Bisogna innanzitutto precisare che “barbaro” non vuol dire “uomo con la barba”, come disse un mio alunno, solo perché i “barbari” sui testi di storia sono raffigurati quasi sempre con la barba. “Barbaro” significa “Straniero” ed è con questo termine che furono chiamate le popolazioni d’oltr’Alpe conquistate durante le campagne militari, ma anche tutti quei popoli che calarono in Italia dal Nord dell’Europa, verso la fine dell’Impero Romano.
Erano per lo più popolazioni rozze, feroci ed ignoranti, dedite al saccheggio ed alla devastazione.
Non tutti, in verità! Popoli come Franchi o Longobardi, erano civili e politicamente bene organizzati.
Tutti quei popoli, però, avevano un comune denominatore: la donna e il ruolo che ella rivestiva nella società.
La Donna dei Galli e dei Germani
La condizione della donna presso queste popolazioni era di autentica parità con l’uomo, sebbene svolgesse compiti a lei più congeniali. La parità tra i sessi era una delle caratteristiche più importanti della società celtica.
Brave a filare, tessere e cucire, la donna celtica era spesso indovina, sacerdotessa e guerriera.
Godeva di libertà assoluta su ogni piano e la sua piena libertà sessuale era espressione del grande potere che la “maternità” esercitava su quelle popolazioni.
Miti e Leggende esaltano l’uomo celtico, facendone un super-uomo impegnato in un costante sforzo inteso a dimostrare d’essere il migliore. In realtà, quei leggendari guerrieri e super-eroi, era dalle donne che andavano ad apprendere l’arte della guerra.
La donna celtica aveva spiccate attitudini alla guerra e i futuri guerrieri la sceglievano come “Maestro”, come dice il mitico eroe Cuchulainn.
Quel lato feroce e cruento, però, in creature deputate a creare la vita, finì per alimentare un alone di inquietudine ed ambiguità sulle figure di quelle donne-guerriere.
Molti i loro nomi.
La celeberrima Budica, che condusse alla rivolta il popolo Bretone, non fu l’unica Regina-guerriera. Celebrate sono le eroiche vicende di Eponima e Camma, eroine dei Galli. Le donne dei Cimbri, poi, seguivano i mariti in guerra e li incitavano alla battaglia attraversando di corsa gli accampamenti, agitando armi e suonando rumorosi strumenti.
Infine, come disse Tacito a proposito delle donne dell’isola di Mona, in Britannia, che combatterono al fianco dei propri uomini:
“… nude e tinte di nero, quelle donne incutevano grande rispetto nel popolo…”
“La virtù dei Galli rifulge tutta nelle loro donne.” diceva Cesare e il generale Ammiano Marcellino rincarava così:
“Nessuna banda di stranieri potrebbe resistere ad un solo celtico in una rissa, tanto più se chiamerà anche sua moglie, ancora più forte di lui.”
la Donna degli Unni
Unni, Vandali… sono nomi che evocano orde selvagge nell’atto di devastare, depredare, distruggere ogni cosa lungo il proprio cammino.
Qual era la condizione della donna all’interno di popolazioni così violente e sempre dedite alla guerra?
Il “barbaro” nutriva per la sua donna un rispetto profondo e una altrettanto profonda venerazione: era saggia, conosceva rimedi naturali per ogni malanno ed aveva con la natura un rapporto particolare ed unico.
La donna, dal canto suo, restituiva tanto rispetto con una fedeltà incondizionata che giungeva a limiti estremi, come chiudersi attorno al collo una collana con inciso il nome del proprio uomo: un collare che, una volta chiuso, non poteva più essere tolto.
Donna semplice e casta, divideva con il proprio uomo, sempre in guerra per la conquista di un territorio, una vita di pericoli e disagi.
La sua casa era un carro sempre in movimento e solo di rado, nelle brevi soste di quegli interminabili percorsi, trovava riparo sotto una tenda. Tesseva, cuciva e ricamava ed utilizzava tutto quanto la natura era in grado di offrire. Si occupava dei figli e della famiglia, ma anche delle necessità della tribù, dentro la quale godeva di una parità con gli uomini, sconosciuta alla società “civile”.
La Donna dei Franchi e dei Longobardi
E’ giunta l’epoca dei Castelli.
Franchi, Goti, Longobardi, scesi in Italia con i loro eserciti, hanno occupato territori, ma hanno finito per adottare usi e costumi del Paese conquistato senza, però, rigettare le proprie usanze.
La donna è diventata la “castellana”. E’ riverita e rispettata da tutti. Compreso il marito.
Costui è continuamente impegnato in guerre e battaglie e perciò, sempre lontano dal castello e dal proprio feudo; quando non è lontano, spende il proprio tempo in tornei e battute di caccia.
Madre e sposa di guerrieri sempre lontani da casa, questa donna diventa sempre più potente, la sua posizione sempre più consolidata.
La troviamo impegnata a condurre e dirigere la vita nel castello, dove è diventata la signora incontrastata, soprattutto in assenza del marito.
Troviamo, dunque, la donna del primo millennio, in una posizione di privilegio, ma non è propriamente così: privilegi, sì, ma solamente se si appartiene alla nobiltà. Ben altra sorte, infatti, è quella della popolana che, oltre ai disagi della povertà, deve subire spesso anche l’onta dello stupro da parte del vincitore.
Questa, però, è una storia vecchia… vecchia quanto il potere del maschio!