I pescatori di perle (seconda parte)

I pescatori di perle (seconda parte)

 

 

L'arrivo dei tre amici fu salutato da un disumano grido di dolore proveniente dall'interno della bettola; l'inglese si arrestò di colpo, mano alla pistola.
"Ho l'impressione che stiamo per cacciarci in qualche guaio." disse, con la solita flemma.
"Cerchiamo un altro posto?" propose Harith, girandosi.
"Niente affatto!  Sono curioso di sapere che cosa sta succedendo qua dentro... e poi - aggiunse - in nessun posto la gente è loquace come in una bettola."
Per entrare dovettero abbassarsi e chinare il capo: la porta era più bassa delle loro atletiche persone.
Il primo ad infilarsi fu Harith, che scostò il logoro drappo un po' consunto che fungeva da tenda, trattenuto da un chiodo infisso nel muro; i due amici lo seguirono immediatamente.
L'ambiente che li accolse era un po' inconsueto: sapeva d'oriente e d'occidente insieme e tali erano gli avventori. Non molti, in verità, una dozzina  o poco più: arabi, europei e qualche indiano.
All'urlo che li aveva attirati, era seguito un silenzio glaciale; stavano tutti seduti davanti a fumanti tazze di the, boccali di vino di datteri e caffé aromatizzato.
Di spalle, due arabi, dalle larghe brache grigie scivolate entro alti gambali, casacca bianca e larga cintura di stoffa colorata attorno alla vita, cui erano assicurati i foderi di due pugnali, uno per fianco, stavano tendendo in alto i boccali. Uno dei due brandiva un coltello ed entrambi sogghignavano sguaiatamente. Erano in piedi accanto ad un rozzo tavolo di legno.
Dall'altra parte del tavolo si intravvedeva la sagoma di un uomo accasciato.
All'ingresso dei tre amici i due si voltarono e uno di loro, dalla faccia paonazza e irsuta di barba incolta,  porgendo il boccale:
"Bevete alla salute di Allah!" li invitò, con la lingua impastata di alcool.
"Allah non ti ha vietato di bere?" l'apostrofò il lord col suo tipico accento straniero.
"Chiudi quella boccaccia di cane infedele." replicò quello in tono offeso, storpiando le parole, falsandole e facendole  seguire da un verso lamentoso e prolungato, tipico della gente avvinazzata.
"C'é un uomo ferito. - continuò sir Richard senza scomporsi,  mandandolo a gambe all'aria con uno spintone - Che cosa  sta succedendo qui?"  aggiunse, indicando l'uomo prono sul tavolo e seminascosto dal mantello.
"Che Allah ti strafulmini, cane di un infedele!" l'ubriaco tornò alla carica; il lord lo ignorò e si accostò al ferito.
Anche Rashid si avvicinò, gli scostò il mantello e lasciò andare un'esclamazione di sorpresa: l'uomo aveva la mano inchiodata al tavolo da un pugnale.
"Per la Barba del Profeta! Chi è l'autore di questa bravata?" chiese.
"Sono stato io! -  l'uomo si era rialzato; il boccale vuoto ancora stretto in mano - E tu farai la stessa fine, stupido di un beduino!"
"Non credo proprio! - rispose calmo il rais dei Kinda - E ti consiglio di uscire da qui con le tue stesse gambe... fino a quando potrai ancora farlo."

 

 

