La condizione della donna

La condizione della donna

Rispetto alle donne appartenenti ad altre culture del suo tempo, la donna dell’Antico Egitto ha sempre goduto di grande considerazione all’interno della società. Basti citare la donna biblica, romana o medioevale; perfino i Greci si stupivano della sua libertà ed eguaglianza.
Nella vita pubblica quanto in quella privata, la troviamo impegnata in ruoli di prestigio e responsabilità.
In campo religioso ricopriva spesso cariche di “Divina Adoratrice” o “Grande Sacerdotessa” di Divinità importanti come Sekhmet, Iside, Hathor; in campo amministrativo la si poteva trovare perfino a capo di un Dicastero come quello degli “Unguenti e Profumi”.
Dal punto di vista giuridico, la donna egizia godeva di totale indipendenza: poteva disporre di beni economici, conservare quelli ottenuti da un divorzio, fare testamento, difendersi in tribunale, frequentare scuole, ecc…
Nel privato si occupava della conduzione della propria casa, dell’educazione dei figli, dell’amministrazione di beni in proprietà con il marito e di altro ancora. La sua vita era facile e piacevole, vissuta quasi nell’ozio, tessendo o filando, tra feste e banchetti.


Tutto ciò, naturalmente, se si trattava di donne benestanti. Le donne di più umile origine, invece, avevano vita assai meno facile. Tessevano e filavano anch’esse, ma oltre a ciò, si occupavano dei lavori domestici e di quelli dei campi e facevano mille altre cose… come tutte le donne del mondo, prima e dopo di loro.

Diverse, però, era l’esistenza all’interno di un Ipet, il gineceo reale.
Qui, le donne vivevano in una condizione di recluse, all’interno di una gabbia dorata, con il solo scopo di arrecar piacere al Sovrano e senza nessuno dei diritti riservati alle donne comuni; scelte in tutto il Regno, quella condizione, però, era un grande onore per se stesse e le loro famiglie.