha condotto Djoser attraverso il corpo di Geb, direttamente nel grembo della Divina-Nut.”
Rimase a guardarla. 
Era bellissima. La più bella fra le Dee e comprese perché tutti, mortali ed Immortali, spasimassero per Lei. Pareva addormentata. Il volto diafano, luminoso come la madreperla, sorrideva languido, disteso nell’abbandono del riposo; le mani sfioravano, in un gesto carezzevole e sensuale, le cime dei verdi monti.. 
Djoser non riusciva a staccarle gli occhi di dosso e quando Lei si mosse, temette che l’insistenza dei suoi sguardi potesse svegliarla. Distolse gli occhi dal volto e gli sguardi scivolarono giù, lungo il corpo: un corpo dalle materne rotondità. I piedi erano affondati dentro le nuvole e la sua veste, su cui l’arcobaleno aveva spalmato tutti i colori, era così abbagliante che il sole, attraversandola, traeva a sua volta riflessi che si espandevano tutt’intorno come uno specchio riflettente. 
Quel riflesso investì anche il ragazzo. 
Djoser la vide cambiare posizione ed erigere il busto: due ali, così candide da confondersi con le nubi, abbaglianti come le nevi delle Montagne-Ju-jet, abbracciarono l’orizzonte. 
Come richiamata dal suo sguardo, Nut fece convergere verso di lui gli occhi azzurri pieni di magia e di splendore. Nello stesso momento, un rosso bagliore colpì il ragazzo: al centro del collare-schebiu che la Dea portava al collo, brillava un enorme, stupefacente rubino. Pietre preziose e maglie d’oro componevano anche la cintura che le reggeva le pieghe della veste e che ad ogni movimento riempivano il cielo di baluginii rossi, verdi e blu: Djoser non aveva mai visto pietre simili. 
“Quel rubino sarà certamente dono di Geb, Signore della Terra e di tutti i tesori celati nella sua pelle.”
Nut, però, non si ornava solo di pietre preziose e maglie d’oro, ma anche con tralci di fiori e foglie. Djoser la vide mentre si staccava dal capo una corolla e la lasciava cadere giù. 
Vide Il fiore attraversare l’aria e posarsi sull’acqua del Nilo, di sotto, formando un’isoletta verdeggiante. 
Molti fiori coloratissimi ornavano i capell di Nut: fiori sconosciuti. Con un sorriso, pensò che Geb doveva averli colti da chissà quale parte del suo corpo per fargliene dono e certamente non in suolo egizio, poiché erano fiori che non fiorivano in Egitto, ma erano fiori degni di ornare capelli di tanta bellezza: fluttuanti e di lapislazzulo blu. Scendevano giù come una cascata ed andavano ad accarezzare la testa di Geb, verde di sicomori e papiri.
Allora guardò sotto di sé, tra i passaggi che i venti si aprivano in mezzo alle nuvole e vide la sagoma allungata di Geb. 
Lo sguardo incantato del ragazzo passava dall’uno all’altro delle due potenti Divinità: il crostoso Geb, verde e dai riflessi dorati e la Celeste Nut, evanescente e cristallina, che continuava a giocare con le nuvole e dava loro forme graziose e bizzarre, prima di disperderle col soffio delle labbra. 
Djoser le vide prendere un candido cumulo tra le dita di una mano, strizzarlo e farlo gocciolare sulla cima più alta dei monti; la pioggia creò una cascatella che precipitò proprio sul volto di Geb e subito dopo, le sue mani si tesero per accarezzargli il volto: bellissimo e spigoloso, scolpito tra le vette dei monti, il volto di Geb era eternamente rivolto in su.

Improvvisamente ogni cosa, in Cielo e in Terra, fremette a quel contatto e ogni cosa tremò: la gelosia di Shu, che voleva separare i due Amanti Divini e la collera di Geb, le cui dita nervose strappavano cime di alberi e pezzi di montagne.
Assorbito da tanta eccitazione divina, Djoser tremò di paura. 
Non era di lui, però, che i due Esseri Divini si curavano ed egli tornò a respirare di sollievo. Uno sbuffo ancora, del collerico Shu e Djoser si trovò catapultato fuori del grembo della Celeste-Nut.

brano tratto dal libro
DJOSER e i libri di Thot di Maria Pace

MONTECOVELLO EDITORE