L'atmosfera minacciava di farsi calda e l'oste si rivolse speranzoso allo sceicco Harith.
"Porta via i tuoi compagni o Allah non potrà nulla per salvarli dalla furia di Jazid... Tu non lo conosci..."
"E tu non conosci il mio amico, oste!" replicò lo sceicco, scuotendo il capo.
"Taci, tu, rinnegato di un beduino! - la furia dell'ubriaco si spostò immediatamente sul rais - Allah ti strafulmini!... Hai scelto per amico un cane infedele." lo apostrofò, tirando fuori della cintola, dove l'aveva appena riposto, l'affilatisimo pugnale e lanciandoi su di lui.
Rashid schivò il fendente.
Seguì un attacco rabbioso, condito da un linguaggio fiorito di insulti.
L'aggressore si rivelò straordinariamente tenace e resistente; Rashid lo capì subito e subito si capì anche il suo compiacimento nel trovarsi di fronte un degno avversario.
Mentre Harith e sir Richard si prodigavano per soccorrere il ferito, Rashid e Jazid si misuravano in una lotta senza quartiere.
Gli avventori tutti abbandonarono immediatamente scacchi e carte da gioco per seguire le fasi della lotta che si svelò subito inattesa quanto entusiasmante.
Anche l'oste e i suoi inservienti avevano abbandonato il posto di lavoro, un po' per mettere al riparo piatti e suppellettili e un po' per non perdersi quello spettacolo di forza e abilità, di colpi inconsueti e    rari e  mosse segrete, che atterravano ora l'uno ora l'altro dei lottatori.
Solo sir Richard pareva indifferente, intento com'era a fasciare la mano del malcapitato; anche Harith si era fermato a guardare in azione il suo rais.
"Basta giocare, Rashid.  - dopo un po', però lo sollecitò - Andiamo via."
"Sì! Andiamo - fece eco anche il lord - Questo brav'uomo può darci una mano... oh.oh.oh... " rise, guardando la mano fasciata del malcapitato.
Intorno ai due lottatori, intanto, all'interesse aveva fatto seguito  l'entusiasmo, ma, salvo qualche rara eccezione, parevano tutti sostenitori di Jazid. E ciò, non senza motivo: a quelle latitudini il carattere della gente si forgiava con la lotta al mare e Jazid era figlio del mare ed era naturale schierarsi con lui.
"Forza, marinaio!" lo incitavano.
In fondo allo stanzone, però, qualcuno seguiva la lotta in silenzio.
"Lo conosco... Io, quello lo conosco!" diceva l'uno e l'altro, colpendolo con un calcio negli stinchi:
"Bravo asino! - lo rimbeccava - Si capisce subito che quel marinaio è un pirata..."
"Ma io non parlavo di lui... - il tono sempre più eccitato dell'altro - io parlo dell'altro... Sai chi è l'avversario di Jazid?"
"E perché dovrei conoscere quel beduino?"
"Perché quel beduino è Rashid... il rais dei Kinda!"
L'altro strabuzzò gli occhi.
"Ne sei sicuro?... Come sai che è lui?"
"Perché ero con la carovana di Ibrahim e non dimenticherò mai quella faccia né il suo grido d'attacco e poi... - una pausa per schiarirsi la gola - non hai sentito il compagno chiamarlo Rashid?"
"Per la Barba del Profeta!...  E' vero! Lo ha chiamato proprio con quel nome... Guarda... guarda come tiene in scacco quel satanasso di Jazid... Si diverte con lui come fa il gatto col topo..."
Tra lo stupore generale, Rashid con un colpo di jatagan aveva mandato l'arma dell'avversario a conficcarsi contro il muro poi con l'altro braccio lo aveva sollevato di peso e immobilizzato contro la superficie del tavolo; sempre in quella posizione, rinfoderata la micidiale arma, lo stava apostrofando:
"Dovrei inchiodarti qui senza pietà come hai fatto con quell'uomo, ma ti lascio andare." e gli diede le spalle per seguire i compagni che, insieme al ferito, stavano lasciando la locanda.
"Aspetta... chiunque tu sia! - la voce di Jazid lo raggiunse alle spalle; Rashid si girò con la repentinità del fulmine - Ho qualcosa da proporti!"
"Lascialo stare, straniero. - l'uomo dalla mano trafitta si fermò e si girò - So che cosa vuole proporti. Non lasciarti convincere e seguici." disse.
Anche sir Richard si fermò; anch'egli lo invitò a seguirli.
"Vieni, Rashid. Ti dirò io chi è Jazid il Marinaio." disse.
Rashid tornò a dare le spalle all'avversario.
"Mi farai un'altra volta le tue proposte, marinaio.  - disse - Semmai ci incontreremo ancora."
"Mi ritroverai qui.- rispose quello - Mi chiamo Jazid il Marinaio... e... Per la Barba del Profeta... non sono mai stato atterrato con tanto onore!"