Istruzione e Letteratura

Istruzione e Letteratura


I grandi fiumi, si dice, sono culle di civiltà.
In verità, il Tigri, l’Eufrate, il Gange, il Nilo, lo sono stati.
Qui, su queste rive si organizzarono le prime comunità; qui fiorirono le civiltà, si espresse il pensiero, ebbero origine la scienza, l’arte e la letteratura.

L’uomo scelse questi posti per la loro fertilità, la felice posizione, ma questi fattori da soli non sono sufficienti allo sviluppo ed al nascere di una civiltà. Se così non fosse, certi Paradisi Terrestri che sono alcune isole del Pacifico, non sarebbero ancor oggi arretrati di qualche migliaio di anni.

E’ l’ingegno umano a produrre una civiltà e l’ingegno umano ha bisogno di essere stimolato e poi organizzato e coordinato per manifestarsi ed operare: la cultura è il risultato di organizzazione, coordinazione ed è il risultato della fatica umana volta a vincere le difficoltà della natura.

La Valle del Nilo, prima che l’opera dell’uomo la interessasse, altro non era che una fascia fertile, sì, ma paludosa ed acquitrinosa stretta tra deserto e montagne: habitat ideale solo per la selvaggina, ma l’opera umana di bonifica e risanamento ne fecero un sito adatto per lo sviluppo della più straordinaria delle civiltà.

L’antico abitante del Nilo, che dovette affrontare acquitrini e paludi e rubare terra al deserto, per farlo dovette compiere uno sforzo grandioso, organizzato e coordinato, ma soprattutto, dovette stabilire un “ordine politico” e il Nilo, questo fiume maestoso, questo “dono degli Dei”, come ebbe a chiamarlo un pio Faraone, venne ad essere la sorgente di questa grande civiltà.

“L’Egitto è un dono del Nilo”
E’ una frase che Erodoto pose in bocca ad un sacerdote egizio e mai affermazione fu più rispondente alla realtà.

La conoscenza della letteratura più antica di questo popolo straordinario è piuttosto precaria poiché, se si astrae dalle iscrizioni su pietra, quelle su papiro, molto più deperibile della pietra, furono soggette a grande devastazione.
La deperibilità, però, non fu la sola ragione. Un’altra ve ne fu, assai più importante: la disinvoltura dell’antico egizio a “riciclare”.

Così come il materiale proveniente da monumenti più antichi servì spesso a certi sovrani per erigere nuove opere (proprio come accadde a Roma con il Colosseo) e coprirla di nuove iscrizioni, dopo averne cancellate le precedenti, così i papiri venivano cancellati delle precedenti iscrizioni per essere riadattati.
 

 
E’ opportuno ricordare a questo punto che in origine, tanto nella scrittura egizia quanto in quella semitica, venivano scritte solo le consonanti; le vocali comparvero solo più tardi, sotto l’influsso fenice e greco.

Poiché le vocali non esistevano, alcuni suoni potevano avere significati diversi:
Il segno del viso, ad esempio, che si pronunciava                   
                     HOR,

poteva avere diversi significati: tanti,  quante vocali avrebbero potuto contenere le consonanti che lo componevano.

Poiché la base consonantica era sempre:
             H  + R    oppure     R + h
inserendo, ad esempio, la vocale i

il segno  HIR significava tenda
e così per gli altri gruppi di consonanti.

Nota: molte parole erano formate da una sola consonante

Poiché, dunque, le vocali non erano rappresentate, il geroglifico delle parole, prese valore di segno fonetico, cioè, indicava un suono.
Esempio:
il geroglifico che indicava la bocca, il cui suono era  R divenne il segno del suono R, cioè la lettera R  o la sillaba  R

Il geroglifico che indicava il pane, il cui suono era T divenne il segno del suono T, cioè la lettera o la sillaba T.

Si sviluppò così un alfabeto di 24 segni consonantici.
 

Ma, pur avendo un alfabeto geroglifico, bisogna dire che gli egizi mai abbandonarono i segni ideografici i quali vennero a confondersi con i geroglifici.
Quando, però, il papiro soppiantò l’uso della pietra e degli ostraka (sottili lastre di pietra o ceramica) la scrittura geroglifica venne a semplificarsi e subì manipolazioni e si chiamò: scrittura ieratica (ancora riservata alla casta sacerdotale).
Solo più tardi, a partire dalla XXV Dinastia, assunse una fase corsiva e sintetica e venne detta: scrittura demotica, cioè del popolo.
Prima che si arrivasse a ciò, la scrittura era quasi diritto esclusivo della casta sacerdotale e del Faraone e il carattere era principalmente amministrativo, religioso e magico-rituale.